mercoledì 29 novembre 2023

I ragazzi che amavano il vento - SHELLEY, KEATS, BYRON

 Non riesco mai a far capire alla gente
che la poesia è l'espressione di uno stato di eccitamento passionale,
e che non esiste una intera vita di passione, così come non si può avere un continuo terremoto,
o una febbre eterna.
A parte tutto, chi riuscirebbe a radersi in simili condizioni?
(Lord George Gordon Byron, 1788-1824)

Il freddo è infine arrivato a sferzare anche le coste della mia terra. Non c'è niente di più piacevole che accoccolarsi sotto una coperta, con una tazza fumante tra le mani, leggendo un libro di poesia. (Qualcosa di meglio ci sarebbe; è più un qualcuno ma limitiamoci a raffigurazioni solitarie e realistiche.)
Continuiamo: mentre la pioggia batte sui vetri delle finestre (sporcandole! È ancora valida la raffigurazione solitaria e realistica con me che poi dovrò pulirle!) mi sono immersa nella lettura di questo breve saggio firmato Roberto Mussapi che mi ha traghettato in totale sicurezza tra i versi dei tre più grandi poeti del secondo romanticismo inglese al profumo italiano. Il libro è infatti diviso in due parti: l'introduzione curata da Mussapi ci svela i tre giovani poeti nel pieno della loro giovinezza; la seconda parte è dedicata ai loro versi.
Avevamo già avuto modo di incontrare questi tre brillanti poeti ma credo di averli visti sempre in modo confuso, come attraverso una nebbia che non permette di distinguere i contorni dei paesaggi, degli oggetti.
Invece con l'aiuto di Mussapi un po' di questa nebbia si è diradata e le figure si stagliano quasi a colori sul palcoscenico della storia.
I colori sono quelli vivaci del Carnevale veneziano, delicati delle colline pisane, melanconici e fieri del paesaggio ligure.
Chi lo avrebbe immaginato? I tre poeti british, che più british non si può, erano tutti egualmente innamorati dell'Italia. Del suo clima, dei suoi costumi, del suo mare, delle sue donne (beh direi che Byron lo era!), delle sue genti.
Spesso ci dimentichiamo della bellezza di questa incredibile lingua di terra.
Eppure gli azzurri di Tiziano non potevano che nascere dalla contemplazione del cielo italiano; e i chiaroscuri di Caravaggio? Una chiara conseguenza della maniera unica della luce di riflettersi tra le nuvole e tra i paesaggi e i volti del Bel Paese.
Se un veneziano ha aperto al mondo la conoscenza dell'Oriente, fu un genovese a rivelarne l'Occidente. E tutto ciò non mi stupisce, ma mi deprime pensare a cosa siamo oggi.

Comunque sia i tre poeti hanno vissuto un'Italia immortale e irripetibile.
E la loro amicizia si è qui cementata.
Erano tre talenti letterari unici, che hanno amato la vita e che dalla vita hanno preso commiato troppo presto.
Leggere i loro versi, tutto d'un fiato, una pagina dietro l'altra, mi ha dato la sensazione di averli vicini e di ascoltarli mentre, ognuno a suo modo, con la forza del proprio carattere, spiegano che cosa sia la vita, la leggerezza, la passione per le cose.

Shelley sarà spesso definito vulcanico, irrequieto.
Sensibile fino all'eccesso, non potrà sopportare la morte del giovanissimo Keats, il poeta dell'immedesimazione.
E forse la morte sarà in un certo senso cercata.
Al giovanissimo Byron, abile nuotatore, il ragazzo dall'argento vivo addosso, amato dalle donne, instancabile ingegno ironico e sofisticato, non sarà sembrato accettabile di sopravvivere ai suoi amici.
E così alla fine avrà scelto la guerra greca per permettere al demone accidioso della malinconia che sentiva sempre alle calcagna, di raggiungerlo.

ma sulle ali invisibili della poesia,
pur se la mente ottusa indugia e dubita,
io sono già con te!
(John Keats, 1795-1821)

Il mio preferito è sempre stato Keats. Lo immaginavo trascorrere i suoi ultimi giorni a Roma, preda a volte della malinconia e della disperazione. Chissà quanto avrà sognato di vivere ancora. Quanto avrà desiderato sentir tornare la salute nel suo corpo. Oggi vive in ogni luogo di Roma, in prossimità di piazza di Spagna. O per lo meno così la vedo io.
Devo però confessarti che questo libro ha illuminato di nuova luce Byron e mi ha mostrato anche un Shelley che ho sempre visto solo come il marito di Mary (Vedi? A volte anche ad un uomo può capitare di essere messo in ombra.).

vento,
se arriva l'inverno la primavera non è lontana.
(Percy Bysshe Shelley, 1792-1822)

Un ragazzo sensibile, interessato alle cose del mondo. Quelle almeno non lo facevano soffrire come la povertà e l'ingiustizia. E allora eccolo correre a cavallo tra le campagne pisane. Immergersi in una pozza d'acqua per ammirarne quel mondo fangoso e celato all'esterno.

