lunedì 19 agosto 2024

La Felicità è una Storia Semplice - Lorenza Gentile

 Ognuno viaggia con la propria storia, stretta dentro di sé.
Pensa di essere unico. È giusto. La vita è nostra, siamo noi i protagonisti.
Ma poi ci sono tante altre vite che si intrecciano, tanti protagonisti di altre storie...
L'unico modo per incontrarsi è lasciare che l'altro entri dentro la nostra vita, che la modifichi.
Capisci?
Solo adesso che la mia storia è quasi finita, Vito, mi rendo conto che sono stata l'unica protagonista.
(Nonna Elvira)

Non so dirti se Nonna Elvira avesse ragione, mentre diceva che la felicità è una storia semplice. Ma sicuramente aveva ragione quando parlava della vita e degli incontri con gli altri attori di questo estenuante dramma.
Siamo tutti chiusi nei nostri gusci, barricati dietro lo schermo dei nostri telefoni. Incrociamo gli altri, sfiorandoli, a volte senza accorgerci della loro presenza. 
Spesso sono assalita dalla paura di non aver vissuto. Di svegliarmi consapevole che l'ultimo giorno è solo uno dei tanti giorni che ho sprecato.
Non riesco a immaginarmi anziana. Non riesco a immaginarmi serena. E nemmeno felice.
Riesco ad andare avanti un giorno alla volta. Sperando sempre di poter aggiustare qualcosa. 
Ma come insegna il protagonista di questo breve romanzo, Baiocchi, il passato non è contrattabile. Non si cambia. E soprattutto non si ricorda di noi.
La vita è imperfetta, questo dobbiamo imparare ad accettarlo, ad abbracciarlo. La felicità forse è un concetto che non esiste. 

Un romanzo che mi è piaciuto a metà.
L'inizio mi aveva coinvolto: Baiocchi ha 46 anni, vive a Londra da solo, non ha amici, non ha famiglia, ha perso il lavoro. L'unico suo affetto è Calliope, una iguana. È per lui il momento di far calare il sipario. Sta per salutare questo mondo, quando una telefonata di Nonna Elvira lo blocca. La tenace ottuagenaria, residente a Milano, vuole tornare nella sua Gibellina e passare gli ultimi anni lì. Baiocchi, suo malgrado, deve accantonare l'idea del suicidio e accontentare la Nonna.
Andando avanti con la lettura, scopriremo dei risvolti nella storia che trasformano la vita di tutti i protagonisti.

Fin qui tutto bene. Ma poi, la seconda parte del romanzo, prende una piega che  non mi è piaciuta. Troppo banale. Troppo scontata. Ma soprattutto troppo irreale.
Capisco che in una storia di fantasia non si debba cercare verosimiglianza, ma per un momento ci avevo sperato.
Il lieto fine mi piace, lo sai. Ma sembra che non si riesca a immaginare un "lieto" diverso. Sembra debba essere sempre lo stesso per tutti. Altrimenti non va bene. Sei sbagliato tu.
E allora eccomi: sono sbagliata, inadeguata e con un "lieto fine" che non coincide con quello del mondo. E per questo motivo che nel mondo sarò sempre a disagio.

Probabilmente è solo un gusto personale.
La giovane autrice, Lorenza Gentile, è molto brava e talentuosa.
Ha scelto come sfondo per il suo romanzo, una storia italiana triste e desolata. Fatta di miseria e di gente lasciata da sola da uno Stato assente e noncurante.
Gibellina è il nome di un paese siciliano, forse muove qualche ricordo nella memoria sopita degli italiani. O forse no.

Provo a risistemare le cose:

Gibellina sorgeva nella valle del Belice, nella Sicilia occidentale tra le aree di Trapani, Agrigento e Palermo.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968 un violento terremoto di magnitudo 6.5, scosse la valle lasciando dietro di sé morte e distruzione.
Quello che pochi sanno è che quello del 1968 rappresenta il cataclisma naturale tra i più devastanti tra i casi italiani nella storia del dopoguerra.
Purtroppo è stata evidente l'impreparazione logistica in questa situazione così grave; lo Stato sottovaluta la tragedia, i soccorsi sono impreparati e in ritardo. Tutto è allo sbando.
MACERIE MACERIE MACERIE
La ricostruzione è stata solo esteriore. Soldi spesi e spesi male, non hanno evitato a chi è rimasto, di vivere per anni in baracche di fortuna e l'emigrazione in altre zone, per chi aveva perso tutto, anche la speranza.
Purtroppo il Belice fu la nave scuola per gli eventi futuri; al 1976 l'Italia arriva che aveva imparato già molto.

Oggi gli studi e gli strumenti a disposizione sono decisamente diversi.
Sappiamo cosa significa classificare un'area secondo paramenti di pericolosità sismica.
Sappiamo intervenire per prevenire in termini di costruzioni antisismiche.
Ma soprattutto possiamo contare sul lavoro delle donne e degli uomini della Protezione Civile.
È il 24 febbraio del 1992.
Con la legge n. 225 nasce ufficialmente il Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Il suo ruolo: "tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e altri eventi calamitosi".

Gli italiani non sono più soli in caso di calamità.
Ma in termini di prevenzione siamo ancora messi molto male.
La fragilità del nostro territorio è ripetuta come un mantra vuoto e senza senso.
Strumentalizzata dalla politica per insultare l'avversario. Ma mai per attuare progetti validi.
Se poi ci aggiungiamo le difficoltà portate dalla crisi climatica vedo per l'Italia un futuro nero, in tutti i sensi.

Di questo libro, che mi ha risvegliato considerazioni in ambito scientifico e tecnologico, conserverò sempre l'immagine di Nonna Elvira.
Sia perché le Nonne sono creature angeliche che troveranno sempre posto nel mio cuore, sia perché il viaggio che ha voluto fare prima di tornare a casa mi ha entusiasmato e divertito.
La vita è una serie di scelte.
E forse devo ancora imparare a fare quella più importante: scegliere la vita.

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