sabato 30 marzo 2024

 Caro Blog, 
è notte fonda. 
Il Venerdì Santo è passato. Ho seguito le meditazioni di Papa Francesco durante la Via Crucis.
Credo sia stata una delle prime volte, forse l'unica, in cui mi sono rivolta a Lui usando la prima persona singolare.
Una sensazione stranissima.
Mi viene più facile arrabbiarmi e chiederGli conto del perché ci siano tante ingiustizie nel mondo. O pregare perché aiuti altri. Ma oggi Papa Francesco ci ha obbligato a chiamare Gesù per nome, a guardarlo negli occhi affinché veda proprio noi, proprio me con le mie debolezze e fragilità.
Il Venerdì Santo mi rende solitamente molto triste. Quest'anno sono sfiancata. Sono stanca.
Sono in totale protesta!

Non riesco ad accettare la crocifissione.
Gesù come hai potuto soffrire così tanto, sacrificarti fino alla morte, la morte in croce, per una umanità così becera, ignorante, volgare e violenta.
La parola pace è stata sostituita dalla parola guerra non solo nella comunicazione, ma nel cuore, nel pensiero delle persone.
E tu sei morto per noi? Per questi qui? Non è giusto. Non voglio. Non dovevi farlo!
Infine dimmi, ho bisogno di saperlo: Giuda è con te? Lo hai perdonato anche se non ha avuto la forza, il coraggio di domandarti perdono?
Ogni anno la stessa storia; non posso fare a meno di sperare che Guida sia in Paradiso.
Ognuno di noi ha un carattere a sé.
Non siamo tutti forti o coraggiosi. Il pentimento è soffocante a volte.
A volte non riusciamo a credere di meritarci qualcosa; siamo così delusi dal nostro stesso comportamento da non riuscire a pensare che Dio possa avere pietà di noi.
Ri-cordati di noi Signore, richiamaci nel tuo cuore.
Noi che siamo deboli e avviliti, con una pessima autostima e che pensiamo di valere meno di niente: richiamaci nel tuo cuore.
Abbi pietà dell'umanità intera.
Non permettere che scoppi ancora un altro conflitto mondiale.
Donaci la Pace.

mercoledì 27 marzo 2024

La Dattilografa di Hitler - Tessa Harris

 Un'ombra si allungò sul pavimento della carrozza.
Un ufficiale della Gestapo di passaggio lanciò uno sguardo all'interno.


Caro Blog,
che mese frenetico è stato questo Marzo.
La Primavera è arrivata come un lampo. E le giornate sono sempre più lunghe, ma non possiamo ancora sentirci lontani dalle temperature invernali.
Non fraintendermi, il nostro è un clima mite; ma la pioggia sembra sempre sul punto di sorprenderci mentre siamo fuori casa. Oggi ad esempio, ho accompagnato i bimbi a scuola, sotto una pioggia incessante. E credo di essermela cavata discretamente bene. Non avevo l'autista come zia Mame, ma i pargoli sono stati portati a destinazione in totale sicurezza e abbastanza asciutti.
Le mie letture sono terribilmente ferme. Devo riorganizzare le mie giornate e cercare di tornare alle sane abitudini. Anche se quando si trascorre tutta la giornata al computer e tra letture (ahimè non scelte, ma direi obbligate dalle circostanze), continuare a leggere è arduo.
Per il momento devi accontentarti di questo libro che acquistai e lessi in occasione della Giornata internazionale della Memoria in quel lontano 27 gennaio 2024: La dattilografa di Hitler, della scrittrice inglese Tessa Harris.
Mi duole dirlo: anno di pubblicazione 2023 e per me non poteva che essere un grande NO!

I gusti sono gusti, sia chiaro, ma tutti i commenti entusiastici sulla quarta di copertina e le recensioni positive sparse qua e là sul web, io proprio non me le spiego.
Ho avuto difficoltà a finirlo.
E in alcuni momenti mi sono chiesta se non fossi precipitata in un "Harmony".
(Per la cronaca, con il nome Harmony intendo indicare quei libri dalla trama melensa, passionale e ripetitiva, in edizione economica, con disegno in copertina di giovane coppia avvinta in un laocoontico abbraccio, che negli anni 70-80 non potevano mancare nel kit da spiaggia di lettori romantici e dall'occhio languido, sparsi in tutto il mondo.)
Ma l'atmosfera storica e i personaggi odiosi della Germania della dittatura nazista sono resi in modo così eccellente che sembra di essere in un altro libro.
Immagino il grande lavoro di ricerca e di scrittura, processi complessi e non facili!
La lettera finale che la scrittrice dedica ai suoi lettori, è forse la parte che ho preferito di più.