C'è un passaggio del libro, in cui Mussapi immagina Byron che osserva la cremazione del corpo del suo giovane amico Shelley.
Shelley è morto durante un naufragio, durante una violenta tempesta. In tasca un libro di Keats.
Byron lo accompagna nell'ultimo saluto.
Cosa avrà pensato un animo tanto sensibile? Perché se la sensibilità dei primi due era palese, credo proprio che quella di Byron fosse ben celata sotto la maschera del libertino, del conquistatore, dello sfacciato.
E chissà cosa avrebbe pensato vedendo l'Italia oggi...

Tre poeti, ma soprattutto tre ragazzi: questo è quello che ritroviamo in queste pagine, ed è questo che mi è piaciuto immensamente.
Sbirciare oltre il ruolo imposto dalla letteratura, guardare oltre le maschere.

Le veneziane hanno ancora bei volti,
dolci espressioni e sopracciglia arcuate,
e occhi neri come le arti antiche,
mal imitate, presero alle greche.
O come veneri del gran Tiziano
(la migliore è a Firenze non ho dubbi)
appaiono affacciandosi al balcone,
o scese da una tela di Giorgione,
tinte di verità e bello sublimi.
(Lord Byron)


venerdì 24 novembre 2023

Ciao Freddie

 Caro Blog,
è da un po' che non ti scrivo. Sto cercando di non vomitare ogni mia emozione in questo posto e di lasciare che le emozioni si plachino da sé.
Un po' funziona. Nel senso che non lasciando ovunque tracce del mio rimescolamento emotivo mi sento più normale ed è come se rimuginassi con meno forza su ciò che mi accade.
Oggi è un giorno speciale: si commemora la scomparsa di Freddie Mercury.
Mi sembra giusto interrompere il silenzio e salutarlo con questa canzone: In My Defence.

Non una delle mie preferite, ma non importa.
Oggi mi interessa solo soffermarmi su quella domanda che Freddie cantava al mondo: "How can I try to right the wrong?".
Non sono la persona più titolata per parlarne, ma voglio per una volta dire anch'io la mia su quello che sta accadendo in questi giorni nel mio paese.
Per l'ennesima volta è stata uccisa una ragazza, una donna. Il suo assassino, il suo ex fidanzato. Si erano lasciati da tempo ma lei, preoccupata per il suo stato emotivo, non voleva abbandonarlo del tutto e acconsentiva a frequentarlo.
Sabato 11 Novembre per Giulia, questo il suo nome, una cena al centro commerciale è stata l'ultima cena della sua vita.
Io ero a casa, in pigiama e cercavo di rimanere sveglia per seguire Un Giorno In Pretura (che da quando ho cancellato i profili sui social, seguo con estrema difficoltà). Era stata una bella giornata; ero uscita con il mio papà, ci eravamo presi un caffè insieme in un posticino nuovo, aperto da poco in città e per pranzo avevamo preparato "le frittelle" (cibo semplice che per tradizione si prepara a San Martino, dalle mie parti).
Io ero in pigiama, al sicuro nella mia casa. Giulia combatteva per la sua vita.
Tutto ciò è estremamente ingiusto.
Ora Giulia potrebbe diventare il simbolo di una bella alleanza tra la sfera maschile e femminile, per collaborare a migliorarci.
Invece hanno preferito trasformarla in una guerra: maschi contro donne.
Come se ne esce? Non lo so. Credo sia molto difficile. Parlarne certo, aiuta.
Ma è veramente sconfortante constatare che ancora oggi se una donna viene stuprata "se l'è cercata", perché la gonna era corta, il drink alcolico e la notte tarda.
Lo stipendio è inferiore se sei una donna? L'uomo porta i soldi a casa. 
Ti toccano il sedere per strada? È goliardia.
Ti fischiano e gridano frasi orrende? È solo un apprezzamento.
Lavori e hai bisogno di un aiuto in casa? Hai voluto la parità, ora son fatti tuoi.
Ti fissano in tram? È galanteria.
Il professore invece di farti domande d'esame, ti invita ad un colloquio privato a casa sua, è normale perché le femmine non sono portate per le materie scientifiche.
Per non parlare di come guidiamo, dei commenti sul fisico e delle mestruazioni.

