Un'ombra si allungò sul pavimento della carrozza.
Un ufficiale della Gestapo di passaggio lanciò uno sguardo all'interno.
che mese frenetico è stato questo Marzo.
La Primavera è arrivata come un lampo. E le giornate sono sempre più lunghe, ma non possiamo ancora sentirci lontani dalle temperature invernali.
Non fraintendermi, il nostro è un clima mite; ma la pioggia sembra sempre sul punto di sorprenderci mentre siamo fuori casa. Oggi ad esempio, ho accompagnato i bimbi a scuola, sotto una pioggia incessante. E credo di essermela cavata discretamente bene. Non avevo l'autista come zia Mame, ma i pargoli sono stati portati a destinazione in totale sicurezza e abbastanza asciutti.
Le mie letture sono terribilmente ferme. Devo riorganizzare le mie giornate e cercare di tornare alle sane abitudini. Anche se quando si trascorre tutta la giornata al computer e tra letture (ahimè non scelte, ma direi obbligate dalle circostanze), continuare a leggere è arduo.
Per il momento devi accontentarti di questo libro che acquistai e lessi in occasione della Giornata internazionale della Memoria in quel lontano 27 gennaio 2024: La dattilografa di Hitler, della scrittrice inglese Tessa Harris.
Mi duole dirlo: anno di pubblicazione 2023 e per me non poteva che essere un grande NO!
I gusti sono gusti, sia chiaro, ma tutti i commenti entusiastici sulla quarta di copertina e le recensioni positive sparse qua e là sul web, io proprio non me le spiego.
Ho avuto difficoltà a finirlo.
E in alcuni momenti mi sono chiesta se non fossi precipitata in un "Harmony".
(Per la cronaca, con il nome Harmony intendo indicare quei libri dalla trama melensa, passionale e ripetitiva, in edizione economica, con disegno in copertina di giovane coppia avvinta in un laocoontico abbraccio, che negli anni 70-80 non potevano mancare nel kit da spiaggia di lettori romantici e dall'occhio languido, sparsi in tutto il mondo.)
Ma l'atmosfera storica e i personaggi odiosi della Germania della dittatura nazista sono resi in modo così eccellente che sembra di essere in un altro libro.
Immagino il grande lavoro di ricerca e di scrittura, processi complessi e non facili!
La lettera finale che la scrittrice dedica ai suoi lettori, è forse la parte che ho preferito di più.
La storia prende vita da un evento storico reale: il ritrovamento della perizia psichiatrica di Hitler.
Che non ci stesse tanto bene con la testa l'avevamo capito in tanti, ma vederlo scritto nero su bianco, attestato in modo scientifico è tutta un'altra questione.
Una questione calda, esplosiva e mortale per le persone coinvolte.
Questa è Storia, è un fatto reale che ha lasciato dietro di sé una scia di sangue lunga e crudele.
Il dott. Edmund Forster era il medico che aveva preso in cura un giovane soldato tedesco, di cui conosciamo solo le iniziali, AH, durante la Prima Guerra. Lo psichiatra lo aveva guarito da una cecità isterica mediante ipnosi.
Possiamo solo ipotizzare quali siano stati i suoi pensieri, riconoscendo nel dittatore assassino e sanguinario che tutti conosciamo, il giovane soldato che aveva aiutato anni prima.
Il dottore morì per suicidio (- certo, sìsìsì, come no -); e suicida morì anche lo scrittore Ernst Weiss al quale aveva affidato i suoi appunti medici, affinché fossero pubblicati. Morti anche gli altri medici che direttamente o indirettamente avevano avuto contatti con il paziente AH.
Che fine abbiano fatto quegli scritti, non è dato sapere.
Rimangono naturalmente speculazioni e ipotesi che forse un giorno, saranno sciolti.
Sicuramente il libro merita di essere letto per conoscere la storia di questo coraggioso medico, ma anche per entrare nella libreria Shakespeare and Company fondata dall'americana Sylvia Beach, o per passeggiare un po' sulla Rive Gauche della Parigi degli anni Trenta, o sbirciare tra le numerose bancarelle des Bouquinistes di libri antichi, lungo le rive della Senna attorno a Notre Dame.
Te la immagini Parigi in quel periodo?
Il Paese dei Balocchi per artisti, poeti e scrittori di tutte le nazioni!
Gli anni dell'Avant-garde.
Le donne indossano i pantaloni, i capelli diventano più lunghi e con onde più naturali. Ad un tavolino da caffè puoi incontrare James Joyce, Ernest Hemingway o T.S. Elliott, discorrere di poesia e sorseggiare un caffè fumante.
A proposito di James Joyce dobbiamo ricordare che il suo Ulisse, fu stampato proprio grazie a lady Sylvia. Il libro fu infatti censurato sia nel Regno Unito sia negli Stati uniti, ma nel 1922 fu stampato per la prima volta dalla Beach che ci mise soldi, impegno ed entusiasmo.
Inoltre faceva circolare titoli banditi nel Regno Unito e negli Stati Uniti, come L'amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence (che mi riprometto di leggere da anni!).
Curiosità: la libreria Shakespeare and Company su rue de l'Odeon, venne effettivamente chiusa nel dicembre 1941, in seguito all'occupazione della Francia da parte dei nazisti, durante la Seconda Guerra, e non venne più riaperta. Probabilmente la sua proprietaria fu deportata in quanto amica di numerosi intellettuali ebrei e perché, pare, si fosse rifiutata di vendere un libro a un soldato tedesco.
Oggi esiste una libreria con lo stesso nome, visitabile e fruibile anche per chi volesse solo darle uno sguardo; ha perfino una sala lettura e un caffè; un paradiso in terra per amanti dei libri e non; si direbbe un set cinematografico. Una vera rarità. Raccontano che ci siano anche gatti liberi di sonnecchiare qua e là.
Segnati questo indirizzo: 37 di rue de la Bûcherie, vicino a Place St.Michel, a pochi passi dalla Senna - non si sa mai -.
Infine ricorda il monito scritto su una parete della libreria parigina, e fallo tuo:
Non essere inospitale con gli sconosciuti,
potrebbero essere angeli in incognito.
Secondo alcuni è una citazione del poeta Yeats, ma non ne trovo riscontro. Più probabilmente era il motto di George Whitman, che aveva per così dire ereditato l'idea di accoglienza e libertà della libreria di Sylvia, tanto da chiamare la nuova libreria Shakespeare and Company, in suo onore e dare il nome di Sylvia alla sua unica figlia, odierna libraria. Tutto per far rivivere quel sogno bellissimo e unico di accoglienza e interscambio culturale e umano: "Il mio paese è il mondo, la mia religione è l’umanità".
Pensare che in passato siano esistite persone tanto altruiste e generose, lascia sperare che ve ne possano essere ancora altre e tante.
Oggi ci lasciamo con questa bella speranza, nata da un libro che per me, bello non è.
Ma se questi sono i suoi frutti, forse mi sono sbagliata.
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