Il giorno dopo mi sento come una sopravvissuta.
Allo scoccare della mezzanotte, mentre il display segna 00.00, non posso non pensare: "Anche questa volta ho superato il ventisette agosto. Perché Pavese non ci è riuscito? Cosa ho fatto per meritare una fortuna maggiore della sua?".
Poi però, quando arrivano i primi raggi di luce, mi sovviene un dubbio: ma sarà stata fortuna?
mercoledì 28 agosto 2024
martedì 27 agosto 2024
lunedì 19 agosto 2024
La Felicità è una Storia Semplice - Lorenza Gentile
Ognuno viaggia con la propria storia, stretta dentro di sé.
Pensa di essere unico. È giusto. La vita è nostra, siamo noi i protagonisti.
Ma poi ci sono tante altre vite che si intrecciano, tanti protagonisti di altre storie...
L'unico modo per incontrarsi è lasciare che l'altro entri dentro la nostra vita, che la modifichi.
Capisci?
Solo adesso che la mia storia è quasi finita, Vito, mi rendo conto che sono stata l'unica protagonista.
(Nonna Elvira)
Siamo tutti chiusi nei nostri gusci, barricati dietro lo schermo dei nostri telefoni. Incrociamo gli altri, sfiorandoli, a volte senza accorgerci della loro presenza.
Spesso sono assalita dalla paura di non aver vissuto. Di svegliarmi consapevole che l'ultimo giorno è solo uno dei tanti giorni che ho sprecato.
Non riesco a immaginarmi anziana. Non riesco a immaginarmi serena. E nemmeno felice.
Riesco ad andare avanti un giorno alla volta. Sperando sempre di poter aggiustare qualcosa.
Ma come insegna il protagonista di questo breve romanzo, Baiocchi, il passato non è contrattabile. Non si cambia. E soprattutto non si ricorda di noi.
La vita è imperfetta, questo dobbiamo imparare ad accettarlo, ad abbracciarlo. La felicità forse è un concetto che non esiste.
Un romanzo che mi è piaciuto a metà.
L'inizio mi aveva coinvolto: Baiocchi ha 46 anni, vive a Londra da solo, non ha amici, non ha famiglia, ha perso il lavoro. L'unico suo affetto è Calliope, una iguana. È per lui il momento di far calare il sipario. Sta per salutare questo mondo, quando una telefonata di Nonna Elvira lo blocca. La tenace ottuagenaria, residente a Milano, vuole tornare nella sua Gibellina e passare gli ultimi anni lì. Baiocchi, suo malgrado, deve accantonare l'idea del suicidio e accontentare la Nonna.
Andando avanti con la lettura, scopriremo dei risvolti nella storia che trasformano la vita di tutti i protagonisti.
Fin qui tutto bene. Ma poi, la seconda parte del romanzo, prende una piega che non mi è piaciuta. Troppo banale. Troppo scontata. Ma soprattutto troppo irreale.
Capisco che in una storia di fantasia non si debba cercare verosimiglianza, ma per un momento ci avevo sperato.
Il lieto fine mi piace, lo sai. Ma sembra che non si riesca a immaginare un "lieto" diverso. Sembra debba essere sempre lo stesso per tutti. Altrimenti non va bene. Sei sbagliato tu.
E allora eccomi: sono sbagliata, inadeguata e con un "lieto fine" che non coincide con quello del mondo. E per questo motivo che nel mondo sarò sempre a disagio.
Probabilmente è solo un gusto personale.
La giovane autrice, Lorenza Gentile, è molto brava e talentuosa.
Ha scelto come sfondo per il suo romanzo, una storia italiana triste e desolata. Fatta di miseria e di gente lasciata da sola da uno Stato assente e noncurante.
Gibellina è il nome di un paese siciliano, forse muove qualche ricordo nella memoria sopita degli italiani. O forse no.
Provo a risistemare le cose:
Gibellina sorgeva nella valle del Belice, nella Sicilia occidentale tra le aree di Trapani, Agrigento e Palermo.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968 un violento terremoto di magnitudo 6.5, scosse la valle lasciando dietro di sé morte e distruzione.
Quello che pochi sanno è che quello del 1968 rappresenta il cataclisma naturale tra i più devastanti tra i casi italiani nella storia del dopoguerra.