Come vedi l'elenco è lungo. Ed io sono incapace di continuare.
Quello che so però, è che l'esempio della famiglia è importantissimo.
Se i padri e le madri trattano i figli e le figlie allo stesso modo, e insegnano loro il rispetto personale e verso il prossimo, allora metà del percorso lo abbiamo fatto.
Se moglie e marito si rispettano in modo reciproco, il bambino e la bambina respireranno una normalità sana.
Se a scuola non si parlasse più di "essere portati per" quella materia o quell'altra, eviteremmo di inculcare nei e nelle discendenti ridicoli stereotipi di genere.
Bisogna insegnare a gestire le proprie emozioni e a parlarne.
Bisogna imparare a riconoscerle.
Bisogna imparare ad accettare i "no". E a capire che non si possono avere solo "sì" come risposte.

Basta con gente volgare e violenta in TV.
Basta con la musica troglodita nelle orecchie.
Le donne non sono oggetti.
Basta con la depersonalizzazione delle donne.

Cambierà mai, in meglio, questa società? Per le minoranze, per i deboli, per gli indifesi?
Sono stanca di stare dal lato di quelli che devono vivere sempre con la paura.

Oh, what on earth
Oh, what on earth
How do I try
Do we live or die?
Oh, help me, God
Please, help me

sabato 11 novembre 2023

Le Tessitrici, Mitologia dell'Informatica - Loreta Minutilli

 Per Ada, l'immaginazione è la chiave del lavoro dello scienziato.
Non esiste scoperta scientifica senza immaginazione,
dunque la facoltà di immaginare va analizzata con il più rigoroso metodo scientifico.


Caro Blog,
ti presento un nuovo amico, adottato la scorsa settimana e terminato oggi pomeriggio.
L'ho comprato attirata dalla copertina alla Matrix in versione omerica e dal titolo.
L'argomento in realtà non mi compete per nulla, ma sono stata attirata come sotto la malia del canto di una Sirena: "Forse, per essere delle buone scienziate femministe, dovremmo imparare a essere più comprensive con i nostri modelli. Dovremmo tirare fuori le nostre madri dal silenzio e ascoltare quel che hanno da dire senza fare domande e senza pretendere risposte."

Diciamo che da brava scienziata ho fatto la mia parte. Non sono certa di potermi definire femminista, ma questo libro mi ha fatto decisamente arrabbiare (e già sento ironici: "Sai che paura?")! Hai mai sentito parlare dell' Effetto Matilda? No? Ti illumino:
Con l'espressione Effetto Matilda si definisce la meticolosa opera di ottenebrazione o minimizzazione o negazione dei risultati conquistati in ambito scientifico dalle donne.
Tali risultati sono puntualmente attribuiti ai colleghi maschi, a volte mariti delle stesse scienziate. E questo accadeva-accade semplicemente perché donne.
La definizione deve il suo nome e i natali alla storica della scienza statunitense Margaret W. Rossiter che nel 1993 ha coniato la locuzione Effetto Matilda, corollario femminile dell'Effetto Matteo.
Se a Matilda vengono tolti onori e riconoscimenti in quanto donna, a Matteo vengono riconosciuti in quanto uomo.
E ti risparmio i luoghi comuni di cui è ancora pregna la nostra società: le studentesse sono portate per le materie umanistiche, gli studenti brillano maggiormente nelle discipline scientifiche.
Devo continuare? La donna non aspira a ruoli di comando; la donna è più portata per ambiti in cui può accudire il prossimo. L'uomo è dotato di intelligenza logica. Le donne sono più empatiche.
Mi fermo: devo vomitare!
Questo è l'effetto che mi provocano i luoghi comuni: la nausea!

