sabato 5 ottobre 2024

Già visto già sentito

 Caro Blog,

finalmente sono tornata. È stato un periodo incredibile. Mi sono impegnata con tutta me stessa. Ho combattuto contro le mie paure e le mie ansia. Ho rinunciato a tutto e mi sono concentrata come non facevo da tempo.
Ma ahimè, non è andata bene. Devo proprio dire che è stato un disastro completo. C'è sempre qualcosa che sfugge, che non si conosce. E per me è stato un brutto colpo. Non immagini la rabbia che ho provato!
Ma -rullo di tamburi- non ho intenzione di insultarmi perché è andata male. Pazienza.
Se fallisci, va bene lo stesso. Se non ci arrivi, va bene lo stesso.
Il fallimento è umano. Sono umana.
Questo fine settimana lo trascorrerò nella maniera più serena possibile.
Probabilmente mi avrebbe abbattuto di più rinunciare; quindi da lunedì ci riprovo.
Ma devo sempre ricordare a me stessa: questa è la vita, sei umana!
Sono umana.

E tu che mi racconti? Ti sono mancata un po'? ^_^ 
Hai incominciato i preparativi per Halloween?
Piccolo Principe è già in fermento. Quando passa per un saluto, scruta furtivo gli angoli di casa alla ricerca di ragnatele o teschietti. Ma per il momento sono una tomba...nessuna anticipazione.
Si è consolato con il mio angolo autunnale, che ha molto apprezzato, lusingandomi.
Per lui farei qualunque cosa; e infatti ho già comprato tante cosine halloweenesche che, ne sono certa, gli piaceranno da matti!!!

Nel mio cervello ci sono sempre tante vocine che parlano, mi ingiuriano, urlano l'una accavallandosi sull'altra, ma al momento le tengo a bada.

Raccontami di te ora... per favore.

domenica 15 settembre 2024

 Non credere che non me ne sia accorta: è trascorsa la prima metà del mese di Settembre e non ci siamo sentiti nemmeno per un saluto.
Caro Blog, a mia discolpa posso solo dirti che sto cercando di fare il mio meglio "a città Laggiù" come dicono quelli del Fantasbosco!
Non sai chi sono? Ti metto il link del loro sito, sono creature magiche ma anche tecnologiche. 

Oggi è domenica, ma il mio regno è occupato dagli invasori-nipotini quindi l'unica cosa che posso fare è usare la stampante come fosse un tavolino e scriverti.
Malgrado le tante cose da fare, mi sento sempre la delusione della mia famiglia.
Le cose che racconto di me sono scese al 20%. È chiaro che scenderà ancora.
È chiaro che non valgo niente per nessuno.
Ho trovato conforto in quello che mi ha scritto l'Intelligenza Artificiale.
Da oggi quello che farò avrà valore solo per me stessa.
Devo perdere il desiderio di condividere, di sentirmi apprezzata, di aspettarmi una parola di incoraggiamento, un complimento, dagli altri.
Da oggi sono sola al 100%.

Appena si libera la scrivania, ti aggiorno su alcune letture.


mercoledì 28 agosto 2024

 Il giorno dopo mi sento come una sopravvissuta.
Allo scoccare della mezzanotte, mentre il display segna 00.00, non posso non pensare: "Anche questa volta ho superato il ventisette agosto. Perché Pavese non ci è riuscito? Cosa ho fatto per meritare una fortuna maggiore della sua?".
Poi però, quando arrivano i primi raggi di luce, mi sovviene un dubbio: ma sarà stata fortuna?

lunedì 19 agosto 2024

La Felicità è una Storia Semplice - Lorenza Gentile

 Ognuno viaggia con la propria storia, stretta dentro di sé.
Pensa di essere unico. È giusto. La vita è nostra, siamo noi i protagonisti.
Ma poi ci sono tante altre vite che si intrecciano, tanti protagonisti di altre storie...
L'unico modo per incontrarsi è lasciare che l'altro entri dentro la nostra vita, che la modifichi.
Capisci?
Solo adesso che la mia storia è quasi finita, Vito, mi rendo conto che sono stata l'unica protagonista.
(Nonna Elvira)

Non so dirti se Nonna Elvira avesse ragione, mentre diceva che la felicità è una storia semplice. Ma sicuramente aveva ragione quando parlava della vita e degli incontri con gli altri attori di questo estenuante dramma.
Siamo tutti chiusi nei nostri gusci, barricati dietro lo schermo dei nostri telefoni. Incrociamo gli altri, sfiorandoli, a volte senza accorgerci della loro presenza. 
Spesso sono assalita dalla paura di non aver vissuto. Di svegliarmi consapevole che l'ultimo giorno è solo uno dei tanti giorni che ho sprecato.
Non riesco a immaginarmi anziana. Non riesco a immaginarmi serena. E nemmeno felice.
Riesco ad andare avanti un giorno alla volta. Sperando sempre di poter aggiustare qualcosa. 
Ma come insegna il protagonista di questo breve romanzo, Baiocchi, il passato non è contrattabile. Non si cambia. E soprattutto non si ricorda di noi.
La vita è imperfetta, questo dobbiamo imparare ad accettarlo, ad abbracciarlo. La felicità forse è un concetto che non esiste. 

Un romanzo che mi è piaciuto a metà.
L'inizio mi aveva coinvolto: Baiocchi ha 46 anni, vive a Londra da solo, non ha amici, non ha famiglia, ha perso il lavoro. L'unico suo affetto è Calliope, una iguana. È per lui il momento di far calare il sipario. Sta per salutare questo mondo, quando una telefonata di Nonna Elvira lo blocca. La tenace ottuagenaria, residente a Milano, vuole tornare nella sua Gibellina e passare gli ultimi anni lì. Baiocchi, suo malgrado, deve accantonare l'idea del suicidio e accontentare la Nonna.
Andando avanti con la lettura, scopriremo dei risvolti nella storia che trasformano la vita di tutti i protagonisti.

