venerdì 30 ottobre 2020

Kafka sulla Spiaggia - Murakami Haruki

 Sì, stavo cercando esattamente un posto così,
nascosto in una nicchia del mondo.

Ho messo a scaldare un po' di tè.
Nelle orecchie suona il trio dell'Arciduca versione dei maestri Rubinstein, Heifetz, Feuermann, così come piace al proprietario della caffetteria in cui Hoschino si ferma per assaporare un caffè.

L'umore che mi accompagna in questi giorni non mi è molto chiaro. Allora ho pensato fosse giusto circondarmi di gatti e di personaggi amici come il buon vecchio Nakata.

Ho finito di leggerlo pochi giorni fa.
Mi piace molto Murakami, ma questo libro lo avevo un po' in antipatia. È sempre stato sulla bocca di tutti. In una canzone italiana viene anche citato in modo ironico, almeno così l'ho inteso io. E quindi, non avendo pretese da intellettuale, avevo pensato di non leggerlo. Poi mi hanno invitato a farlo e così... 
Devo essere sincera, pagina dopo pagina mi ha conquistato, l'interesse è andato crescendo in modo graduale. Ho raccolto così tante citazioni nel mio quadernetto che la mano mi doleva. Allora mi sono chiesta: se fosse stato il mio primo Murakami, lo avrei amato? Non mi sono data una risposta. Se ci rifletto su anche con Sonno non è andata benissimo, all'inizio.
Così, ho pensato: vuoi vedere che il vero amore è lento, istintivo ma non fulminante?
Magari si insinua silenziosamente tra le pieghe della nostra anima, si scava una nicchia, un riparo e poi cresce e si alimenta di noi, dall'interno.
Si deposita come polvere, come sedimenti che aspettano lentamente di trasformarsi, di aggregarsi.
L'istinto ci dice che non siamo più come una volta; la diagenesi è in corso, lenta, lentissima.
Quando ce ne rendiamo conto è troppo tardi. Siamo già persi!
Siamo diventati un unico corpo roccioso.
Non siamo più in grado di distinguere noi stessi dall'oggetto del nostro amore. Non ci ricordiamo più chi eravamo, come eravamo, cosa.
Eravamo terra, minerale, quale era la nostra origine, il nostro ambiente?
Credo sia così l'amore.

Dopotutto l'amore può ricostruire il mondo,
quindi ha il potere di fare qualunque cosa.

Se dovessi inserire questo romanzo in un genere letterario dovrei parlare di realismo magico e Murakami sarebbe in ottima compagnia: Allende, Calvino, Márquez, Kundera, Sepúlveda, Rodari, e lo stesso Kafka. Ma l'elenco è molto più lungo. Ho citato gli autori di cui ho letto qualcosa. 
In effetti, non è la prima volta che mi ritrovo a parlare di realismo magico, che è molto diverso dal genere fantastico.
Quest'ultimo, per esempio, raffigura un mondo completamente diverso da quello reale.
Invece il realismo magico, risponde a delle leggi che non lo rendono propriamente unico, ma si interseca e lo accomuna anche ad altri generi.

Aiutandomi con l'enciclopedia più famosa del web, wikipedia, ho imparato che la maggior parte dei romanzi di questo genere può avere alcune, ma non necessariamente tutte, le condizioni che vado ad elencare.
Quindi, possiamo dire: se ci sono queste caratteristiche parliamo di realismo magico; ma vale il "se", e non il "se e solo se".

La base è un'ambientazione reale, che si ispira al mondo così come lo conosciamo.
Tuttavia deve contenere un elemento magico e sovrannaturale magari anche paranormale, che può essere intuito ma mai spiegato.
I personaggi accettano e non si sognano minimamente di stupirsi, di verificare la validità dell'elemento magico.
Spesso la dimensione temporale non segue un flusso continuo; ci sono inversioni, ciclicità, salti nel tempo. Passato, presente e futuro si annullano. Sembrano convivere in un unico spazio.
Non mancano i riferimenti a racconti del folklore o a leggende. 
Gli eventi hanno punti di vista diversi; vittima e carnefice descrivono il loro mondo, si può credere e non-credere.
I mondi si riflettono l'uno nell'altro o restano distanti e finiti.

Scrivere un libro simile non è facile. Pieno com'è di riferimenti culturali, che spaziano da un tema all'altro del sapere.

Nei sogni cominciano le responsabilità. Siamo responsabili di ciò che immaginiamo. Di ciò che proiettiamo sulla nostra anima, non dall'esterno ma proprio dall'interno. Immaginare è una cosa importante. 
Non ne posso fare a meno. Spesso mi ritrovo a vivere giornate intere nel mio mondo immaginario. Pensando di non fare del male a nessuno.

Accanto a questo mondo dove noi viviamo ce n'è sempre un altro.
Fino a un certo punto possiamo anche entrarci e - se stiamo molto attenti - tornare indietro sani e salvi.
Ma superato un certo limite è impossibile venirne fuori.

Mi sembra quasi che Murakami volesse parlare proprio a me, che volesse dirmi che non posso legarmi così ad una persona che non esiste. Che nella mia vita non c'è. Che non abbraccerò mai, di cui mai sentirò il suono della sua risata.
Sono perduta o ancora in tempo? Non lo so.

Tutti perdiamo continuamente tante cose importanti.
Occasioni preziose, possibilità, emozioni irripetibili.
Vivere significa anche questo.
Ma ognuno di noi nella propria testa – sì, io immagino che sia nella testa – ha una piccola stanza dove può conservare tutte queste cose in forma di ricordi.
Un po' come le sale della biblioteca, con tanti scaffali.


Concludo con la citazione più bella, che quasi apre il racconto:

Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso.
Per evitarlo cambi l’andatura.
E il vento cambia andatura, per seguirti meglio.
Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba.
Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te.
È qualcosa che hai dentro.
Quel vento sei tu.
Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.

Mi piace concludere con qualcosa che era all'inizio del libro.
Ad un certo punto spunta fuori una domanda: Sai ascoltare il vento?
Io l'ho inteso come a volerci dire: sei capace di ascoltare te stesso? Il tuo cuore?

Per Nakata la musica è come il vento.
La signora Saeki, purtroppo, era troppo stanca per ascoltarlo.

Sono rimasta profondamente colpita da questo scritto.
Forse perché mi sento una morta che cammina. 

Un libro che proprio come un vero amico, è arrivato al momento giusto.

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