Ma torniamo al nostro Amico in carta e inchiostro.
Non mi ha conquistato. 
Loreta Minutilli è una giovanissima scrittrice e scienziata. Tra le sue opere c'è anche un libro su Elena di Sparta; e così ha risposto ad una domanda che mi ponevo tempo fa. 
Ha unito in questa opera, quella che lei definisce i suoi interessi: il mondo della mitologia e il mondo delle scienze. La scienza scelta è l'Informatica, una scienza da sempre immaginata maschile, per programmatori asociali e solitari, magari musoni e impolverati. La mitologia è più complessa. Non sono capace di riassumere con una parola, ma accanto ad eroine omeriche incontriamo anche eroine reali, storiche, che la Storia però ha dimenticato.
Questa unione si snoda lungo sei racconti. E tra telai ed equazioni incontriamo Penelope, Pandora ma anche Ada Lovelace (che molti conosceranno per il più famoso padre Lord Byron), Grace Murray Hopper e tante matematiche e scienziate che hanno dato impulso alla nascita della programmazione informatica.
La scrittrice tenta di dare una spolverata al mondo Informatico, cercando di renderlo più accessibile anche ai non addetti ai lavori.
Sono sincera: l'dea è bellissima. Però il libro non mi ha convinto. Tanti errori di battitura, di cui l'autrice non è colpevole, mi hanno perfino irritato.
Naturalmente non si deve offendere nessuno per quello che scrivo. So di essere tra quelli che commette un'infinità di errori! Ma a volte può accadere che un libro non mi piaccia. Sono umanissima anch'io e molto ignorante.
Tuttavia sono contenta di aver letto il libro di una scrittrice giovane e che non conoscevo.

Questa lettura mi ha fatto pensare a quanti sacrifici nel corso del tempo ha dovuto fare ogni singola Donna.
Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Mary Anning, Ippazia, Artemisia Gentileschi: la lista è infinita, indipendentemente dall'epoca e dal ruolo nella società, essere donne non è mai stato facile. Viene chiesto sempre il massimo, sempre l'eccellenza e spesso non basta.
Da queste donne avrei voluto apprendere il coraggio e la passione.
Due caratteristiche che a me mancano. Non sono una valida rappresentante del genere femminile.
L'unica cosa che posso fare è ricordare.
Grazie a tutte voi. E anche a Loreta Minutilli per avermi traghettato in questo viaggio immaginario, onirico.

lunedì 6 novembre 2023

L'istante non è altro che il punto di malinconia
tra il desiderio e la memoria.
(Robert Musil)

Caro Blog,
alla fine sono cambiata.
Non un lento lavorio di generiche forze esogene nel corso del tempo.
Direi che il cambiamento è dovuto ad un'alluvione catastrofica avvenuta quasi un anno fa.
Ora l'acqua si è ritirata. Si possono osservare i danni che ha causato.
So che è sbagliato mettersi continuamente sotto un vetrino e osservarsi al microscopio.
Tuttavia non riesco a fare a meno di comportarmi così.
Vorrei avere una reazione. Provare un'emozione "bella".
Invece mi sento ovattata e le uniche sensazioni che provo sono per lo più preoccupazioni e smarrimento.
È normale sentirsi così alla mia età? Sentirsi finiti?
Consolo le altre persone; trovo la parola giusta da dire nel momento opportuno. 
Ma per me stessa riservo ben altri panorami: desolati, silenziosi, bui.
Non si aggirano più nemmeno gli spettri.
Di buono c'è che ho smesso di fare sciocchezze (qui la parolaccia ci sarebbe stata bene!) e non inseguo più chi non vuole avere a che fare con me.
L'isolamento in atto è lodevole.
L'unico che non comprendo è il mio cuore. Perché il suo battito è accelerato? 
Forse insegue da solo emozioni che non provo? O magari sta consumando più velocemente che può, i battiti che ci sono stati destinati, così da accorciare questa agonia.
Mentre sistemavo delle carte, ecco che ho maturato il pensiero finale, senza alcun preavviso.
Dal nulla, di getto mi son detta: "Che bello se morissi ora!"
Ed è così che si consuma il mio tempo: tra ricerche che non portano a nulla, solo a porte chiuse con aumento di disistima e autocommiserazione, invocazioni alla Morte...o meglio alla morte, con la lettera "m" scritta in minuscolo. Infatti è alla morte desinata alla mia sezione che dovrei rivolgermi, e non a quella suprema (così come mi ha insegnato Saramago).

Niente... anche mentre scrivo: non sento niente.
Solo per un attimo, come un'eco lontana, mi è parso di ascoltare la voce di PA che mi irride con quel suo tipico: "Che trisccctezza!"
Per un po' ho pensato di poter cambiare le cose. Mi sono solo illusa.
Un anno difficile si sta concludendo ed io non sono stata capace di fare niente di buono per me. Anche l'egoismo che provo è sterile, senza frutto. Un altro componente utile a torturarmi con i sensi di colpa.

venerdì 3 novembre 2023

L'arte del Romanzo - Milan Kundera

 Che la vita sia una trappola è una cosa che abbiamo sempre saputo:
siamo nati senza averlo chiesto, rinchiusi in un corpo che non abbiamo scelto
e destinati a morire.
(Milan Kundera)