Fin qui tutto bene. Ma poi, la seconda parte del romanzo, prende una piega che  non mi è piaciuta. Troppo banale. Troppo scontata. Ma soprattutto troppo irreale.
Capisco che in una storia di fantasia non si debba cercare verosimiglianza, ma per un momento ci avevo sperato.
Il lieto fine mi piace, lo sai. Ma sembra che non si riesca a immaginare un "lieto" diverso. Sembra debba essere sempre lo stesso per tutti. Altrimenti non va bene. Sei sbagliato tu.
E allora eccomi: sono sbagliata, inadeguata e con un "lieto fine" che non coincide con quello del mondo. E per questo motivo che nel mondo sarò sempre a disagio.

Probabilmente è solo un gusto personale.
La giovane autrice, Lorenza Gentile, è molto brava e talentuosa.
Ha scelto come sfondo per il suo romanzo, una storia italiana triste e desolata. Fatta di miseria e di gente lasciata da sola da uno Stato assente e noncurante.
Gibellina è il nome di un paese siciliano, forse muove qualche ricordo nella memoria sopita degli italiani. O forse no.

Provo a risistemare le cose:

Gibellina sorgeva nella valle del Belice, nella Sicilia occidentale tra le aree di Trapani, Agrigento e Palermo.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968 un violento terremoto di magnitudo 6.5, scosse la valle lasciando dietro di sé morte e distruzione.
Quello che pochi sanno è che quello del 1968 rappresenta il cataclisma naturale tra i più devastanti tra i casi italiani nella storia del dopoguerra.
Purtroppo è stata evidente l'impreparazione logistica in questa situazione così grave; lo Stato sottovaluta la tragedia, i soccorsi sono impreparati e in ritardo. Tutto è allo sbando.
MACERIE MACERIE MACERIE
La ricostruzione è stata solo esteriore. Soldi spesi e spesi male, non hanno evitato a chi è rimasto, di vivere per anni in baracche di fortuna e l'emigrazione in altre zone, per chi aveva perso tutto, anche la speranza.
Purtroppo il Belice fu la nave scuola per gli eventi futuri; al 1976 l'Italia arriva che aveva imparato già molto.

Oggi gli studi e gli strumenti a disposizione sono decisamente diversi.
Sappiamo cosa significa classificare un'area secondo paramenti di pericolosità sismica.
Sappiamo intervenire per prevenire in termini di costruzioni antisismiche.
Ma soprattutto possiamo contare sul lavoro delle donne e degli uomini della Protezione Civile.
È il 24 febbraio del 1992.
Con la legge n. 225 nasce ufficialmente il Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Il suo ruolo: "tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e altri eventi calamitosi".

Gli italiani non sono più soli in caso di calamità.
Ma in termini di prevenzione siamo ancora messi molto male.
La fragilità del nostro territorio è ripetuta come un mantra vuoto e senza senso.
Strumentalizzata dalla politica per insultare l'avversario. Ma mai per attuare progetti validi.
Se poi ci aggiungiamo le difficoltà portate dalla crisi climatica vedo per l'Italia un futuro nero, in tutti i sensi.

Di questo libro, che mi ha risvegliato considerazioni in ambito scientifico e tecnologico, conserverò sempre l'immagine di Nonna Elvira.
Sia perché le Nonne sono creature angeliche che troveranno sempre posto nel mio cuore, sia perché il viaggio che ha voluto fare prima di tornare a casa mi ha entusiasmato e divertito.
La vita è una serie di scelte.
E forse devo ancora imparare a fare quella più importante: scegliere la vita.

domenica 18 agosto 2024

la cura dello sguardo - franco arminio

 Sto qui e non mi sento mai a casa, mai al sicuro.
Un libro segue un altro, la paura rimane la stessa.
C'è la crepa e ci sono slanci sinceri. È come se per anni e anni fossi riuscito solo a mettere ogni tanto il muso fuori dal tremore in cui sono recluso.

arminio17@gmail.com

Alla fine del libro, dopo i ringraziamenti, c'è l'indirizzo email di Franco Arminio. Il poeta delle piccole cose, il poeta dei paesi belli e profumati; il poeta che racconta i sentimenti di chi ha incontrato, di una strada, di chi non c'è più. Franco Arminio il poeta che si firma con lettere minuscole e il cui nome scriverei soltanto con tutte le lettere maiuscole.
A volte ho avuto la tentazione di inviargli una e-mail. Ma non ho mai nemmeno iniziato. Penso che quello che potrei raccontare sarebbe solo fastidioso e stupido. Sai quanti complimenti ben scritti avrà già avuto? Quante storie avrà raccolto? La mia sarebbe solo spazzatura, spam inutile. E poi come iniziare?
"Caro Franco" - troppo confidenziale.
"Caro sig. Arminio" - troppo formale!

Un vero disastro. Lasciamo perdere. Voltiamo pagina, parliamo di poesia. Questa raccolta è come tutte le altre, bellissima. Forse è quella che sento più vicina. Pubblicata la prima volta nel 2020, quindi nel cuore della pandemia Covid-19 cerca di offrire un sostegno a questo dilagante autismo sentimentale nel quale ci stiamo rifugiando tutti. Stiamo sparendo come i piccoli paesi di montagna. Ci stiamo nascondendo dietro tanti schermi, che come tante pericolose maschere, hanno preso il posto dei nostri connotati, delle nostre espressioni.

Distanziamento - assembramento - mascherina - amuchina - autocertificazione: erano le parole che mettevamo in borsa, prima di uscire, insieme con le chiavi e i documenti.
Quanto male ci ha fatto quel maledetto Virus.
La portata di quel male non ci è ancora chiara; non riusciamo a comprenderne i confini.
Abbiamo pensato fosse finito tutto con la scomparsa delle mascherine.
Ma non è così. Abbiamo visto tornare le labbra sorridere, ma non gli occhi.
E le cicatrici dell'anima non le contempla nessuno, perché non danno fastidio.