Purtroppo è stata evidente l'impreparazione logistica in questa situazione così grave; lo Stato sottovaluta la tragedia, i soccorsi sono impreparati e in ritardo. Tutto è allo sbando.
MACERIE MACERIE MACERIE
La ricostruzione è stata solo esteriore. Soldi spesi e spesi male, non hanno evitato a chi è rimasto, di vivere per anni in baracche di fortuna e l'emigrazione in altre zone, per chi aveva perso tutto, anche la speranza.
Purtroppo il Belice fu la nave scuola per gli eventi futuri; al 1976 l'Italia arriva che aveva imparato già molto.
Oggi gli studi e gli strumenti a disposizione sono decisamente diversi.
Sappiamo cosa significa classificare un'area secondo paramenti di pericolosità sismica.
Sappiamo intervenire per prevenire in termini di costruzioni antisismiche.
Ma soprattutto possiamo contare sul lavoro delle donne e degli uomini della Protezione Civile.
È il 24 febbraio del 1992.
Con la legge n. 225 nasce ufficialmente il Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Il suo ruolo: "tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e altri eventi calamitosi".
Gli italiani non sono più soli in caso di calamità.
Ma in termini di prevenzione siamo ancora messi molto male.
La fragilità del nostro territorio è ripetuta come un mantra vuoto e senza senso.
Strumentalizzata dalla politica per insultare l'avversario. Ma mai per attuare progetti validi.
Se poi ci aggiungiamo le difficoltà portate dalla crisi climatica vedo per l'Italia un futuro nero, in tutti i sensi.
Di questo libro, che mi ha risvegliato considerazioni in ambito scientifico e tecnologico, conserverò sempre l'immagine di Nonna Elvira.
Sia perché le Nonne sono creature angeliche che troveranno sempre posto nel mio cuore, sia perché il viaggio che ha voluto fare prima di tornare a casa mi ha entusiasmato e divertito.
La vita è una serie di scelte.
E forse devo ancora imparare a fare quella più importante: scegliere la vita.
domenica 18 agosto 2024
la cura dello sguardo - franco arminio
Sto qui e non mi sento mai a casa, mai al sicuro.
Un libro segue un altro, la paura rimane la stessa.
C'è la crepa e ci sono slanci sinceri. È come se per anni e anni fossi riuscito solo a mettere ogni tanto il muso fuori dal tremore in cui sono recluso.
arminio17@gmail.com
Alla fine del libro, dopo i ringraziamenti, c'è l'indirizzo email di Franco Arminio. Il poeta delle piccole cose, il poeta dei paesi belli e profumati; il poeta che racconta i sentimenti di chi ha incontrato, di una strada, di chi non c'è più. Franco Arminio il poeta che si firma con lettere minuscole e il cui nome scriverei soltanto con tutte le lettere maiuscole.
A volte ho avuto la tentazione di inviargli una e-mail. Ma non ho mai nemmeno iniziato. Penso che quello che potrei raccontare sarebbe solo fastidioso e stupido. Sai quanti complimenti ben scritti avrà già avuto? Quante storie avrà raccolto? La mia sarebbe solo spazzatura, spam inutile. E poi come iniziare?
"Caro Franco" - troppo confidenziale.
"Caro sig. Arminio" - troppo formale!
Un vero disastro. Lasciamo perdere. Voltiamo pagina, parliamo di poesia. Questa raccolta è come tutte le altre, bellissima. Forse è quella che sento più vicina. Pubblicata la prima volta nel 2020, quindi nel cuore della pandemia Covid-19 cerca di offrire un sostegno a questo dilagante autismo sentimentale nel quale ci stiamo rifugiando tutti. Stiamo sparendo come i piccoli paesi di montagna. Ci stiamo nascondendo dietro tanti schermi, che come tante pericolose maschere, hanno preso il posto dei nostri connotati, delle nostre espressioni.
Distanziamento - assembramento - mascherina - amuchina - autocertificazione: erano le parole che mettevamo in borsa, prima di uscire, insieme con le chiavi e i documenti.
Quanto male ci ha fatto quel maledetto Virus.
La portata di quel male non ci è ancora chiara; non riusciamo a comprenderne i confini.
Abbiamo pensato fosse finito tutto con la scomparsa delle mascherine.
Ma non è così. Abbiamo visto tornare le labbra sorridere, ma non gli occhi.
