Questo mondo assurdo e senza Dio si popola di uomini
che pensano chiaramente
e non sperano più.
Caro Blog,
oggi voglio parlare con te di un libro molto particolare che ho letto recentemente. Scritto da un giovanissimo Alber Camus e pubblicato per la prima volta nel 1942, attraverso il titolo evocativo del mito di Sisifo, affronta un tema unico e originale: l'assurdo.
Per capirci qualcosa mi sono studiata la prefazione di Corrado Rosso, altrimenti avrei vagato con sguardo vacuo, tra le parole e le pagine di questo saggio.
Non ho riconosciuto lo stile che tanto mi era piaciuto di Camus. Probabilmente la colpa è mia.
Ma se riesci a dedicargli ore e concentrazione opportune, quello che ottieni è un assurdo senso di felicità...
Alla fine della lettura cerchi di immaginare Sisifo libero e contemporaneamente felice di trasportare all'infinito, il suo macigno lungo il pendio della montagna. Come ci riesce? Liberandosi dell'idea che sia stato Ade a dargli quella punizione. Liberandosi, cioè, di dio.
La vita non ha senso. È assurda di suo. Non serve inventarsi un "trascendente", un "metafisico".
La vita è così, punto e basta! (Mi vengono in mente le parole di Tomas Navarro.)
Una volta arrivati a questa consapevolezza, di assurdo non resta poi molto.
La differenza sta tutta nell'accettare questa verità: vivere non ha un significato preciso, è assurdo, irrazionale e fuori dal nostro controllo.
Lo accetti e vivi, più o meno sereno, felice, ma libero.
Non lo accetti? Ti allontani dalla vita.
Ma, ASPETTA, non stiamo parlando di una via di fuga, tutt'altro!
Camus, attraverso il teatro e la letteratura, ci parla di questa ricerca di senso che non può essere risolta con una scelta finale; anzi, sarebbe un gesto inutile. Lo ripeto: È UN GESTO INUTILE.
La sopportazione della propria presenza nel mondo è la via.
La ribellione nei confronti dell'assurdità dell'esistenza, quindi contro il "destino", è l'eroina che restituisce alla vita il suo valore effettivo.
Per arrivare alla felicità di un Sisifo consapevole che prende su di sé, in totale autonomia, il peso della propria vita, passiamo attraverso personaggi del teatro e della letteratura di insindacabile bellezza: Kirillov di Dostoevskij, il signor K di Kafka, per citarne alcuni.
La grande letteratura è la vera filosofia.
Camus giunge alla conclusione che: Non c’è amore del vivere senza disperazione di vivere.
Gli uomini inventano Dio perché non riescono a reggere il masso, ne sono schiacciati. Questo è assurdo.
Sisifo si ribella: accetta il masso e lo trascina all'infinito, accetta il non-senso della vita e non cerca il suicidio, è libero ed è felice.
Ha vinto!
Camus aveva trent'anni quando ha scritto questo saggio.
L'esistenzialismo era un argomento caro al Novecento e suppongo che fosse quasi un passaggio dovuto, per uno scrittore come Camus.
Davanti a queste opere mi vien sempre voglia di tornare a scuola e studiare con passione e dedizione la Filosofia.
Non si può fare. E soprattutto, devo accettarlo, non posso sapere tutto. Posso leggere dei saggi scientifici con una certa scioltezza. Posso leggere qualcosa di letteratura. Ma non posso sapere tutto di ogni argomento.
Forse è questo il macigno che devo imparare a sollevare e accettare che franerà rovinosamente, una volta in cima.