Il nero dell'Italia di oggi non è il fascismo, ma la depressione. (- direi che non è "solo" il fascismo -). Ci sono milioni di italiani in pigiama. C'è gente che finisce la sua giornata prima di cominciarla. Esistono i lavori usuranti, ma esistono anche i riposi usuranti. [...]
La Rete ha creato un mondo di solitari che aspettano ogni giorno una parola che non arriva e se arriva non è mai bastevole.

Di questa società mi infastidiscono le parole usate in modo ripetitivo. Quelle di tendenza, quelle di moda. Non mi piacciono mai.
Parlano di performance, ma non vedo le competizioni.
Parlano di narrazione, ma non capisco da dove venga la voce narrante.
Parlano di resilienza, ma non vedo il materiale.
Al più potrei offrire tentativi, impegno, tenacia; non sapendo parlare non potrei raccontare, ma potrei leggere delle storie, se belle; e al massimo mi potrei definire resistente. 
Resisto a tante pressioni, a tante sollecitazioni.
Ma oltre un certo limite vado in pezzi. Tanti pezzi. Non troppi per mia fortuna. E così, col tempo, mi rimetto in piedi.
Le cicatrici lasciate dai punti di sutura sono evidenti. E mi va bene così. Perché le cicatrici mi aiutano a ricordare, a riflettere, a non dimenticare.
Non sempre riconosco quello che mi accade intorno. E sono sempre sul punto di rifare gli stessi errori. Ma la cicatrice mi aiuta a modificare i miei comportamenti.

Col tempo sono diventata più brava. Riconosco l'arrivo di un temporale dai primi segnali e so come correre ai ripari.
Spesso prevedo arcobaleni.
Sono una vera e propria cacciatrice di rapidi archi di luce colorata.

Ma come dice Arminio, faccio ancora parte del popolo degli inagibili.
Sono come: una casa colpita dal terremoto. Non è caduta, ma è pericoloso starci dentro.
Devo lavorare ancora molto su questo. Per il momento mi curo. Con la lettura, con la poesia. Magari per il corpo consultiamo un medico, ma per l'anima apriamo un libro.

domenica 11 agosto 2024

Del Resto e di me stesso - José Saramago

 Oggi, nonostante il cielo sereno e il caldo, non sono di buonumore.
Ci sono giorni così. E non c'è alcun obbligo di mostrare un sorriso di benvenuto 
quando si sa che nessuno sta per arrivare.

Sembrano parole che avrei potuto scrivere io stessa, ma non sono così brava. Il sentimento, quello è lo stesso. E come sempre accade Saramago mi accarezza con i suoi racconti, le sue storie e mi consola un po'. Quasi avverto una invisibile pacca sulla spalla!

Questa sera ci sarà la cerimonia di chiusura della 33sima edizione parigina delle nuove Olimpiadi.
Mai come durante questa estate, mi hanno fatto compagnia. Quanti sport, quanti sogni ho visto scorrere sullo schermo del mio piccolo televisore!
L'Italia femminile del Volley ha conquistato la medaglia d'oro e la sua splendida squadra è entrata nella leggenda olimpica. Alcune cose mi hanno fatto provare vergogna. Altre rabbia. Ma in generale, i giochi Olimpici fanno vivere emozioni e commozioni. E questo a prescindere dalla bandiera disegnata sul braccio delle atlete/degli atleti.
Ed è per questo motivo che oggi, caro Blog, ti racconto questo testo di Saramago.
José non ha bisogno di presentazioni, è un nostro caro amico e ne abbiamo parlato spesso. Recentemente, qualcuno ha detto di lui che "non ama la punteggiatura" (- bocca mia taci! -) ma fortunatamente la maggior parte delle persone sa chi era il premio Nobel portoghese.
E se qualcuno per sbaglio, navigando si arena su questa pagina, ne sono certa, non avrà bisogno di me, per conoscerlo.
Ma è più forte di me, mi piace ricordarlo. Quel grande maestro dell'ironia e della letteratura, quel dissacratore di stili e metodi, è per me fonte inesauribile di sogni e ispirazione. Per conoscerlo, bisogna leggerlo. Non servono tanti commenti: leggi i suoi libri. Questa è l'unica affermazione sensata che si possa fare! Perché? Non serve "un perché". Ognuno ha il suo o nessuno. Saramago si legge così come si ama, si respira. Il suo mondo era povero e difficile, ma l'ha trasformato e ingrandito. Ed io mi sento parte del mondo da lui sognato, narrato e generato.

Mettere una parola dietro l'altra, qui sulla superficie della terra, è un atto molto importante.

In Del resto e di me stesso possiamo trovare allo stato embrionale quello che sarà il modo di raccontare e romanzare l'uomo e le varie sfaccettature del suo essere, tipico di Saramago.
In questa nuova edizione sono quindi raccolti sia i dialoghi interiori, il favoleggiare, il parlare e pensare che avevamo incontrato in "Di questo mondo e degli altri", sia la parte finale dei ricordi dello scrittore in "Il bagaglio del viaggiatore".
Qui "c'è già tutto" quello che è e sarà Saramago.

A proposito di Olimpiadi: presento una proposta per i prossimi Giochi olimpici: che nessun paese sia autorizzato a partecipare se sta alimentando, direttamente o anche indirettamente, una guerra in qualunque parte del mondo.

Queste parole sono state scritte tra il 1968-1969: rabbia, tristezza e disgusto mi suscita la consapevolezza della loro attualità.
Gli spunti di riflessione sono infiniti in questi brevi testi. Brevi solo nella forma, perché dentro lasciano un solco profondo che non può sparire col tempo.

