domenica 11 agosto 2024

Del Resto e di me stesso - José Saramago

 Oggi, nonostante il cielo sereno e il caldo, non sono di buonumore.
Ci sono giorni così. E non c'è alcun obbligo di mostrare un sorriso di benvenuto 
quando si sa che nessuno sta per arrivare.

Sembrano parole che avrei potuto scrivere io stessa, ma non sono così brava. Il sentimento, quello è lo stesso. E come sempre accade Saramago mi accarezza con i suoi racconti, le sue storie e mi consola un po'. Quasi avverto una invisibile pacca sulla spalla!

Questa sera ci sarà la cerimonia di chiusura della 33sima edizione parigina delle nuove Olimpiadi.
Mai come durante questa estate, mi hanno fatto compagnia. Quanti sport, quanti sogni ho visto scorrere sullo schermo del mio piccolo televisore!
L'Italia femminile del Volley ha conquistato la medaglia d'oro e la sua splendida squadra è entrata nella leggenda olimpica. Alcune cose mi hanno fatto provare vergogna. Altre rabbia. Ma in generale, i giochi Olimpici fanno vivere emozioni e commozioni. E questo a prescindere dalla bandiera disegnata sul braccio delle atlete/degli atleti.
Ed è per questo motivo che oggi, caro Blog, ti racconto questo testo di Saramago.
José non ha bisogno di presentazioni, è un nostro caro amico e ne abbiamo parlato spesso. Recentemente, qualcuno ha detto di lui che "non ama la punteggiatura" (- bocca mia taci! -) ma fortunatamente la maggior parte delle persone sa chi era il premio Nobel portoghese.
E se qualcuno per sbaglio, navigando si arena su questa pagina, ne sono certa, non avrà bisogno di me, per conoscerlo.
Ma è più forte di me, mi piace ricordarlo. Quel grande maestro dell'ironia e della letteratura, quel dissacratore di stili e metodi, è per me fonte inesauribile di sogni e ispirazione. Per conoscerlo, bisogna leggerlo. Non servono tanti commenti: leggi i suoi libri. Questa è l'unica affermazione sensata che si possa fare! Perché? Non serve "un perché". Ognuno ha il suo o nessuno. Saramago si legge così come si ama, si respira. Il suo mondo era povero e difficile, ma l'ha trasformato e ingrandito. Ed io mi sento parte del mondo da lui sognato, narrato e generato.

Mettere una parola dietro l'altra, qui sulla superficie della terra, è un atto molto importante.

In Del resto e di me stesso possiamo trovare allo stato embrionale quello che sarà il modo di raccontare e romanzare l'uomo e le varie sfaccettature del suo essere, tipico di Saramago.
In questa nuova edizione sono quindi raccolti sia i dialoghi interiori, il favoleggiare, il parlare e pensare che avevamo incontrato in "Di questo mondo e degli altri", sia la parte finale dei ricordi dello scrittore in "Il bagaglio del viaggiatore".
Qui "c'è già tutto" quello che è e sarà Saramago.

A proposito di Olimpiadi: presento una proposta per i prossimi Giochi olimpici: che nessun paese sia autorizzato a partecipare se sta alimentando, direttamente o anche indirettamente, una guerra in qualunque parte del mondo.

Queste parole sono state scritte tra il 1968-1969: rabbia, tristezza e disgusto mi suscita la consapevolezza della loro attualità.
Gli spunti di riflessione sono infiniti in questi brevi testi. Brevi solo nella forma, perché dentro lasciano un solco profondo che non può sparire col tempo.

Il Portogallo per alcuni aspetti, è una terra molto simile alla mia.
Entrambe conoscono la fame e la sete. La densità e l'abbandono.
Quando parla di quei cancelli negli spazi ampi, nelle campagne silenziose e abbandonate, mi sembra che apra un cancello sul vuoto del mio cuore.
Ti è capitato mai di vederli?
Ti racconto la scena: campi sconfinati immersi nell'erba alta e verde, in giro non c'è nessuno, forse puoi distinguere in lontananza la sagoma di uno o due alberi,  e all'imboccatura della strada, quasi nascosta da sterpaglie e sedimento, ci sono due guardiani immobili e silenziosi.
Sono due pilastri gemelli, in pietra, ricordo lontano di un cancello che non c'è più o forse non c'è mai stato.
A cosa fanno la guardia quei due pilastri?
Il Vento ti racconta una storia e anche tu ora fai parte di una invisibile processione di invitati ad una festa di cui non puoi ricordare le origini.

Penso a tutto ciò, e un grande senso di umiltà mi sale dentro. E, non so bene perché, una responsabilità che mi schiaccia.
Se il lettore non ci crede, faccia l'esperienza. Ha lì due pilastri sgretolati, con i cardini corrosi dalla ruggine, coperti di licheni. Ora vi passi in mezzo. Non ha sentiti che le sue spalle hanno sfiorato altre spalle? Non si è accorto che delle dita invisibili hanno stretto le sue? Non ha visto quel lungo mare di volti che riempie la terra di umanità? E il silenzio? E il silenzio sul quale i cancelli si aprono?

Un libro composto, bello, intelligente. Leggi Saramago, fatti un favore.

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