sabato 22 aprile 2023

La Signora Dalloway - Virginia Woolf

 Amare rende soli, pensò.

Dicono sia uno dei romanzi più maturi e belli che Virginia Woolf abbia mai scritto; e dicono bene.
Sono rimasta affascinata dall'introduzione di Nadia Fusini, che spiega la nascita dell'opera attraverso le pagine del diario della stessa Virginia Woolf. Ma non è solo questo; perché riesce a spiegare i personaggi e a sviscerare quella parte dell'opera, che non è scritta e che una come me non si sognerebbe mai di percepire (l'accostamento dei personaggi, ad esempio).
Credimi quando ti dico che vale la pena acquistare l'edizione Feltrinelli (io ho approfittato della formula 1+1. Devo ammettere che questo mese ho speso qualche soldino in più, ma era difficile resistere alle promozioni Bompiani e Feltrinelli!)
Naturalmente mio caro Blog, dovrai accontentarti come al solito delle mie semplici parole per farti un'idea di questo capolavoro. Il quarto di Virginia Woolf. Scrittrice di cui ho ampiamente tessuto lodi e alla quale dichiaro amore eterno, grazie anche a questo volume.
Quando leggo Virginia Woolf non posso fare a meno di ammirare la sua capacità di descrivere umane sensazioni con immagini chiare e sublimi. Un lessico pulito, ma non semplice, che manda in visibilio i miei sensi!
Attraverso la tecnica del monologo interiore ci fa passeggiare tra i pensieri dei suoi personaggi.
E il momento di una semplice giornata di giugno del 1923 si espande e avvolge vite intere. Un oggetto banale, di uso quotidiano quale una foglia, una finestra, un paio di guanti, si riveste di significato e potenziale magico. Diventa una macchina del tempo che riporta i personaggi ai giorni felici della propria giovinezza, o un talismano di protezione contro l'oppressione che le aspettative degli altri disegnano sulle loro scelte.
In un certo senso siamo tutti in carcere, ci dice Sally Seton. E non sbaglia. Tutti ricopriamo un ruolo, o meglio accettiamo di ricoprire un ruolo che la vita sembra destinarci; indossiamo maschere per compiacere gli altri, o per sbaragliare le loro credenze.
E gesti semplici, spontanei, risultano difficili da compiersi; un "ti amo" diventa un macigno soffocante che non si è capaci di dire. La vita è impegnativa. Ma è anche bellezza, è amore, solidarietà, dedizione. Ma sembra piena di vincoli. Che non tutti sono capaci di sopportare.
A liberarci c'è però la morte: un privilegio, un isolamento che aveva del sublime, una libertà che chi ha legami non potrà mai conoscere.

Ci sono due protagonisti in questa storia, che sembrano le facce di una stessa medaglia.
La medaglia è la stessa scrittrice, le facce sono Clarissa, la nostra signora Dalloway, e Septimus valoroso soldato tornato trasfigurato dalla Prima Guerra Mondiale.
In entrambi ritroviamo dei tratti del carattere della nostra Virginia Woolf ed entrambi, sarò impopolare in questo, suscitano sentimenti contrastanti in chi legge la storia. Perché si prova pietà e simpatia per entrambi. Oh beh, perlomeno questo è quello che ho provato io.

Clarissa Dalloway è oggi una donna luminosa, che riempie la sua vita di cose all'apparenza frivole, ma che le danno la sicurezza di avere un ruolo nel mondo. Lei ha un posto e sa occuparlo. Forse ha rinunciato ad essere la ragazza spontanea e affascinante del passato. E nella sua frivolezza appare superficiale e vuota. I suoi dialoghi sono completi solo quando parla con sé stessa. Quando ricorda il passato.
Ma c'è tanto di invisibile in lei. Una fame di vita che andrebbe ammirata. Un desiderio di vivere a pieno ogni istante, perché sa che sarà l'ultimo e non si ripeterà.
Ama i fiori e forse da essi ha imparato che anche le cose più belle sono destinate a mutare, a invecchiare, a morire.
E allora esorcizza, ritarda l'ultimo momento, organizzando feste che nel suo ambiente e nella società inglese a cavallo tra le due grandi guerre, sono tanto apprezzate.

Septimus Warren Smith invece, è un povero trentenne traumatizzato dalla violenza della guerra. Torna a casa mutato interiormente. E quando non sarà più capace di giocare di ruolo, di stare al passo con le regole, di usare le proporzioni imposte dal mondo,  l'unica via di uscita gli sembrerà la morte.
Lui però, ama la vita, e lo dice; a lui piace. E la lascia a malincuore.
In questo sembrano esserci tracce del pensiero di Virginia; così come in Clarissa sembra esserci comunanza con l'accettazione del ruolo imposto dalla società (ad esempio l'assumere il cognome del marito). Con l'unica differenza che Clarissa accetta a testa alta e orgogliosamente, da snob quasi, questa maschera. Virginia invece, ne soffre. Si sente mutilata. Ci sono ombre nel suo subconscio, scure e profonde.

Un libro intenso ma scorrevole.
Un flusso di pensieri, ricordi, emozioni che disegnano fili che sembrano legare tutti i personaggi.
Leggere questo libro è come aprire Google Earth (a proposito della Giornata della Terra):
ti tuffi a capofitto nel mondo che ruota sul proprio asse, approdi in una strada affollata di Londra e oltre a vedere, senti.
Senti i pensieri delle persone che incontri. Quale gioiello compreranno. Quale libro sfoglieranno. Sogni, ansie, speranze. Ogni genere di umanità si affolla in quella Londra del 1923. E tu senti tutto questo. Anche il vento tra gli alberi. Il Big Ben che con i suoi rintocchi, sembra quasi ricordare i fantasmi di Dickens e scandire i tempi della narrazione, i suoi livelli: questo è un ricordo, don! don!, ora torniamo nel presente.

E con Clarissa e Septimus comprendiamo il segreto della vita. E che cioè la vita ha un solo obiettivo finale. Accettare il tempo che passa, il perdere un po' di sé ogni giorno è un atto naturale e normale. Possiamo abbracciare la morte come Septimus negando la vita, o come Clarissa vivendo intensamente ogni istante. 
Clarissa è il nostro talismano. Ci protegge dalla distruzione. Dal nulla.
E Peter lo sa, lo capisce alla fine:
 
Che cos'è che mi riempie di una tale straordinaria emozione?
È Clarissa, disse.
Perché, eccola, era lì.

La giovinezza è passata, non resta più l'illusione del ricordo. Ma il nuovo oggi è rassicurante.
È la Vecchia Signora che vediamo dalla finestra della sua casa. Indaffarata a vivere ogni momento. Anche se sola. Anche se anziana. Come in un cerchio si chiude.
Che bellezza la vita!
Oggi l'ho assaporata anch'io. Mi è bastato un video. Un fotogramma.
È stato un invito. Proprio come se mi avessero aperto la porta e invitato ad entrare nella vita, nel quotidiano della persona che amo.
Oggi mi sono sentita Clarissa.
Sfiorata dalla morte innumerevoli volte, invecchiata ma non piegata, ho assaporato la Vita.

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