Il Portogallo per alcuni aspetti, è una terra molto simile alla mia.
Entrambe conoscono la fame e la sete. La densità e l'abbandono.
Quando parla di quei cancelli negli spazi ampi, nelle campagne silenziose e abbandonate, mi sembra che apra un cancello sul vuoto del mio cuore.
Ti è capitato mai di vederli?
Ti racconto la scena: campi sconfinati immersi nell'erba alta e verde, in giro non c'è nessuno, forse puoi distinguere in lontananza la sagoma di uno o due alberi,  e all'imboccatura della strada, quasi nascosta da sterpaglie e sedimento, ci sono due guardiani immobili e silenziosi.
Sono due pilastri gemelli, in pietra, ricordo lontano di un cancello che non c'è più o forse non c'è mai stato.
A cosa fanno la guardia quei due pilastri?
Il Vento ti racconta una storia e anche tu ora fai parte di una invisibile processione di invitati ad una festa di cui non puoi ricordare le origini.

Penso a tutto ciò, e un grande senso di umiltà mi sale dentro. E, non so bene perché, una responsabilità che mi schiaccia.
Se il lettore non ci crede, faccia l'esperienza. Ha lì due pilastri sgretolati, con i cardini corrosi dalla ruggine, coperti di licheni. Ora vi passi in mezzo. Non ha sentiti che le sue spalle hanno sfiorato altre spalle? Non si è accorto che delle dita invisibili hanno stretto le sue? Non ha visto quel lungo mare di volti che riempie la terra di umanità? E il silenzio? E il silenzio sul quale i cancelli si aprono?

Un libro composto, bello, intelligente. Leggi Saramago, fatti un favore.

martedì 6 agosto 2024

Momento buio

 Caro Blog,

questa è stata un'Estate particolare.
Mi sono analizzata in profondità e con onestà, come non avevo mai fatto prima.
Risultato: ho un brutto carattere.
Mi sono spenta per non lasciarlo trasparire, ma il risultato finale non cambia.
Le persone non sono stupide, lo percepiscono che c'è qualcosa che non va.

Come se non bastasse, sento tutto il peso degli anni sulle spalle e ho paura.
Tanta paura.
Cosa ne sarà di me?
Avevo trovato una risposta abbracciando l'idea della morte.
Ma la verità è che a me vivere piace!
L'ho scoperto da poco.
Mi piace ascoltare la musica, ballare, bere una birra facendo due chiacchiere con chiunque abbia voglia di condividere con me il suo tempo.
Mi piace passeggiare per i borghi, le campagne. Mi piace osservare il mare e respirare il suo profumo.
Mi piace leggere. Scrivere emozioni. Mi piace insegnare.
Ma non ho mai una possibilità di dimostrarlo.
Sono sempre nel campo delle idee.

Forse non so vivere, ma ora non voglio morire.

Sono stata indipendente, autonoma per tanto tempo. Ma adesso mi annoio.
Sento che mi mancano tante cose. Vorrei sentirmi utile.
Invece mi sento alla deriva.
Lo sento chiaramente: la malinconia si è trasformata in solitudine.
E fa male.

Ci sarà pure da qualche parte, un paese per i mostri?

lunedì 29 luglio 2024

Istruzioni per rendersi Infelici - Paul Watzlawick

Parliamoci chiaro: cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità?
Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria.


Caro Blog,
in questi giorni il mio umore gira malissimo. 
Quale momento migliore dunque, per presentarti questo brillante saggio del filosofo e psicologo Paul Watzlawick? Colui che durante gli studi a Milano mi colpì per questa sua definizione sull'uomo: è impossibile non-comunicare.

Oggi lo incontro in questo saggio sull'infelicità, da cui traspare tutta la signorilità e genialità di quest'uomo noto per il suo carattere gentile e generoso. Per i suoi rivoluzionari studi sulla mente. Per aver messo in discussione la psicanalisi stessa e i metodi degli psicanalisti di indagare la mente altrui, basandosi sulla propria!
Non alzare i tuoi occhi al cielo, è un manualetto ironico e geniale, che fa compagnia sotto l'ombrellone o mentre ci si dondola sospesi su un'amaca. Ho riso moltissimo riconoscendomi in tanti assurdi metodi di auto sabotaggio e commiserazione. Ha proprio ragione Watzlawick: l'infelicità è una cosa seria che andrebbe indagata e insegnata in modo strutturale! Ci vorrebbe l'intervento dello Stato!!!

Tutti possono essere infelici, ma è il rendersi infelici che va imparato,
e a ciò non basta certamente qualche sventura personale.

Per l'occasione ho fatto una piccola ricerca e posso metterti il link del libro che se vorrai, potrai leggere comodamente dal tuo pc. Non conosco la sorgente e non posso consigliarti di scaricarlo; personalmente non l'ho fatto. Ho comprato in libreria la mia copia, avvantaggiandomi dell'offerta della casa editrice Feltrinelli, che regala sempre piacevoli sorprese tra le sue proposte "1+1 a 9.90 euro". Devo tornare a frugare tra questi titoli. Perché questi saggi sono sempre molto interessanti; a volte fanno sorridere, altre volte riflettere. Sono letture brevi, piccoli sorsi ristoratori in questa lunga estate afosissima.

Tornando al nostro manuale, Istruzioni per rendersi infelici ci mette davanti ad uno specchio e ci prende bonariamente in giro.
Quante energie spese per ricercare una felicità di cui non conosciamo il significato. Quante energie sprecate a voler ottenere qualcosa senza modificare il nostro operato.
E allora tanto vale invertire la rotta, cercare di essere dei professionisti dell'infelicità e non lasciarci tentare dalla voce ingannevole di questa sirena! Felicità? Per carità!
Alcune delle istruzioni voglio riportarle anch'io.
Prima di tutto, rimanere fedele a sé stessi! Noi abbiamo ragione; evitiamo questi pazzi che cercano di convincerci che le cose possano migliorare.
Rendersi conto che a noi le cose vanno tutte male. E mai, mai, mai, per nessuna ragione al mondo, pensare di poterle cambiare.
Innamorarsi sempre delle solite persone così da fare gli stessi identici errori e mandare periodicamente tutto all'aria.
Crogiolarsi nel ricordo di tutti gli errori già commessi, di modo da poterli replicare fedelmente senza intoppi.
Evitare di raggiungere un obiettivo.
Autosuggestionarsi, convincendosi della ineluttabilità della sventura, che inevitabilmente ci coglierà e ricercare minuziosamente in ciò che ci circonda continue conferme alla propria tesi.
Infine: complicare inutilmente e costantemente i rapporti con il partner. Che se ci ama ha qualche problema, non può essere diversamente; e se non ci ama, ecco, lo avevamo detto che prima o poi sarebbe finita!