La storia prende vita da un evento storico reale: il ritrovamento della perizia psichiatrica di Hitler.
Che non ci stesse tanto bene con la testa l'avevamo capito in tanti, ma vederlo scritto nero su bianco, attestato in modo scientifico è tutta un'altra questione.
Una questione calda, esplosiva e mortale per le persone coinvolte.
Questa è Storia, è un fatto reale che ha lasciato dietro di sé una scia di sangue lunga e crudele.
Il dott. Edmund Forster era il medico che aveva preso in cura un giovane soldato tedesco, di cui conosciamo solo le iniziali, AH, durante la Prima Guerra. Lo psichiatra lo aveva guarito da una cecità isterica mediante ipnosi.
Possiamo solo ipotizzare quali siano stati i suoi pensieri, riconoscendo nel dittatore assassino e sanguinario che tutti conosciamo, il giovane soldato che aveva aiutato anni prima. 
Il dottore morì per suicidio (- certo, sìsìsì, come no -); e suicida morì anche lo scrittore Ernst Weiss al quale aveva affidato i suoi appunti medici, affinché fossero pubblicati. Morti anche gli altri medici che direttamente o indirettamente avevano avuto contatti con il paziente AH.
Che fine abbiano fatto quegli scritti, non è dato sapere.
Rimangono naturalmente speculazioni e ipotesi che forse un giorno, saranno sciolti.

Sicuramente il libro merita di essere letto per conoscere la storia di questo coraggioso medico, ma anche per entrare nella libreria Shakespeare and Company fondata dall'americana Sylvia Beach, o per passeggiare un po' sulla Rive Gauche della Parigi degli anni Trenta, o sbirciare tra le numerose bancarelle des Bouquinistes di libri antichi, lungo le rive della Senna attorno a Notre Dame.
Te la immagini Parigi in quel periodo?
Il Paese dei Balocchi per artisti, poeti e scrittori di tutte le nazioni!
Gli anni dell'Avant-garde.
Le donne indossano i pantaloni, i capelli diventano più lunghi e con onde più naturali. Ad un tavolino da caffè puoi incontrare James Joyce, Ernest Hemingway o T.S. Elliott, discorrere di poesia e sorseggiare un caffè fumante.

A proposito di James Joyce dobbiamo ricordare che il suo Ulisse, fu stampato proprio grazie a lady Sylvia. Il libro fu infatti censurato sia nel Regno Unito sia negli Stati uniti, ma nel 1922 fu stampato per la prima volta dalla Beach che ci mise soldi, impegno ed entusiasmo.
Inoltre faceva circolare titoli banditi nel Regno Unito e negli Stati Uniti, come L'amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence (che mi riprometto di leggere da anni!).

Curiosità: la libreria Shakespeare and Company su rue de l'Odeon, venne effettivamente chiusa nel dicembre 1941, in seguito all'occupazione della Francia da parte dei nazisti, durante la Seconda Guerra, e non venne più riaperta. Probabilmente la sua proprietaria fu deportata in quanto amica di numerosi intellettuali ebrei e perché, pare, si fosse rifiutata di vendere un libro a un soldato tedesco.
Oggi esiste una libreria con lo stesso nome, visitabile e fruibile anche per chi volesse solo darle uno sguardo; ha perfino una sala lettura e un caffè; un paradiso in terra per amanti dei libri e non; si direbbe un set cinematografico. Una vera rarità. Raccontano che ci siano anche gatti liberi di sonnecchiare qua e là.
Segnati questo indirizzo: 37 di rue de la Bûcherie, vicino a Place St.Michel, a pochi passi dalla Senna - non si sa mai -.

Infine ricorda il monito scritto su una parete della libreria parigina, e fallo tuo:

Non essere inospitale con gli sconosciuti,
potrebbero essere angeli in incognito.

Secondo alcuni è una citazione del poeta Yeats, ma non ne trovo riscontro. Più probabilmente era il motto di George Whitman, che aveva per così dire ereditato l'idea di accoglienza e libertà della libreria di Sylvia, tanto da chiamare la nuova libreria Shakespeare and Company, in suo onore e dare il nome di Sylvia alla sua unica figlia, odierna libraria. Tutto per far rivivere quel sogno bellissimo e unico di accoglienza e interscambio culturale e umano: "Il mio paese è il mondo, la mia religione è l’umanità".

