Enea prega e onora poiché anche questo - soprattutto questo - fa parte del resistere.
La fede negli dèi è l'unico strumento che il Fato ha concesso agli uomini,
che sempre hanno bisogno di sperare per continuare a vivere.
ho iniziato il progetto Finnegans Wake. Anticipazione: non ci capisco niente! Devo essere davvero ignorante. Così ignorante, che potrei per la seconda volta in vita mia abbandonare una lettura per mancanza di volontà. E dire che ne ho lette di cose al riguardo, prima di imbarcarmi in questa nuova avventura! E quindi la "trama" se così vogliamo dire per semplificare, mi è chiara. Ma non la trovo nel testo! Non trovo piani possibili di lettura e di interpretazione; nemmeno il più semplice.
Più che una Ulisse, dovrei immaginarmi come una Argonauta! O perché no? Un'esule come Enea!
A tal proposito: l'eroe troiano ne ha fatta di strada! Ma non viene menzionato o citato come gli eroi greci, quando si parla di viaggiatori. Nel mio caso è colpa di quel XXVI canto della Divina Commedia. Ma se leggi questo bellissimo saggio della scrittrice Andrea Marcolongo, ti renderai conto che le ragioni sono diverse e purtroppo non limitate alla mia persona. Tempo e Merito, ma anche molti lettori temo, non sono stati generosi con l'opera di Virgilio, l'Eneide. Sempre considerata un'opera minore, secondaria; una sorta di pot-pourri dei poemi omerici. Ad essere sinceri, i miei insegnanti non me l'hanno mai "venduta" in questi termini. Ma nel bene o nel male, un singolo caso non rappresenta la media; ragion per cui fanno fede le parole di una scrittrice preparata, non quelle di una grafomane asociale e ignorante.
Mi duole fare un'altra ammissione: ho letto questo libro tempo fa. Quindi ti parlerò delle belle sensazioni che mi ha lasciato. I dettagli sono ormai un'ombra persa nell'Ade. Per recuperarli ti invito alla sua lettura. Non sarai deluso.
La prima è un'osservazione che riguarda specificatamente lo stile del saggio.
La nostra nuova amica, scrittrice e giornalista, Andrea Marcolongo, non è semplicemente "brava" e "preparata"; ma porta nella sua scrittura tutta la bellezza e la magia di chi può fregiarsi di una cultura in Lettere classiche.
Non me ne vogliano le altre lauree ma è mio modesto parere, personalissimo e privo di critica: la Laurea in Lettere Classiche è "La Laurea" per antonomasia.
E si respira in queste pagine scritte in un modo melodioso.
Quando finisci il saggio hai voglia di leggere e rileggere, di immergerti nell'Eneide di Virgilio! E credo sia il merito dei saggi scritti bene.
La seconda bella sensazione è tutta per il Vate Virgilio.
Nel mio spirito, forgiato nelle aule scolastiche del XX° secolo, è la Guida per eccellenza. Colui che può aiutarmi ad uscire dall'Inferno del qualunquismo, dell'ignoranza, del meschino.
Il Poeta di Mantova, le cui spoglie riposano secondo la tradizione popolare a Napoli, è per me il più grande poeta latino e "d'Italia", cioè di una nazione che ancora non esisteva alla sua nascita.
Magari io non faccio parte dell'ambiente, ma a mio parere meriterebbe un'attenzione e una devozione maggiori. Se scrivo "Virgilio" nella barra di ricerca di Google, il primo suggerimento è per il provider di mail: inaudito.
Per non parlare del numero di strade o monumenti a lui dedicato: irrisorio.
A tal proposito cito il monumento dedicato all'opera del Poeta, situato a Brindisi, dove egli dimorò per alcuni anni e dove morì. Virgilio compì l'ultimo viaggio in Grecia per approfondire i luoghi da cui era partito il suo Enea. Come approdo per i suoi eroi, scelse Brindisi, con il suo porto a forma di cervo; qui, dunque, toccarono per la prima volta il vaticinato suolo, al grido: "Italia".
La terza ed ultima sensazione che voglio condividere con te è la forte impressione e commozione che Enea ancora oggi mi suscita.
Enea lo immagino come il suo autore: silenzioso e schivo. Entrambi uomini di intelletto più che di spada, poco avvezzi a parlare in pubblico, con una mente che tutto osserva e scandaglia.
Virgilio scrive l'Eneide perché non può svincolarsi dalla richiesta del suo principe Ottaviano Augusto, che gli commissiona un'opera per la gloria della sua famiglia e della sua dinastia, e quindi del suo impero e del suo agire.
Virgilio non può certo dire di no ad Augusto, ma la sua visione della storia, del presente che vive, è diverso da come lo descrive lo stesso Ottaviano.
Allora la tira per le lunghe; accetta il lavoro ma non lo porta a termine. E in punto di morte, sarà sua richiesta distruggere l'opera incompleta, che mai riuscì a revisionare, completare. Ma come in tanti altri casi da Kafka a Joyce, questa richiesta non viene esaudita. E direi anche: fortunatamente.
Ecco perché Enea è unico.
Non rappresenta un eroe inarrivabile, finito, perfetto, con il sorriso luminoso e i muscoli oleati.
Egli è l'uomo rappresentato nella sua debolezza e direi pertanto, nella sua grandezza.
Enea piange, si commuove. Non è un guerriero spietato. Si preoccupa del padre e del figlio. Si preoccupa dei suoi uomini.
Con sé non ha schiavi né tecnologie né magie: ha solo i Penati, gli spiriti protettori della sua famiglia dispersa, sottratti ex oste allo scempio. È tenendo per mano il passato che Enea intende costruire il futuro in Italia. Per farlo, conosce solo una strategia: la pietas.
E a questo punto Andrea Marcolongo sale in cattedra e ci regala una pagina saggistica che dovremmo tutti imparare a memoria. Con buona pace dei fascisti di Mussolini e dei detrattori del Bene, di quelli cha hanno bisogno di slogan per andare avanti, di quelli che seguono ciecamente le mode e osannano l'ignoranza, di quelli che seguono "la pancia" (- abominio! -): Enea è l'uomo della pietas. Quella pietas intraducibile in italiano e in altre lingue (- ciao Joyce! -) che o comprendi nel sangue nelle ossa, o eviterai come lo sguardo di Medusa!
La pietas è il senso del dovere; l'agire con serietà, il fare perché è giusto così. Non c'è un altro volere, un altro procedere. Enea è l'uomo che non ha nulla ma ha tutto: ha sé stesso con il suo carico di costumi e di conoscenze ereditato dagli uomini e dalle donne che lo hanno preceduto.
Altro che "eroe minore"!
Enea è il vero eroe contemporaneo: solo, immerso nello scandalo del dolore.
Questo saggio è stato elaborato nel periodo della Pandemia, negli anni del Covid-19.
Un tempo sospeso, in cui si pensava avremmo parlato di un "prima" e di un "dopo".
Quando si avvertiva l'urgenza di non lasciarsi andare allo sconforto, di andare avanti, procedere esatti ed incerti.
Abbiamo poi visto com'è andata a finire.
La lezione di Enea non la voglio dimenticare. Voglio tenerla viva nel mio cuore.
Voglio imparare a guardare al futuro mantenendo ben salda la speranza e la capacità di resistere.
"Ce la faremo!"
Vorrei anche urlare: "Ce l'abbiamo fatta!".
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