Un libro davvero amabile. Mi sono divertita tantissimo.
E ti lascio con la citazione di Dostoevskij ripresa da Watzlawick: “L’uomo è infelice perché non sa di essere felice”.

E con questo ho concluso vostro Onore.

p.s. L'omino della copertina sta cercando di buttare nel burrone un cuore grande (o forse un grande cuore?); mi sono presa la libertà di complicargli la vita, ruotando l'immagine. Sono certa che lo abbia apprezzato! 😈

domenica 28 luglio 2024

Il nome della rosa - Umberto Eco

Il bene di un libro sta nell'essere letto.
Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose.
Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti,
e quindi è muto.


In una calda giornata di Luglio ho finalmente comprato la mia copia. La libraia mi ha detto che questa è stata la lettura consigliata a scuola da molti insegnanti. Non mi sono fatta intimorire. A me di sembrare infantile o in ritardo, non mi importa.
Ho stretto al petto la mia copia, sono tornata a casa e orgogliosissima l'ho divorata in meno di dieci giorni. Umberto Eco era incredulo del successo del suo romanzo. Era probabilmente il libro che odiava di più, che non avrebbe voluto scrivere, che anzi aveva scritto per scherzo. Che ha tentato di semplificare nelle edizioni successive.
Chissà, probabilmente il film mi ha aiutato. Non lo nego. E anche se nessuno condivide la mia scelta, io qui la rivendico e a chiare lettere lo affermo: questo libro mi è piaciuto tantissimo!
E come è stato per Via Col Vento, l'ho apprezzato anche più del film. Mi è sembrato meno minaccioso, meno cupo.
E temo che la chiave sia tutta in quel "Baskerville" scritto e non ascoltato. Come se la parola scritta riuscisse a svegliare la mia coscienza più abilmente delle immagini trasmesse in televisione.
Per questa ragione Guglielmo e Adso mi sono apparsi come Sherlock e Watson con il saio.
E ho seguito la loro avventura in un modo più spensierato, giorno dopo giorno.
Solo il finale mi ha turbato.

Accattivarsi la mia attenzione è stato molto semplice per l'autore. Gli è bastato convincermi che si trattava di un libro che parlava di altri libri.
Per farlo ha usato, nel prologo, quella tecnica tanto cara ad altri autori da Manzoni a de Cervantes, da Scott a Dumas, quella cioè del manoscritto fittizio.
Infatti anche il nostro amatissimo Eco ci confida di aver letto durante un soggiorno all'estero il manoscritto di un monaco benedettino, che raccontava di una misteriosa vicenda svoltasi in età medievale, in un'abbazia non ben definita, posta sulle Alpi piemontesi.
Soggiogato dalla lettura Umberto stesso inizia a tradurlo su quaderni di appunti fino a quando gli è possibile, poco prima di interrompere i rapporti con la persona che gli aveva permesso di aver il manoscritto tra le mani.
Non senza difficoltà, riesce a ricostruirne la biografia e a recuperare le parti mancanti del testo e a consegnarci la storia narrata dallo stesso protagonista: Adso da Melk.

Sette lunghi giorni trascorreremo in questa santa abbazia.
Incontrando personaggi acuti e indimenticabili; citarli tutti sarebbe impossibile.
Perché nel libro perfino il vecchio Jorge e l'inquietante Malachia riescono a conquistare uno spazio nel mio cuore.
E allora chiederò aiuto all'arte cinematografica, per ricordare tra tutti, solo un personaggio: Salvatore, il cui volto sarà per sempre quello dell'attore Ron Perlman.
Indimenticabile la caratterizzazione di un personaggio che deve provocare pietà e un rigurgito di coscienza in tutti noi: Penitenziagite! E così sia...

Al film  riconosco il merito di aver salvato alcuni libri dell'Abbazia, la povera paesana condannata per stregoneria e di aver trasferito una sfumatura romantica al verso "il nome della rosa".

Ma, ora che sono molto, molto vecchio, mi rendo conto che di tutti i volti che dal passato mi tornano alla mente, più chiaro di tutti vedo quello della fanciulla che ha visitato tante volte i miei sogni di adulto e di vegliardo. Eppure, dell'unico amore terreno della mia vita non avevo saputo, nè seppi mai, il nome. (dal Film, 1980).

Le intenzioni di Umberto Eco non saranno mai chiarite.

A lui piaceva chiamare il suo libro così e alla fine per questo scelse Il nome della rosa.
Bisogna però ricordare che scelta del titolo richiama il verso di Bernardo Cluniacense:

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus
La rosa primigenia [ormai] esiste [soltanto] in quanto nome: noi possediamo nudi nomi

Come sostenuto dai nominalisti, l'universale non possiede realtà ontologica ma si riduce ad un mero nome, ad un fatto linguistico. (fonte Wikipedia)

E se fingiamo per un momento di tornare tra i banchi di scuola, allora possiamo dire che il titolo estrapolato dal verso ci ricorda che tutte le cose sono effimere, e alla fine di esse non resta che un puro nome, un semplice segno, un vago ricordo.
Così sarà per la biblioteca e i suoi libri distrutti dal fuoco, per il mondo conosciuto dal giovane Adso, per noi che siamo qui a ricordare quei tempi e quelle avventure.