Pensare che in passato siano esistite persone tanto altruiste e generose, lascia sperare che ve ne possano essere ancora altre e tante.
Oggi ci lasciamo con questa bella speranza, nata da un libro che per me, bello non è.
Ma se questi sono i suoi frutti, forse mi sono sbagliata.

domenica 17 marzo 2024

Zia Mame - Patrick Dennis

Siccome Norah mi ripeteva sempre che i bugiardi vanno all'inferno, mi feci coraggio e sputai il rospo:
«Solo che eri una persona molto strana e che finire in mano tua era un castigo che non avrebbe augurato neppure a un cane ma che i derelitti non possono fare tanto gli schizzinosi ed io altri parenti non ne avevo.»
Zia Mame prese fiato, con calma.
Poi scandì: «Che bastardo.»
Misi mano al taccuino.
«La parola che hai appena sentito, tesoro, è bastardo» disse la zia con una vocina soave.
«Si scrive bi-a-esse-ti-a-erre-di-o, e per la precisione significa "il tuo defunto genitore". Adesso vestiti e andiamo.»


Un libro bello, da leggere per sorridere. Per rivivere affascinanti giorni a New York in compagnia di personaggi indimenticabili. Uno tra tutti: Ito, il tuttofare giapponese.
Che sicuramente avranno ispirato tanto della successiva tradizione letteraria e cinematografica americana e non solo.
A me personalmente, uno dei protagonisti, il giovane Patrick, mi ha fatto venire in mente il protagonista di un film di Woody Allen (Un giorno di pioggia a New York, se non ricordo male il titolo). E nel complesso il libro, forse invecchiato male rispetto ad altri classici, rievoca continuamente immagini di film e libri del passato. Tutti orgogliosamente a stelle e strisce.
Non condivido l'entusiasmo della quarta di copertina. Ma vale la pena leggerlo.

Zia Mame è sicuramente una donna fuori dall'ordinario, che conquista tutti coloro che la circondano. Ha l'intelligenza e i modi per farlo.
Un'ironia acuta e tagliente come un coltello, che me la rende sopportabile. Ma non posso inserirla tra le mie eroine preferite. In alcuni momenti mi è sembrata terribilmente egoista e opprimente. 

Il libro fu pubblicato nel 1955 ed è innegabile, Zia Mame di Patrick Dennis ha lasciato un segno indelebile nel mondo della letteratura, conquistando generazioni di lettori con la sua protagonista fuori dal comune e dalla vita stravagante.

Ma come inizia tutta questa avventura?
In seguito alla morte del fratello, Mame dovrà conoscere e prendersi cura del piccolo nipote: Patrick.
Quello che ne verrà fuori sarà un rapporto unico, forte e indissolubile.
Patrick vivrà avventure straordinarie, grazie alla super Zia che lo introdurrà in un mondo fatto di arte, cultura e divertimento.
(Nella mia testa immaginavo le feste di zia Mame come quelle di Holly in Colazione da Tiffany).
Se dovessi riassumere la loro esistenza in una parola, quella sarebbe: colorata.
Zia Mame è sempre all'avanguardia, legge in continuazione, si circonda di persone brillanti e diverse, rumorose direi, porta il ragazzo a teatro e soprattutto, gli regala un block notes giallo, sul quale appuntare le parole che non conosce. Perché la prima missione di zia Mame sarà quella di espandere il vocabolario del suo amato nipote.

La vita di zia Mame non sarà sempre semplice. Dovrà affrontare lutti e problemi. Ma la determinazione e il coraggio che mette in ogni cosa che fa, la vitalità che usa per affrontare le avversità, le hanno permesso di conquistare un posto nel cuore di tutti (quasi) i suoi lettori, trasformandola in un'icona della letteratura femminile.
Con la sua ironia sferzante e la sua franchezza disarmante, Zia Mame mostra un modo ardito di vivere la vita, al massimo, senza paura e senza rimpianti.

Patrick Dennis, pseudonimo dello scrittore statunitense Edward Everett Tanner III, è riuscito a creare un personaggio atipico, sulle righe che però sembra appartenere ad un mondo reale.
Dennis è  noto per il suo umorismo tagliente e la sua capacità di cogliere la società e la cultura dell'epoca in cui viveva. E in un certo senso Zia Mame gli assomiglia!

