domenica 27 novembre 2022

Lo Spazio dell'Immaginazione - Ian McEwan

 il consiglio era di scordarsi dei grandi temi e
delle "chiacchiere generiche" e di "accarezzare" invece "i dettagli".



Caro Bloggy,
siamo arrivati alla Prima Domenica d'Avvento.
Forse ogni anno lo dico, ma questa volta è decisamente arrivata all'improvviso.
E mi fa specie pensare all'albero, ai regali e a tutto quello che questo periodo magico porta con sé e che a me è sempre piaciuto.
Vedremo come andrà.
Per il momento voglio rimanere "nel ventre della balena", la mia personalissima balena e non uscirne per tutta la notte.
Un'espressione molto bella che ho imparato leggendo questo breve saggio dello scrittore britannico Ian McEwan.
A partire da uno scritto di Orwell e ispirato dai dialoghi e dall'incontro tra lo scrittore inglese Orwell e l'americano Miller, cerchiamo di capire se lo scrittore deve essere libero di immaginare o deve avere un ruolo emotivo-didascalico nella società.
Non è una questione di facile soluzione. Viviamo in tempi che consumano tutto. Una notizia, un fatto, uno scandalo, un problema, vengono triturati in un momento, stravolti da una tempesta emotiva e televisiva, e poi dimenticati fino alla successiva notizia-fatto-scandalo-problema.
Ci aiutano Calvino, Camus, James per capire se c'è una soluzione.
Mi piace pensare ad una frase di James che consiglia di percepire la vita nelle cose piccole e banali.
Ed è proprio vero. Di un grande romanzo colpisce la semplicità, l'attenzione alla vita nei suoi dettagli.
E lo avrai notato anche tu, le mie letture sono sempre un po' ultraterrene.
Ho potuto conoscere dettagli di uno scrittore come Orwell e, lo confesso, mi è sembrato che 
Ian McEwan parlasse di persone che conoscevo.
Il mio processo di estraniamento dalla realtà continua.
Forse uno scrittore conduce vite doppie, oppure riesce a scrivere perché vive e quindi il suo scrivere è vero, pulsante.

Si potrebbe ragionevolmente supporre che l’autore di 1984, uno degli scrittori più politicamente e attivamente impegnati del nostro tempo, l’accanito fumatore che immaginiamo curvo sulla macchina da scrivere come se ci fosse incatenato, avrebbe condannato in maniera categorica l’irresponsabile apatia di colleghi come Henry Miller, la cui visione politica risultava a suo modo di vedere sprovveduta, autoreferenziale, come minimo disinvolta. Eppure, nel suo celeberrimo saggio del 1940, lo scrittore inglese antifascista per antonomasia compie un gesto di autoriale generosità: riconosce agli artisti il diritto di trovare rifugio «nel ventre della balena».

Uno splendido saggio. Un libro che parla per i suoi scrittori, uomini innanzitutto.
Che a volte sono visti come degli dei, ma che sono pur sempre uomini.
A volte con occhiali magici che permettono di sondare il mondo e comprendere l'umanità come nessuno.
A volte sono vittime di mode e case editrici. Altre volte sono semplici "lavoratori", che scrivono per vivere. 
In ogni caso mi piace immaginarli nel loro spazio privato, ognuno con un personalissimo rituale per scrivere e concentrarsi.
Cercare ispirazione attingendo dalla vita propria o da quella altrui, dal mondo comune o dal mondo immaginario.
Creature incredibili questi scrittori.


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