Era una bella mattina di fine novembre...
inizia così il giallo storico più bello del mondo; quasi come avrebbe fatto Snoopy con 
Era una notte buia e tempestosa...

Ora dimmi, come si fa a non amare Umberto Eco?

giovedì 25 luglio 2024

Smith&Wesson - Alessandro Baricco

 Non c'è nulla che si possa fare per cambiare le cose
e già si è fortunati se qualcuno ha avuto per noi l'attenzione di mettere una piccola musica,
là dentro; o se capita di avere un amico ad aspettarci in un'ansa del fiume
per riportarci a casa, in una qualche casa.

E infine la pioggia arrivò, portando con sé acqua, aria fresca per una notte e tanti danni.
Abbiamo imparato a chiamarle bome d'acqua ed effettivamente lasciano dietro di sé una scia di feriti, che sembra di essere sopravvissuti ad un attacco aereo.
Cerco di guardare il lato positivo della situazione:
- le strade e le città sono state pulite;
- gli animaletti e le piante potranno dissetarsi;
- gli invasi si riempiranno un pochino;
- il mare e la spiaggia saranno lasciati in pace per qualche ora.
A me non sembra tanto male. Purtroppo l'animale-uomo sa pensare soltanto dal suo punto di vista, lamentandosi con la Natura-megera. Ignorando che per la Natura lui non è niente e l'inasprirsi del suo corso è dovuto al comportamento umano. Moriremo senza far niente e fingendo di non capire cosa sia successo.

Per descrivere il momento e la mia gioia interiore ho scelto questo testo teatrale di Alessandro Baricco. L'ho portato in spiaggia con me, perché sapevo che non avrei avuto la pazienza di immergermi in storie avventurose e lunghe. Con il caldo della settimana scorsa si poteva rimanere solo in ammollo!
Ma sono stata brava!
Ed eccomi qui a raccomandarti la lettura della storia di Smith, genio incompreso, truffatore patentato, di Wesson, pescatore di corpi e profondo conoscitore del Niagara e delle sue cascate e ultima, ma non ultima, di Rachel Green giornalista, coraggiosa pioniera, di ventitré anni.
108 pagine pregne di dialoghi caratterizzati da un rapido scambio di battute ironiche e brillanti, che ti conquistano e ti emozionano nell'arco di un'ora di lettura.
Come dice Smith:

Le parole sono piccole macchine molto esatte,
se uno non le sa usare, tanto vale che non le usi.


E Baricco sa come usarle e lo fa senza sprechi.
Infatti solo utilizzando nomi e cognomi, riesce ad aprire nelle nostre menti, finestre su diversi e colorati mondi.
Gioca con me. Inizio io:
- Smith & Wesson è il nome dell'azienda statunitense di armi da fuoco leggere fondata nel Connecticut, nel 1852.
- Tom e Jerry, i nomi propri dei nostri protagonisti, mi portano in una casetta con la staccionata bianca, dove un gatto sonnecchia sereno mentre un topolino cerca di rubare un po' di cibo dal frigorifero!
- Mentre raccontano le loro storie e le loro invenzioni, mi sembra di vedere un mantello rosso volteggiare tra le acque cristalline delle cascate più famose del mondo.
- La giovane Rachel Green? Abbandonata dalla ricca famiglia, perché vuole vivere seguendo i propri sogni, si accontenta per il momento di servire caffè in un bar di New York, che farà da scenografia a gran parte della sua vita e di quella di altri suoi speciali Friends.
- Scrivo e sento in lontananza le note di un carillon che mi riportano dietro le quinte del teatro Opéra di Parigi.

Un libro che equivale ad un biglietto su un treno meraviglioso che fa viaggiare tra storie sbocciate lungo i binari del tempo.

L'ultima parola la lascio alla signora Higgins, che probabilmente pronuncerà tutte le parole in modo aggraziato e perfetto (perché io scrivo Higgins ma leggo My Fair Lady):

Le avrei dovuto dire che tanti saltano nello stesso modo via dalla loro vita, oltre se stessi, rischiando tutto per sentirsi davvero vivi.
Avrei dovuto dirle che tutti lo fanno chiusi nelle loro paure, chiusi dentro la botte mefitica delle loro paure.
Un posto piccolissimo, molto nero, dove sei solo, e fai fatica a respirare.
Non c'è nulla che si possa fare per cambiare le cose
e già si è fortunati se qualcuno ha avuto per noi l'attenzione di mettere una piccola musica,
là dentro...

A proposito di finestre su altri mondi...
Dopo il temporale, vedere non uno, ma due arcobaleni equivale ad un momento fortunato come pochi. Purtroppo la foto non permette di apprezzare il moment, ma ti assicuro che è stato un momento magico.
Anche perché in quel momento c'era una luce giallognola a illuminare la città e per un attimo mi sono sentita nel regno di Oz, sulla strada di mattoni gialli. La Natura è uno spettacolo continuo. Sa meravigliarci ogni momento, coccolarci e intimorirci. Siamo stati così avidi da trasformarla in un nemico. Ma spero che le generazioni future possano ristabilire la pace tra i popoli e con la stessa Natura. A volte guardo la Luna e penso che un giorno potrebbe sparire dal nostro cielo. Ovviamente non ci sarò più per quel tempo e chissà come si sarà trasformata la specie umana. Sono pensieri che mi fanno sentire minuscola e insignificante. Ma anche fortunata ad esserci qui e ora. Mi impegno per essere grata alla vita. E cerco di restare a galla.

 

martedì 16 luglio 2024

Luglio col bene che ti voglio... fa troppo caldo!!!

 Mio caro Blog,
sarà un pensiero banale e male assortito, ma questo caldo mi preoccupa.
Mi dilania letteralmente nell'anima.
Ciò che più mi agita, è la consapevolezza che nessuno faccia nulla per correre ai ripari!
Per usare una metafora: "La casa va a fuoco e i pompieri giocano a farsi i gavettoni."