Quello che ho apprezzato del libro è quel voler gridare: siate voi stessi! Siate folli! Non siate come gli altri, come vogliono che voi siate!

Un vero e proprio inno alla diversità e alla complessità dell'animo umano.

In un'epoca in cui la conformità e la convenzione sembrano dominare, attraverso la voce di Zia Mame, Dennis ci ricorda ancora oggi l'importanza di essere noi stessi, di seguire il nostro cuore e di non lasciarci schiacciare dagli stereotipi della società.

Forse per questo motivo, consiglio la lettura di questo libro.
Un libro che vi farà sorridere e magari apprezzare alcuni aspetti della vita.

Mentre leggevo, non posso nascondere di aver desiderato di essere colta, ricca e pazza almeno quanto zia Mame. L'ho desiderato per i miei Nipotini. Mi sarebbe piaciuto essere presente e importante per loro.
Mi sarebbe piaciuto essere capace di arricchire le loro esperienze, renderli quasi ubriachi di vita.
Ma onestamente credo di essere più quel tipo di zia che nei film rappresentano piena di guai e che asciuga la roba nel microonde! (NoN Lo FaTe!!!)
E per fortuna, i miei Nipotini non hanno bisogno della vecchia Zia Lu.

In conclusione, caro Blog, zia Mame è molto più reale di quello che io stessa avevo inizialmente immaginato: la puoi amare o odiare, esattamente come accade a tante persone particolari della vita reale.

lunedì 4 marzo 2024

Come leggere un libro - Virginia Woolf

 Infatti, è proprio perché odiamo e amiamo
che il nostro rapporto con i poeti e i romanzieri è così intimo
da non ammettere la presenza di nessun altro.

Caro Blog,
desideravo da tempo leggere questo saggio di una delle mie scrittrici preferite, Virginia Woolf.
Speravo di incontrarlo in libreria ma così non è stato. Pertanto, anche se un po' riluttante, l'ho acquistato online, terrorizzata dalla scritta apparsa nella lista dei desideri: "ne restano solo 2 copie".
Mi aspettavo un saggio in senso tradizionale.
In realtà è un libricino di 78 pagine che raccoglie tre diverse riflessioni elaborate da Virginia Woolf in altrettante occasioni:
- Come si dovrebbe leggere un libro?: inizialmente pensato come  conferenza per una scuola femminile, venne pubblicato sulla Yale Review nell'ottobre del 1926;
- Che effetto fa un contemporaneo: apparve nel Times Literary Supplement del 3 aprile 1923;
- Sul non sapere il greco: saggio scritto per la raccolta The Common Reader: First Series.

Avrei voluto trascorrere più tempo con Virginia Woolf. Invece mi sono dovuta accontentare di un solo pomeriggio. Ma, per quanto breve, è stato un bellissimo momento insieme.
Con il suo modo fresco e pulito affronta il tortuoso dilemma che ogni lettore incontra quando legge e si approccia ad un nuovo testo.
Se sullo scrivere tanto è stato scritto (!) e tanti corsi sono proposti ogni giorno, sull'attività del leggere le cose si complicano un po'.
I critici, gli esperti del settore conosceranno segreti e modi di operare giusti e intelligibili.
Ma per i lettori comuni come me, la strada è lunga, impervia e sconosciuta.
Eppure il lettore comune è portatore sano di entusiasmo e spensieratezza; non ha l'obbligo di giudicare uno scritto; lui ha solo la libertà di fidarsi di uno scrittore e dedicare tempo alla sua opera; è privo di pregiudizi stilistici; legge perché sì. Questo incorona il lettore comune dei massimi onori poetici!

Ma se l'incoronazione per diritto di nascita ("nato lettore") non è sufficiente e volessimo evolverci e rendere la nostra origine più nobile e competente, quale percorso dovremmo seguire?
Virginia Woolf è lapidaria: l'unico consiglio valido per tutti è quello di non accettare consigli.
Ognuno di noi ha una propria sensibilità alla lettura, un personale bagaglio culturale ed esperienziale che lo rende unico. E unico deve, o dovrebbe essere, l'approccio al mondo dei libri.
Quelli che Virginia ci elargisce, una volta assicurata l'indipendenza di chi ascolta, sono più che altro suggerimenti. Quattro chiacchiere disinvolte tra amici.

