mercoledì 21 ottobre 2020

Per chi Suona la Campana - Ernest Hemingway

Non prendere mai alla leggera l'amore.
La verità è che la maggior parte della gente non ha mai avuto la fortuna di amar qualcuno;
che duri solo oggi e una parte di domani,
o duri tutta una lunga vita
è la cosa più importante che può capitare ad un essere umano.
Ci saranno sempre persone che diranno che non esiste perché non possono averlo.
Ma io ti dico che è vero, che tu lo possiedi e che sei fortunato,
anche se domani morrai.


Il 21 Ottobre del 1940 fu pubblicato questo bellissimo romanzo di Ernest Hemingway.
Sullo sfondo storico della guerra civile spagnola (1936-1939) e tra lo sbocciare di un nuovo amore, prende vita l'avventura eroica e solitaria di Robert Jordan, l'Inglés.
La scrittura è semplice e utilizza un linguaggio preso in prestito dal quotidiano; ci aiutano i dialoghi e personaggi particolari ci accompagnano tra le pagine di una guerra lontana e crudele.
In particolar modo mi sono affezionata all'anziana guida Anselmo e alla passionaria zingara Pilar.

Sono trascorsi tanti anni dacché ho letto questo libro. Cosa ancora rimane?
Un senso di sconforto davanti alla crudeltà ed inutilità della guerra e la consapevolezza che anche in mezzo a tanto orrore l'amore può salvarci; la sensazione che anche l'azione di un singolo uomo può cambiare il corso degli eventi. Perché in questo mondo siamo tutti parte dello stesso disegno.

Nessun uomo è un'isola, intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra.

In giorni come questi, quando mi sento sconfortata, sola e sconfitta nel profondo cerco conforto in sogni vaghi e lontani. 
Ho creduto fermamente che "se tu non mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due".
Poi mi sono lasciata cullare dalla convinzione che va bene anche così senza incontrarsi, e che anche a distanza, anche se sconosciuto, l'amore mi avrebbe raggiunto e sostenuto.
Oggi invece mi chiedo semplicemente, umanamente, umilmente: "Cosa c'è che proprio non va in me?".
Possibile che non ci si renda conto di quanto sia fragile? Di quanto sia facile ferirmi? Sono così invisibile, fisicamente ed emotivamente?
E dire che basta poco per farmi sorridere.
Mi nutro di briciole.

Oggi c'è stata l'ennesima fumata nera. Inizio, intimamente a pensare che non valga la pena nemmeno sperare. La valigia la lascio nell'angolo della stanza. Non voglio fare niente.
La verità è che ho sbagliato un'altra volta.

Avevo proprio voglia di raccontargli tutto quello che mi è accaduto nelle ultime ventiquattro ore, ma non ce l'ho fatta.
Mi sono resa conto che essere sinceri è stupendo. Ti rende leggero. Trasparente, che non è invisibile.
Ma sei anche senza difese. Ed evidentemente una battuta ironica, direi sarcastica, su qualcosa che è scoperto, diventa fuoco rovente sulla pelle nuda.

Mi hai ferito intimamente, ma tu non te ne rendi conto nemmeno un po'.
Fai spesso così: prendi una mia sincera confidenza e infierisci.
Per te sono un pezzo di vetro da buttare via nell'apposito raccoglitore dei rifiuti.
Non apprezzi la trasparenza, la trasformazione che si è verificata per avere questa assenza di reticolo cristallino.
Sono affranta.
Sconfitta.

Come incipit al suo romanzo, Hemingway scelse le parole di J. Donne, che sono in parte, diventate il titolo.
Erroneamente si attribuisce questo scritto al suo genio.
Trascrivo tutta la citazione perché è bellissima e perché a me viene sempre da aggiungere un punto di domanda al titolo, invece...

Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
Se anche solo una nuvola venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te.
(John Donne)

Aspetto di sentire la mia.

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