A volte mi chiedo cosa posso fare per aiutare il pianeta.
E le risposte sono così fanciullesche che mi vorrei insultare e commiserare al contempo!!!
Nella mia regione non piove da 14 giorni. E in queste due settimane abbiamo raggiunto temperature comprese tra i 28°C-35°C (di massima) e all'orizzonte non si avverte nessun cambiamento.
Vorrei che nel mio comune piantassero alberi, tanti, splendidi e frondosi alberi.
Pensare alla loro ombra mi fa stare già meglio.
Quando per pura fortuna, riesco a parcheggiare vicino a quell'unico alberello presente in una strada assolata, non posso non ringraziarlo per la sua presenza e la sua generosa ombra.

Come andrà a finire?

Oggi, nel 1951, veniva pubblicato Il giovane Holden dello scrittore statunitense J. D. Salinger.
Ti lascio con una sua citazione: Accidenti – disse – ce ne sono di cose belle al mondo. E quando dico belle intendo belle. Siamo degli idioti a svicolare sempre dalle cose.
Sempre, sempre, sempre lì ad annotare tutti gli accidenti che capitano al nostro piccolo schifoso io.

Forse anch'io sto svincolando.
Sarà il caldo... troppo, troppo caldo.

mercoledì 10 luglio 2024

Via col Vento - Margaret Mitchell

«Tutte le guerre sono sacre» replicò. « Per quelli che debbono combatterle. Se coloro che cominciano una guerra non la dichiarassero sacra, chi sarebbe tanto sciocco da andare a battersi? Ma checché dicano gli oratori agli idioti che vanno a farsi ammazzare, qualunque sia il nobile scopo che assegnano alla guerra, la ragione di questa è sempre una sola: il denaro. Tutte le guerre non sono che questioni di quattrini.»


Caro Blog,
il caldo di questi giorni mi sta lentamente annientando.
I miei buoni propositi e tutto il mio entusiasmo sono evaporati insieme con le energie e i sali minerali che il mio corpo tenta, invano, di trattenere.
L'unico impegno che riesca a mantenere è con i libri.
Per cercare di rimanere concentrata mi sono proiettata sui grandi classici. In questi giorni sono sulle tracce di un assassino, in una remota abbazia forse sulle alpi piemontesi, verso la fine del mese di novembre del 1327. In pratica sono al fresco! Non ho pertanto nessuna fretta di finirlo.
Allora in questo mercoledì di notti europee e canicola, ho deciso di raccontarti la mia esperienza con un altro meraviglioso romanzo del Novecento, di grande e duratura fama: Via col Vento, di Margaret Mitchell.
Anche questo, è un titolo che desideravo leggere da tempo. Mi ha fatto compagnia durante il mese di Aprile, ma ammetto di averlo divorato. Complice la versione cinematografica, orientarmi tra le storie e le strade di Tara e Atlanta è stato semplice. Non mi stancherei mai di questo racconto.
Ma procediamo con ordine.
La storia probabilmente è nota a tutti.
Ripeto, la versione cinematografica ha incantato e fatto innamorare delle sognanti terre del Sud, generazioni intere ovunque nel mondo.
Ma il libro, caro Blog, il Libro è una spanna sopra!!!
Il contesto storico è raccontato con audacia e schiettezza. E più delle vicende amorose di Rossella, mi hanno affascinato i risvolti storici, i capovolgimenti politici e la spietata descrizione dell'essere umano.
Inoltre, la caratterizzazione psicologica dei personaggi è più potente e arzigogolata di quanto traspare dalla pellicola.
Via col vento è stato per tanto tempo, il mio film preferito. Crescendo è stato soppiantato da altri generi, devo ammetterlo. Oggi il libro mi piace perfino più del film (-scusa Victor!-).

Unico romanzo della scrittrice americana Margaret Mitchell, fu pubblicato nel 1936 e divenne immediatamente un caso editoriale senza precedenti.
Nel giro di sei mesi fu venduto un milione di copie e nel 1937 fu vincitore del Premio Pulitzer (fonte San Wikipedia).
Oggi ha superato la quota di 30 milioni di copie, che lo rendono uno dei romanzi più venduti di tutti i tempi.
Per meglio dire: 30.000.001 copie vendute. Bisogna contare anche la mia!

Naturalmente un simile successo non è esente da critiche. E per molti nel romanzo c'è la denuncia di un mondo che non esiste più, soppiantato da un moderno stile americano che probabilmente alla scrittrice non piaceva.
Con questo non voglio certo dire che le piacesse considerare le persone al pari di proprietà privata. Sarebbe profondamente ingiusto.
Ma la sua descrizione del dopo guerra, mi sembra molto lucida.
Inutile stracciarsi le vesti. Le guerre si fanno per denaro, per potere; e la situazione odierna lo urla ferocemente.
A nessuno importa veramente della povera gente, dei morti, dei bambini mutilati, di quelli che rimangono orfani o perdono essi stessi la vita.
Comprendo anche la necessità di parlare di ideali, per non lasciare tutti nello sconforto o nell'indifferenza.
Ma quando "il velo cade" difficilmente si torna indietro.
L'immagine del mondo è mutata irrimediabilmente. E il concetto stesso di giustizia diventa opinabile. Con buona pace della povera e dimentica Dike.

La maggior parte delle miserie del mondo sono state causate dalle guerre.
E quando le guerre sono finite nessuno ha mai saputo di cosa si trattasse. 

