domenica 27 agosto 2023

 In questa notte del 1950 Cesare Pavese ingurgita barbiturici, il cuore rallenta piano piano.
Torino: Cesare non c'è più.

Perdono tutti e a tutti chiedo perdono.
Va bene?
Non fate troppi pettegolezzi.



Ci sono persone per cui è impossibile stare al mondo.
Sono consumate da una inquietudine che non riescono a spiegare.
O la cui spiegazione lascia così disarmati, che alla fine sembra che non ci sia più nulla da fare.
Non ci sia altro da aggiungere, da scrivere in quel libro che alcuni chiamano vita.
Cesare Pavese era un genio.
E come tale si torturava. Un osservatore della vita. Un affamato di emozioni, di perché, di rivelamenti.
E quando si ha quella fame, le briciole non saziano.
Mi sembra di capirlo. Quella fame la conosco. E anzi, direi che le briciole la aumentano, non la estinguono.
E quando nulla sembra placarla, allora Sorella Morte non ti sembra così lontana.

L’uomo mortale, Leucò, non ha che questo d’immortale.
Il ricordo che porta e il ricordo che lascia.

Pavese era una brava persona. Per questo ha sofferto. E per questo non poteva rimanere in questo mondo giudicante, veloce, che ti calpesta senza nemmeno vederti.
Ti lascio caro Blog,
con questa frase di Corrado (la Casa in Collina) che sento terribilmente mia. Che mi fa pensare, mi ferisce e mi punisce.

vivo per caso, quando tanti migliori di me sono morti.
A volte, dopo aver ascoltato l’inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte penso che vivere per caso non è vivere.
E mi chiedo se sono davvero scampato.

Spero che nel luogo dove sicuramente si trova ora, pieno di luce e di amore, abbia finalmente trovato il suo posto, che non si senta più solo, emarginato, sconfitto.
Spero proprio che stia bene.

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