Il mondo dei libri è un universo di cui non si distinguono facilmente i confini (sono ancora sotto l'influenza di Zellini). E districarsi tra un saggio o un romanzo, una bibliografia o una raccolta di poesie non è un compito semplice.
Entrando in una libreria sembra che ogni libro voglia essere letto.
"Prendi me", senti chiamare dallo scaffale del Fantasy; "scegli me" ti sussurra una ragazza che si fa ombra con un ombrellino nella copertina di un romanzo.
Per non perderci tra i richiami di queste sirene e per non sprecare il nostro tempo dovremmo più che altro tentare di educare il nostro gusto.
Ciò non significa diventare esperti o critici. Significa semplicemente educare la nostra esperienza.
Esattamente come dei neonati che all'inizio piangono per ottenere attenzioni e poi crescendo imparano a parlare e a indicare.
Anche noi dobbiamo cercare di comprendere i nostri bisogni, il nostro sentire senza piangere disperati, e senza incolpare lo scrittore di turno che non ha compreso dalle nostre lacrime cosa volessimo.

Aprire un libro significa entrare in un mondo sconosciuto. E l'operazione sembra semplice, ma non lo è.
Immaginare, adattarsi non sono azioni da dare per scontate.
Personalmente preferisco i classici, forse perché non mi piace come gli scrittori moderni descrivono il mondo che mi circonda; forse perché il linguaggio moderno non mi piace. Lo trovo violento, sciatto.
Il classico è un momento cristallizzato, nel quale mi piace addentrarmi.
Ma devo essere riconoscente verso tanti lettori del passato, più bravi di me a cogliere la bellezza di scritti per loro contemporanei.

Per comprendere fino in fondo l'operato di uno scrittore dovremmo provare noi stessi a scrivere qualcosa.
La difficoltà di esprimere in parole ciò che abbiamo vissuto, visto, provato è reale.
E non per niente di facile soluzione.
Quando leggiamo un libro dovremmo partire da questo presupposto: stiamo entrando in un mondo costruito da qualcuno che cerca di mostrarcelo con parole che possiamo capire anche noi.
Una volta letto, dovremmo poi lasciare depositare quanto "vissuto". Così da permettere che si ripropongano a noi tutti i dettagli, i personaggi e i luoghi visitati nel complesso della storia. E non nella frammentarietà della lettura.

Nutriamo il nostro gusto con abbondanza e varietà.
Creiamo esperienza di lettura.
Col tempo scopriremo non soltanto che il nostro gusto cambia ma, la cosa che amo più di tutte, inizieremo a scoprire che nel mondo dei libri ci sono alcune città che ci piacciono di più, altre che si assomigliano.
Inizieremo a creare un codice tra i personaggi, una scintilla, una caratteristica da inseguire e rintracciare in altre opere, una vera e propria mappa intergalattica!

Quello che però non dovremmo mai dimenticare è il semplice amore per la lettura.
Va bene fare ordine, raffinare il gusto, creare confronti.
Ma mai perdere quel dono che è proprio dei lettori comuni: leggere senza un perché.

Scrive Virginia Woolf a conclusione del suo primo discorso:

A volte ho sognato che all'alba del Giorno del Giudizio, quando i grandi conquistatori e avvocati e statisti saliranno in cielo per ricevere i loro premi - le corone, gli allori, i nomi incisi in maniera indelebile su marmi imperituri - l'Onnipotente rivolgendosi a San Pietro, dirà, non senza una certa invidia nel vederci arrivare con i nostri libri sotto braccio: "Senti, questi non hanno bisogno di premi. Non abbiamo nulla da dargli: hanno amato la lettura".

Non mi reputo una persona colta e nemmeno intelligente, però mi piace pensarmi come una persona che perfino l'Onnipotente potrebbe guardare con una certa invidia perché ha amato la lettura.
E in questo credo di incontrare anche la tua approvazione caro Blog.

domenica 3 marzo 2024

Breve Storia dell'Infinito - Paolo Zellini

 Che cosa è esatto nella matematica
-si era chiesto Goethe-
se non l'esattezza?