Nel giorno dedicato alla Commemorazione dei Defunti, volevo ricordare un amico che ci ha lasciato alcuni mesi fa.
Sono un po' in ritardo, ti scrivo oggi per mostrarti un suo libro letto nelle scorse settimane: L'arte del Romanzo - Milan Kundera, 1988.
Come nella migliore delle tradizioni kunderane (scusami, mi piace inventare parole che non esistono!) anche questo libro, benché un saggio e non un romanzo, è diviso in sette "capitoli", che chiameremo "testi"; che sono tra di loro indipendenti e quindi potremmo leggere in modo autonomo e separato; ma che leggendo nella sequenza scelta dal loro autore, ci regaleranno la viva sensazione di averlo di fronte a noi, a parlare della sua materia, del suo mondo: il romanzo europeo, arte nata come eco della risata di Dio≫.

Un saggio che in parte realizza un mio sogno: poter ascoltare la voce dei miei autori preferiti che raccontano e mi spiegano mondi nascosti tra le loro pagine scritte.
Con amore e dedizione, Kundera mostra cosa accade quando autori diversi come Kafka, Cervantes, Broch, Tolstoy, Gombrowicz, Flaubert e ancora Diderot, Musil, Dostoevskij, Rabelais, Sterne ed un certo Kundera prendono una penna in mano.
Il romanzo europeo è una cosa viva. E come tale ha infinite e strepitose verità da mostrare, e tantissime altre da celare.
Ho sorriso quando ha raccontato che non amava rilasciare dettagli sulla sua vita, come aveva scelto di fare anche Italo Calvino.
E mi sono chiesta quanto gli avrebbe dato fastidio avere a che fare con me, che invece mi sarei voluto dissetare alla sorgente di una simile esistenza. Mi sarebbe piaciuto spiarne le espressioni del viso mentre componeva, mentre scriveva, mentre magari davanti a lui si disegnava il profilo di un suo personaggio.
Ma sono solo sciocchezze, fantasticherie da lettrice dilettante.
All'interno del libro sono proposte due interviste condotte da Christian Salmon: Dialogo sull'arte del romanzo e Dialogo sull'arte della composizione.
Pensa se fossi stata io l'intervistatrice: "Mi dica carissimo Kundera, le è mai capitato di uscire di casa con dei calzini spaiati?".
Infine, segnalo la parte che ho apprezzato maggiormente, il testo Sessantaquattro parole.
Kundera sceglie 64 parole chiave per esprimere sé stesso, cioè la sua opera, cioè l'etica, la poetica, l'estetica della sua opera.
Che meraviglia! È stato proprio come poter parlare con lui.
Mi ha fatto sentire ancora più vicino il suo genio creativo.

Scrivere un romanzo è una cosa seria.
Ne sono sempre più convinta. È un'Arte gentile, che non lega con chiunque.
Io devo accontentarmi di essere tra i lettori. Se penso a tutti gli strafalcioni presenti su questo blog mi viene la pelle d'oca! Ma non ho la bontà, la forza e nemmeno la voglia di correggerli. Ti chiedo scusa; tu cerca di non badare alla forma. 
Stimo e ammiro tutti quelli che invece, conoscono e danno lustro alla parola scritta.

Con costanza e fedeltà,
il romanzo accompagna l'uomo dall'inizio dei Tempi moderni.


Una compagnia forte e delicata al contempo. Un'ombra silenziosa che sa illuminare i tempi che attraversa. E a volte diventarne specchio.
Una volta le Arti influenzavano, davano un'impronta ai secoli che attraversavano. O ne erano il loro calco!
Oggi sembriamo privi di estro, di immaginazione. Non riusciamo a inventare, a sognare un nuovo genere. E la sensazione è che tutto sia stato già scritto.
Forse è anche questo un segno caratteristico, distintivo a modo suo, del secolo XXI°.
Ed io non lo comprendo, perché sono cieca e ignorante.

Nel Mondo le cose continuano ad andare male. Il mio mondicino continua ad essere buio e triste, ma sapere che la mia amica Fatina sta bene e non ha avuto danni a causa della tempesta che si è abbattuta la scorsa notte sulla Toscana, mi ha confortato molto.

Caro Blog,
questo periodo Ottobre-Novembre, (ma non è il solo!)
risulta sempre un incubo per chi si trova sotto la pioggia. L'acqua portatrice di vita, si trasforma in un'ondata di fango e morte.
Ma ai politici non interessa. Se un'azione non produce benefici nel breve termine, non si danno la pena di fare qualcosa. 
E il Bel Paese sprofonda, annaspa, frana, annega sempre di più.