domenica 3 marzo 2024

Breve Storia dell'Infinito - Paolo Zellini

 Che cosa è esatto nella matematica
-si era chiesto Goethe-
se non l'esattezza?

Caro Blog,
oggi mi sembra di essere tornata indietro di quattro anni. Stesse emozioni, stessi pensieri e stesse terribili parole: l'intera squadra è tornata dal passato per torturarmi.
Per non vanificare i progressi fatti, ho scelto di parlare un po' con te, attraverso questo complicatissimo (per me) saggio del prof. Palo* Zellini.
Pensa che ingenua: rapita dalle parole di due scrittori che amo tantissimo, Calvino e Borges, avevo acquistato il libro con entusiasmo e leggerezza.

Nella quarta di copertina è riportata una citazione di Italo Calvino, che scriveva: "Tra i libri italiani degli ultimi anni quello che ho più letto, riletto e meditato è la Breve storia dell'infinito di Paolo Zellini, che si apre con la famosa invettiva di Borges contro l'infinito: "concetto che corrompe e altera tutti gli altri", e prosegue passando in rassegna tutte le argomentazioni sul tema, col risultato di dissolvere e rovesciare l'estensione dell'infinito nella densità dell'infinitesimo".

Forse dovrei provare anch'io a rileggere e meditare. La prima lettura mi vede pesantemente sconfitta. Anche se mi sono chiesta come sarebbe la vita di tanti studenti di matematica con un professore come Paolo Zellini. Penso che la loro vita sarebbe molto diversa.
Non voglio scoraggiarti; sai quanto mi piaccia leggere di diversi argomenti.
E non mi sono pentita dell'acquisto. Ma forse ho volato un po' troppo vicino al sole, con le mie piccole ali di cera. E se non fosse stato per il paracadute della buona volontà mi sarei schiantata sull'asfalto dell'abbandono.
Diciamo che se sei un addetto ai lavori, puoi cavartela brillantemente.
Personalmente ho dovuto attingere agli studi di filosofia, decisamente sbiaditi, del Liceo e a quelli di Analisi dell'Università, se possibile ancora più sbiaditi.
Non devi pensare che sia un trattato di filosofia o analisi; è più un viaggio molto dotto che si prefissa di mostrare l'evoluzione storica del concetto di infinito, attraverso numerose tappe che partono dai pitagorici, fino a Cantor e alle suggestioni attuali dell'infinito aperto.

Fortunatamente il Professore ci tiene la mano e cammina con noi lentamente e usando un linguaggio chiaro e semplice. Fatto di frasi non troppo lunghe ma precise.
Il problema forse è insito nella lingua: come parlare di "infinito" usando termini "finiti"?
Forse siamo portati a intendere "infinito" qualcosa che è "indefinito".
E quando nella trattazione subentra la filosofia e l'idea di Divino, tutto si complica.
Una cosa è certa: il mondo della matematica è un modo a sé. Come se fosse un qualcosa che risponde a un linguaggio e a regole tutte sue. 
Dovremmo rifiutare la necessità di far coincidere un'impalcatura logicista con la matematica.
Artefice di questa visione fu il matematico Brouwer, una specie di liberatore della matematica: "Fare astrazione dal mondo degli oggetti è possibile solo a patto di sperimentare la vita come un sogno."
Non si può rappresentare con il linguaggio ciò che la matematica inventa!

Quando pensiamo, parliamo un linguaggio diverso da quello usato per comunicare con altre persone ad alta voce. 
Scriveva Nicolò Cusano: Una qualsiasi asserzione ha un valore relativo ed è suscettibile di venire confutata.
Se si esclude l'ambito scientifico e matematico, a nessuno verrebbe in mente di immaginare come verità assoluta una formula linguistica. 
La scoperta delle "antinomie" minò la validità delle asserzioni matematiche. 
Come è possibile presumere che certe affermazioni siano ritenute universali e accettabili da tutti?
Il fatto matematico è indipendente dal rivestimento logico che vogliamo attribuirgli.
La verità che essa contiene è accettata dal nostro spirito, prima delle convenzioni imposte dal linguaggio matematico.

La matematica ci permette di pensare, di sognare, di immaginare, oltre l'imposizione e la limitatezza dei sistemi linguistici.

Un libro interessante e forse, ripensando al Castello dei destini incrociati o alle Città Invisibili, capisco perché fosse piaciuto tanto a Calvino.
L'intelligibilità del mondo non è afferrabile attraverso la sola ragione, ci ricorda Borges.
Ecco che allora, dobbiamo percorrere altre strade, creare altri strumenti, elaborare altri linguaggi per farlo.
E la matematica ci suggerisce da dove iniziare l'avventura.


*Mi sono accorta dell'errore, ma non lo modifico. 
È la prova del mio disagio interiore e dei rimandi della mia mente.

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