E le cicatrici dell'anima non le contempla nessuno, perché non danno fastidio.
Il nero dell'Italia di oggi non è il fascismo, ma la depressione. (- direi che non è "solo" il fascismo -). Ci sono milioni di italiani in pigiama. C'è gente che finisce la sua giornata prima di cominciarla. Esistono i lavori usuranti, ma esistono anche i riposi usuranti. [...]
La Rete ha creato un mondo di solitari che aspettano ogni giorno una parola che non arriva e se arriva non è mai bastevole.
Di questa società mi infastidiscono le parole usate in modo ripetitivo. Quelle di tendenza, quelle di moda. Non mi piacciono mai.
Parlano di performance, ma non vedo le competizioni.
Parlano di narrazione, ma non capisco da dove venga la voce narrante.
Parlano di resilienza, ma non vedo il materiale.
Al più potrei offrire tentativi, impegno, tenacia; non sapendo parlare non potrei raccontare, ma potrei leggere delle storie, se belle; e al massimo mi potrei definire resistente.
Resisto a tante pressioni, a tante sollecitazioni.
Ma oltre un certo limite vado in pezzi. Tanti pezzi. Non troppi per mia fortuna. E così, col tempo, mi rimetto in piedi.
Le cicatrici lasciate dai punti di sutura sono evidenti. E mi va bene così. Perché le cicatrici mi aiutano a ricordare, a riflettere, a non dimenticare.
Non sempre riconosco quello che mi accade intorno. E sono sempre sul punto di rifare gli stessi errori. Ma la cicatrice mi aiuta a modificare i miei comportamenti.
Col tempo sono diventata più brava. Riconosco l'arrivo di un temporale dai primi segnali e so come correre ai ripari.
Spesso prevedo arcobaleni.
Sono una vera e propria cacciatrice di rapidi archi di luce colorata.
Ma come dice Arminio, faccio ancora parte del popolo degli inagibili.
Sono come: una casa colpita dal terremoto. Non è caduta, ma è pericoloso starci dentro.
Devo lavorare ancora molto su questo. Per il momento mi curo. Con la lettura, con la poesia. Magari per il corpo consultiamo un medico, ma per l'anima apriamo un libro.
domenica 11 agosto 2024
Del Resto e di me stesso - José Saramago
Oggi, nonostante il cielo sereno e il caldo, non sono di buonumore.
Ci sono giorni così. E non c'è alcun obbligo di mostrare un sorriso di benvenuto
quando si sa che nessuno sta per arrivare.
Questa sera ci sarà la cerimonia di chiusura della 33sima edizione parigina delle nuove Olimpiadi.
Mai come durante questa estate, mi hanno fatto compagnia. Quanti sport, quanti sogni ho visto scorrere sullo schermo del mio piccolo televisore!
L'Italia femminile del Volley ha conquistato la medaglia d'oro e la sua splendida squadra è entrata nella leggenda olimpica. Alcune cose mi hanno fatto provare vergogna. Altre rabbia. Ma in generale, i giochi Olimpici fanno vivere emozioni e commozioni. E questo a prescindere dalla bandiera disegnata sul braccio delle atlete/degli atleti.
Ed è per questo motivo che oggi, caro Blog, ti racconto questo testo di Saramago.
José non ha bisogno di presentazioni, è un nostro caro amico e ne abbiamo parlato spesso. Recentemente, qualcuno ha detto di lui che "non ama la punteggiatura" (- bocca mia taci! -) ma fortunatamente la maggior parte delle persone sa chi era il premio Nobel portoghese.
E se qualcuno per sbaglio, navigando si arena su questa pagina, ne sono certa, non avrà bisogno di me, per conoscerlo.
Ma è più forte di me, mi piace ricordarlo. Quel grande maestro dell'ironia e della letteratura, quel dissacratore di stili e metodi, è per me fonte inesauribile di sogni e ispirazione. Per conoscerlo, bisogna leggerlo. Non servono tanti commenti: leggi i suoi libri. Questa è l'unica affermazione sensata che si possa fare! Perché? Non serve "un perché". Ognuno ha il suo o nessuno. Saramago si legge così come si ama, si respira. Il suo mondo era povero e difficile, ma l'ha trasformato e ingrandito. Ed io mi sento parte del mondo da lui sognato, narrato e generato.
