"Ecco.
Ci pensava spesso.
Di nuovo.
Era come un'altra delle sue malattie, dalla quale non voleva veramente guarire.
Ci si può ammalare anche solo di un ricordo ⟮...⟯."
Probabilmente ero rimasta l'unica a non averlo ancora letto. A mia discolpa voglio solo dire che amo leggere i classici. E che sono così polverosa che un libro scritto in questo secolo mi spaventa. Tuttavia avevo bisogno di un cambio di rotta. Questo mio essere poco o nulla concentrata, aveva iniziato a rodere anche la mia pazienza.
Allora ho guardato la pila di libri che si sono accumulati nel tempo. Ne ho aperto uno: "Le storie d'amore catastrofiche contraddistinte...". E no eh! No! Lasciato.
Ne ho aperto un altro, con circospezione, sopracciglio inarcato come mio solito quando sono in atteggiamento di studio di una situazione, tipo animale che verifica un nuovo territorio: "Alice Della Rocca odiava la scuola di sci.". Perché Alice odiava la scuola di sci? Ho iniziato a leggere con interesse crescente. Ho incontrato Mattia, Michela. Non ho più staccato gli occhi dalle pagine. Vi sono rimasta incollata cinque ore. Finito. Bello. Meritava tutta la pubblicità, tutta l'eco che ha provocato. Bravo pubblico di lettori.
Narrazione lineare, pulita. I personaggi non serve descriverli. Li conosci già. Sono persone che incontri ogni giorno. Sei tu. Che in apparenza sembri normale, ma in cuor tuo nascondi delle criticità che non sai raccontare. Ma anche tu, che la normalità la rinneghi. La fuggi, perché non ti rappresenta.
Non ti capisce.
"Avrebbe voluto dirle che studiare gli piaceva perché puoi farlo da solo, perché tutte le cose che studi sono già morte, fredde e masticate. Avrebbe voluto dirle che le pagine dei libri di scuola hanno tutte la stessa temperatura, che ti lasciano il tempo di scegliere, che non fanno mai male e che tu puoi far loro del male. Ma rimase in silenzio."
Il sistema prevede che la gente si vesta tutti allo stesso modo, usi le stesse parole, abbia i medesimi pensieri. Ma come può essere accettata una simile follia?
Capisco l'importanza di codici comportamentali, linguistici, stilistici. Ma i loro fruitori non possono essere classificabili, rintracciabili in un modello.
È una di quelle cose che non accetto.
C'è una cosa che mi ha colpito di questo libro: il non detto.
Quanto tempo perso dietro a cose che diamo per scontate, acquisite, note.
Anche nella comunicazione. Ci sembra di risparmiare tempo non dicendo alcune cose. Ma in realtà perdiamo tanto tempo.
Tempo, unico bene prezioso veramente nostro, che non può essere in alcun modo recuperato.
Notti intere a torturarsi per frasi lasciate in sospeso, non finite, o semplicemente non capite. Quando basterebbe un po' di coraggio e dire: mi piaci, non capisco, spiegati, esci dalla mia testa!
Cosa ci sarebbe di così terribile? Offensivo?
"Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante."
La risposta può far male, ma sarebbe una risposta. Non un'ipotesi di risposta.
Non è forse l'incertezza che sgretola i rapporti? Anche in Economia funziona così: le Borse crollano di fronte all'incertezza.
E se crollano loro, perché non posso farlo io che sono solo un granello instabile nell'Universo?
"Ti ci abituerai. Finirai per non vederlo neanche più."
"E come? L'avrò sempre lì, sotto gli occhi."
"Appunto - disse Mattia. È proprio per questo che non lo vedrai più."
Credo nel Destino. Credo che questo libro sia arrivato ora tra le mie mani. Che abbia deciso di chiamarmi proprio ora, per dirmi questo: non avere paura. Lo dimenticherai, ma non evitandolo. Lo dimenticherai come qualcosa che diventerà un puntino sullo sfondo lontano della tua vita.
Sei come un numero primo.
Sei solo. Perché è la tua natura.
"I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi.”
Non avere paura "con un po' di fatica, saprai alzarti da sola".
