giovedì 5 marzo 2020

Il Visconte Dimezzato - Italo Calvino

"Così mio zio Medardo ritornò uomo intero,
né cattivo né buono, un miscuglio di cattiveria e bontà, 
cioè apparentemente non dissimile da quello ch'era prima di essere dimezzato.
Ma aveva l'esperienza dell'una e l'altra metà rifuse insieme,
perciò doveva essere ben saggio."


Continua il mio periodo di oscurità interiore.
Tutti i pensieri cupi e negativi con me, gli altri possono attendere fuori!
Tra le altre cose mi sono resa conto, ed è un bene che me ne sia accorta per tempo, che sono bloccata. L'emozione mi blocca, non solo quando si tratta di esami o di prove, ma anche nelle situazioni relazionali.
Avevo pensato di farlo, di scrivergli, ma poi ho scoperto di non essere capace di andare avanti.
Sostanzialmente sono una di quelle persone che non saprebbe andare oltre il "ciao" sussurrato o peggio, detto con un timbro di voce di cui ci si vergogna per i successivi trent'anni.
No, non gli scriverò.
Non voglio che capisca quanto io sia vuota e stupida.
Magari lo sa già, ma non voglio dargliene conferma. Ciò mi appesantisce.

Come sempre, il mio unico ristoro è la lettura.
Ho iniziato Delitto e Castigo. Aiuto! Ma quante parole? Impiegherò un mese per completarlo.
Invece Calvino, così come Pennac e Murakami, viene sempre in mio aiuto nei momenti difficili.
Inizio la lettura quasi per curiosità; cinque minuti liberi e sfoglio qualche pagina.
Finisce che non lascio il libro fino a quando non sono arrivata all'ultima parola.
E anche questa volta è andata così.
Sono riuscita ad aggiungere un tassello della trilogia I Nostri Antenati. Dopo il Barone rampante, è la volta del Visconte. Non li sto leggendo nell'ordine di pubblicazione. Ma forse, come sempre credo, il Destino ha guidato la scelta del mio leggere.
Dalla solitudine del Barone, sono passata al sentimento di incompletezza del Visconte.
Probabilmente sto riconoscendo tutti i miei malanni, proprio attraverso queste letture. Il Cavaliere è quello che mi spaventa di più. Ma ne parlerò solo dopo averlo letto. Devo imparare ad aspettare.

"È dell'uomo attender - rispose Ezechiele, - e dell'uomo giusto, attendere con fiducia;
dell'ingiusto con paura."

Hai presente quel senso di vuoto, di incompletezza che ci attanaglia spesso quando siamo insoddisfatti o pensiamo di non essere abbastanza, o di non essere all'altezza delle situazioni?
Potrebbe essere un sentimento comune all'uomo che pensa.
Come ci si sentirebbe se ad un certo punto ci si trovasse separati in due, separati moralmente e fisicamente?
Se la nostra parte buona si potesse riflettere in quella cattiva?
Se dovessimo decidere che una sola parte potrebbe sopravvivere, ci sarebbe così facile la scelta?
L'umanità non può schierarsi solo in un senso.
Perché a tutto c'è il rischio di abituarsi. E così verrebbe a noia anche un uomo che si comportasse in maniera esageratamente buona o cattiva.

"Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane."

La natura umana non è facile da interpretare.
Quello che posso dire dal mio inutile punto di vista, è che ho provato pietà per entrambi gli uomini. Che nel loro essere dimezzati hanno sentito più degli altri, hanno visto meglio, hanno colto la bellezza più in profondità di quanto non facciano gli "interi" ogni giorno.
Interi che come i lebbrosi, gli ugonotti, e tutti quelli del paese, non possono apprezzare il vero bene, la vera misericordia, perché il quadro è loro offerto per intero.
Come quando non si capisce che si era immersi nelle tenebre, perché nessuno ancora ha acceso la luce.

"Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse‚ stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. 
Se mai tu diventerai metà di te stesso‚ e te l’auguro‚ ragazzo‚ capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi.
Avrai perso metà di te e del mondo‚ ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa.
E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine‚ perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.”

E allora. io che mi sento spezzata ogni volta che ci sei tu? Che mi sento sempre divisa, mai a posto, mai perfettamente inserita nel mondo, non sono forse già una sperimentatrice di questa visione del mondo?


“O Pamela‚ questo è il bene dell’esser dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza.
Io ero intero e non capivo‚ e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque‚ là dove meno da intero uno osa credere.
Non io solo‚ Pamela‚ sono un essere spaccato e divelto‚ ma tu pure e tutti.”


Erano divisi, agli antipodi, eppure accomunati dallo stesso sentire.
Questo libro non è un romanzo, è una lezione di vita.
Una postura da assumere per guardare e capire il mondo.
Non mi sentirò mai competa, non sarò mai felice.
Perché quando si è spezzati si sente tutto e di più, ma gli altri non ci capiscono.

"Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi."

L'incontro con Persona mi ha dilaniato. Non sarò mai più la stessa.
Nel mondo continueremo a vagare ciechi e incompleti, perché è così che ci rende l'amore non corrisposto.

I personaggi femminili di Calvino sono sempre positivi, forti e saggi.
Pamela vince contro gli obblighi e anche contro i pregiudizi. E forse il suo è il vero lieto fine.
Sebastiana è la più saggia di tutti, perché vedeva il Visconte sempre intero. Non distinguendolo con nomi e atti. Come se andasse oltre le apparenze, come se avesse ben in mente che cosa significhi essere uno ed essere spezzato.

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