Mettere una parola dietro l'altra, qui sulla superficie della terra, è un atto molto importante.
In Del resto e di me stesso possiamo trovare allo stato embrionale quello che sarà il modo di raccontare e romanzare l'uomo e le varie sfaccettature del suo essere, tipico di Saramago.
In questa nuova edizione sono quindi raccolti sia i dialoghi interiori, il favoleggiare, il parlare e pensare che avevamo incontrato in "Di questo mondo e degli altri", sia la parte finale dei ricordi dello scrittore in "Il bagaglio del viaggiatore".
Qui "c'è già tutto" quello che è e sarà Saramago.
A proposito di Olimpiadi: presento una proposta per i prossimi Giochi olimpici: che nessun paese sia autorizzato a partecipare se sta alimentando, direttamente o anche indirettamente, una guerra in qualunque parte del mondo.
Queste parole sono state scritte tra il 1968-1969: rabbia, tristezza e disgusto mi suscita la consapevolezza della loro attualità.
Gli spunti di riflessione sono infiniti in questi brevi testi. Brevi solo nella forma, perché dentro lasciano un solco profondo che non può sparire col tempo.
Il Portogallo per alcuni aspetti, è una terra molto simile alla mia.
Entrambe conoscono la fame e la sete. La densità e l'abbandono.
Quando parla di quei cancelli negli spazi ampi, nelle campagne silenziose e abbandonate, mi sembra che apra un cancello sul vuoto del mio cuore.
Ti è capitato mai di vederli?
Ti racconto la scena: campi sconfinati immersi nell'erba alta e verde, in giro non c'è nessuno, forse puoi distinguere in lontananza la sagoma di uno o due alberi, e all'imboccatura della strada, quasi nascosta da sterpaglie e sedimento, ci sono due guardiani immobili e silenziosi.
Sono due pilastri gemelli, in pietra, ricordo lontano di un cancello che non c'è più o forse non c'è mai stato.
A cosa fanno la guardia quei due pilastri?
Il Vento ti racconta una storia e anche tu ora fai parte di una invisibile processione di invitati ad una festa di cui non puoi ricordare le origini.
Penso a tutto ciò, e un grande senso di umiltà mi sale dentro. E, non so bene perché, una responsabilità che mi schiaccia.
Se il lettore non ci crede, faccia l'esperienza. Ha lì due pilastri sgretolati, con i cardini corrosi dalla ruggine, coperti di licheni. Ora vi passi in mezzo. Non ha sentiti che le sue spalle hanno sfiorato altre spalle? Non si è accorto che delle dita invisibili hanno stretto le sue? Non ha visto quel lungo mare di volti che riempie la terra di umanità? E il silenzio? E il silenzio sul quale i cancelli si aprono?
Un libro composto, bello, intelligente. Leggi Saramago, fatti un favore.
martedì 6 agosto 2024
Momento buio
Caro Blog,
questa è stata un'Estate particolare.
Mi sono analizzata in profondità e con onestà, come non avevo mai fatto prima.
Risultato: ho un brutto carattere.
Mi sono spenta per non lasciarlo trasparire, ma il risultato finale non cambia.
Le persone non sono stupide, lo percepiscono che c'è qualcosa che non va.
Come se non bastasse, sento tutto il peso degli anni sulle spalle e ho paura.
Tanta paura.
Cosa ne sarà di me?
Avevo trovato una risposta abbracciando l'idea della morte.
Ma la verità è che a me vivere piace!
L'ho scoperto da poco.
Mi piace ascoltare la musica, ballare, bere una birra facendo due chiacchiere con chiunque abbia voglia di condividere con me il suo tempo.
Mi piace passeggiare per i borghi, le campagne. Mi piace osservare il mare e respirare il suo profumo.
Mi piace leggere. Scrivere emozioni. Mi piace insegnare.
Ma non ho mai una possibilità di dimostrarlo.
Sono sempre nel campo delle idee.
Forse non so vivere, ma ora non voglio morire.
Sono stata indipendente, autonoma per tanto tempo. Ma adesso mi annoio.
Sento che mi mancano tante cose. Vorrei sentirmi utile.
Invece mi sento alla deriva.
Lo sento chiaramente: la malinconia si è trasformata in solitudine.
E fa male.
Ci sarà pure da qualche parte, un paese per i mostri?