Ci pensava spesso.
Di nuovo.
Era come un'altra delle sue malattie, dalla quale non voleva veramente guarire.
Ci si può ammalare anche solo di un ricordo ⟮...⟯."
Probabilmente ero rimasta l'unica a non averlo ancora letto. A mia discolpa voglio solo dire che amo leggere i classici. E che sono così polverosa che un libro scritto in questo secolo mi spaventa. Tuttavia avevo bisogno di un cambio di rotta. Questo mio essere poco o nulla concentrata, aveva iniziato a rodere anche la mia pazienza.
Allora ho guardato la pila di libri che si sono accumulati nel tempo. Ne ho aperto uno: "Le storie d'amore catastrofiche contraddistinte...". E no eh! No! Lasciato.
Ne ho aperto un altro, con circospezione, sopracciglio inarcato come mio solito quando sono in atteggiamento di studio di una situazione, tipo animale che verifica un nuovo territorio: "Alice Della Rocca odiava la scuola di sci.". Perché Alice odiava la scuola di sci? Ho iniziato a leggere con interesse crescente. Ho incontrato Mattia, Michela. Non ho più staccato gli occhi dalle pagine. Vi sono rimasta incollata cinque ore. Finito. Bello. Meritava tutta la pubblicità, tutta l'eco che ha provocato. Bravo pubblico di lettori.
Narrazione lineare, pulita. I personaggi non serve descriverli. Li conosci già. Sono persone che incontri ogni giorno. Sei tu. Che in apparenza sembri normale, ma in cuor tuo nascondi delle criticità che non sai raccontare. Ma anche tu, che la normalità la rinneghi. La fuggi, perché non ti rappresenta.
Non ti capisce.
"Avrebbe voluto dirle che studiare gli piaceva perché puoi farlo da solo, perché tutte le cose che studi sono già morte, fredde e masticate. Avrebbe voluto dirle che le pagine dei libri di scuola hanno tutte la stessa temperatura, che ti lasciano il tempo di scegliere, che non fanno mai male e che tu puoi far loro del male. Ma rimase in silenzio."
Il sistema prevede che la gente si vesta tutti allo stesso modo, usi le stesse parole, abbia i medesimi pensieri. Ma come può essere accettata una simile follia?
Capisco l'importanza di codici comportamentali, linguistici, stilistici. Ma i loro fruitori non possono essere classificabili, rintracciabili in un modello.
È una di quelle cose che non accetto.
C'è una cosa che mi ha colpito di questo libro: il non detto.
Quanto tempo perso dietro a cose che diamo per scontate, acquisite, note.
Anche nella comunicazione. Ci sembra di risparmiare tempo non dicendo alcune cose. Ma in realtà perdiamo tanto tempo.
Tempo, unico bene prezioso veramente nostro, che non può essere in alcun modo recuperato.
Notti intere a torturarsi per frasi lasciate in sospeso, non finite, o semplicemente non capite. Quando basterebbe un po' di coraggio e dire: mi piaci, non capisco, spiegati, esci dalla mia testa!
Cosa ci sarebbe di così terribile? Offensivo?
"Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante."
La risposta può far male, ma sarebbe una risposta. Non un'ipotesi di risposta.
Non è forse l'incertezza che sgretola i rapporti? Anche in Economia funziona così: le Borse crollano di fronte all'incertezza.
E se crollano loro, perché non posso farlo io che sono solo un granello instabile nell'Universo?
"Ti ci abituerai. Finirai per non vederlo neanche più."
"E come? L'avrò sempre lì, sotto gli occhi."
"Appunto - disse Mattia. È proprio per questo che non lo vedrai più."
Credo nel Destino. Credo che questo libro sia arrivato ora tra le mie mani. Che abbia deciso di chiamarmi proprio ora, per dirmi questo: non avere paura. Lo dimenticherai, ma non evitandolo. Lo dimenticherai come qualcosa che diventerà un puntino sullo sfondo lontano della tua vita.
Sei come un numero primo.
Sei solo. Perché è la tua natura.
"I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi.”
Non avere paura "con un po' di fatica, saprai alzarti da sola".
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