Caro Blog,
oggi mi sembra di essere tornata indietro di quattro anni. Stesse emozioni, stessi pensieri e stesse terribili parole: l'intera squadra è tornata dal passato per torturarmi.
Per non vanificare i progressi fatti, ho scelto di parlare un po' con te, attraverso questo complicatissimo (per me) saggio del prof. Palo* Zellini.
Pensa che ingenua: rapita dalle parole di due scrittori che amo tantissimo, Calvino e Borges, avevo acquistato il libro con entusiasmo e leggerezza.

Nella quarta di copertina è riportata una citazione di Italo Calvino, che scriveva: "Tra i libri italiani degli ultimi anni quello che ho più letto, riletto e meditato è la Breve storia dell'infinito di Paolo Zellini, che si apre con la famosa invettiva di Borges contro l'infinito: "concetto che corrompe e altera tutti gli altri", e prosegue passando in rassegna tutte le argomentazioni sul tema, col risultato di dissolvere e rovesciare l'estensione dell'infinito nella densità dell'infinitesimo".

Forse dovrei provare anch'io a rileggere e meditare. La prima lettura mi vede pesantemente sconfitta. Anche se mi sono chiesta come sarebbe la vita di tanti studenti di matematica con un professore come Paolo Zellini. Penso che la loro vita sarebbe molto diversa.
Non voglio scoraggiarti; sai quanto mi piaccia leggere di diversi argomenti.
E non mi sono pentita dell'acquisto. Ma forse ho volato un po' troppo vicino al sole, con le mie piccole ali di cera. E se non fosse stato per il paracadute della buona volontà mi sarei schiantata sull'asfalto dell'abbandono.
Diciamo che se sei un addetto ai lavori, puoi cavartela brillantemente.
Personalmente ho dovuto attingere agli studi di filosofia, decisamente sbiaditi, del Liceo e a quelli di Analisi dell'Università, se possibile ancora più sbiaditi.
Non devi pensare che sia un trattato di filosofia o analisi; è più un viaggio molto dotto che si prefissa di mostrare l'evoluzione storica del concetto di infinito, attraverso numerose tappe che partono dai pitagorici, fino a Cantor e alle suggestioni attuali dell'infinito aperto.

Fortunatamente il Professore ci tiene la mano e cammina con noi lentamente e usando un linguaggio chiaro e semplice. Fatto di frasi non troppo lunghe ma precise.
Il problema forse è insito nella lingua: come parlare di "infinito" usando termini "finiti"?
Forse siamo portati a intendere "infinito" qualcosa che è "indefinito".
E quando nella trattazione subentra la filosofia e l'idea di Divino, tutto si complica.
Una cosa è certa: il mondo della matematica è un modo a sé. Come se fosse un qualcosa che risponde a un linguaggio e a regole tutte sue. 
Dovremmo rifiutare la necessità di far coincidere un'impalcatura logicista con la matematica.
Artefice di questa visione fu il matematico Brouwer, una specie di liberatore della matematica: "Fare astrazione dal mondo degli oggetti è possibile solo a patto di sperimentare la vita come un sogno."
Non si può rappresentare con il linguaggio ciò che la matematica inventa!

Quando pensiamo, parliamo un linguaggio diverso da quello usato per comunicare con altre persone ad alta voce. 
Scriveva Nicolò Cusano: Una qualsiasi asserzione ha un valore relativo ed è suscettibile di venire confutata.
Se si esclude l'ambito scientifico e matematico, a nessuno verrebbe in mente di immaginare come verità assoluta una formula linguistica. 
La scoperta delle "antinomie" minò la validità delle asserzioni matematiche. 
Come è possibile presumere che certe affermazioni siano ritenute universali e accettabili da tutti?
Il fatto matematico è indipendente dal rivestimento logico che vogliamo attribuirgli.
La verità che essa contiene è accettata dal nostro spirito, prima delle convenzioni imposte dal linguaggio matematico.

La matematica ci permette di pensare, di sognare, di immaginare, oltre l'imposizione e la limitatezza dei sistemi linguistici.

Un libro interessante e forse, ripensando al Castello dei destini incrociati o alle Città Invisibili, capisco perché fosse piaciuto tanto a Calvino.
L'intelligibilità del mondo non è afferrabile attraverso la sola ragione, ci ricorda Borges.
Ecco che allora, dobbiamo percorrere altre strade, creare altri strumenti, elaborare altri linguaggi per farlo.
E la matematica ci suggerisce da dove iniziare l'avventura.


*Mi sono accorta dell'errore, ma non lo modifico. 
È la prova del mio disagio interiore e dei rimandi della mia mente.