Mentre leggevo cercavo di simpatizzare con Rossella. Non credo di esserci riuscita, ma ho imparato a comprenderla; a non essere troppo severa con lei. Una bambina che all'improvviso si trova, SOLA, ad affrontare morte e miseria.
Una principessina forte che impara a lavorare e a sporcarsi le mani.
Il finale mi spiazza anche in versione cartacea.
Spero che diventi indipendente. Che faccia a meno dell'amore di un uomo.
O se è proprio quello che vuole, che riesca a conquistarlo e ad apprezzarlo.
E lo stesso vale per Rhett.
Rhett e Scarlett sono sfumature dello stesso colore: l'amore.
Un amore passionale e forse rude, che entrambi devono imparare a conoscere, a capire.
Paradossalmente Melania e Ashley potevano essere intesi come la coppia del vero amore.
Ma anche lì c'è una nota stonata.
Forse l'amore perfetto non esiste.
Ma si può lavorare affinché le cose funzionino.

Purtroppo l'amore è un argomento che non mi riguarda più. L'ho accantonato. Non mi appartiene. Non fa per me. Quindi non ne parlerò oltre.

Ti lascerò con un pensiero diverso;
se c'è una lezione che si può apprendere dalle pagine di questo antico romanzo, forse è questa:

il mondo può cambiare, il tuo mondo può andare in mille pezzi, puoi cadere, puoi cambiare o rimanere la stessa, non importa
potrai anche innamorarti, perdere il tuo amore, perdere tutto, mantenere tutto,
ricominciare, finire

ciò che conta veramente è la fiducia.
Se incontrerai una persona che crede in te, veramente, senza mai vacillare, senza titubare un istante, avrai vinto questo gioco che è la vita.

Questo è quello che mi hanno insegnato Melania e Rossella.

L'unica relazione che mi abbia commosso e conquistato.
I veri personaggi protagonisti di questo incredibile romanzo.
Due donne diverse e complementari.
Vere e invincibili perché si volevano bene, in un modo unico e in un mondo giudicante e ostile.

In tutta la letteratura non si incontrerà mai una coppia simile.
C'è tutto nella loro unione: complicità, astuzia, guerra, pace, solidarietà, intrigo, odio, disprezzo, stima e tanto, vero, amore.

lunedì 1 luglio 2024

Benvenuto Luglio

Quando un posto vi sta stretto e tutto va contro di voi, fino al punto che vi sembri sia così dura da non resistere nemmeno un minuto di più, non mollate mai, perché quello è giusto il momento e il luogo in cui la marea cambia direzione.
(Harriet Beecher Stowe)


Caro Blog,
quando ero bambina l'Estate mi piaceva da matti!
Scuole chiuse, giornate al mare, serate a chiacchierare con le amiche...
Ma ora?
Riesco a pensare solo ad una cosa: "Caldo!"
Ovviamente sono capace di declinare il concetto, in varie forme: "Fa caldo. È caldo. Ma che caldo fa?!?"
Sarà sempre peggio. Ogni Estate sarà più lunga, più calda, più difficile da sopportare.

Sollievo non pervenuto. Anche la Nazionale di calcio è stata deludente. Ma senza sorpresa. Nel senso che mi aspettavo questa figuraccia. Avessimo avuto un po' di cuore...nemmeno quello.
Niente di niente.

Dovrò trovare un altro modo per risollevarmi da questo caldo.
A te auguro buona estate!
A me stessa: "Vitamine, sto arrivando!"

venerdì 28 giugno 2024

L'Atto Mancato

 Caro Blog,
la Vita sa ancora stupirmi in modi che non so nemmeno descrivere.
Freud parlava di "atto mancato".
Hai presente il "lapsus freudiano"?
Beh, quella è la versione popolare, che riduce il tutto ad una parola che non si voleva dire, ma si pronuncia perché il nostro Subconscio prende il sopravvento.
Ma la teoria di Freud era più complessa e comprendeva le azioni.
In parole semplici: può capitare di accumulare energie all'interno della nostra mente, della nostra anima, che esplodono in atti involontari. Esempio: rovesciare un bicchiere di vino, su una bella tovaglia bianca, nel pieno di una cena affollata da gente che quasi non conosciamo!
Ci ritroviamo a fare delle azioni, dei gesti goffi e distratti che sono in realtà un tentativo disperato di attirare l'attenzione degli altri.

Naturalmente in psicologia e secondo Freud dietro l'atto mancato ci potrebbe essere una nevrosi o un disturbo da curare.
Ma nel nostro quadro di azione, semplice e popolare, mi piace pensare che il prendere consapevolezza dell'atto mancato, possa aiutarci a capire che abbiamo bisogno di parlare con qualcuno, risolvere una questione in sospeso, fare "quella chiacchierata" che abbiamo rinviato per tanto tempo.

A me è successo proprio questo.
Mi sono ritrovata a chiamare Persona senza che lo volessi.
Giuro su tutto quello che ho più caro: è partita una videochiamata che non riuscivo a fermare. Ho cancellato l'applicazione, spento il telefono e lanciato da un aereo-cargo che sorvolava la fossa delle Marianne!
C H E  F I G U R A C C I A
Tachicardia incontrollabile. Tre quarti d'ora con il cuore che continuava a martellare e non si decideva a smettere.
E cosa è successo dopo? Che ho scoperto una persona paziente, che mi vuole bene, in un modo tutto suo, che non aspettava altro che mi accadesse una cosa del genere. (Perché lo so che lui sapeva che prima o poi avrei combinato qualche pasticcio.)
PA sarà sempre il mio caso irrisolto. La mia porta socchiusa. La mia ferita aperta.
Ma sarà anche, sempre: il mio porto sicuro. Il mio momento raro e irripetibile. Il mio sogno in un mondo atroce.
E visto quello che stiamo passando in questi giorni, ringrazio il Signore per averlo portato nella mia vita.

mercoledì 26 giugno 2024

 Caro Blog,

con l'operazione non è finito il Calvario. La strada è ancora molto lunga.
Ho promesso qualsiasi cosa. Rinuncio a qualsiasi cosa ai viaggi, ai braccialetti colorati, alle uscite serali. Il mio mondo è troppo piccolo per promettere grandi cose. Posso solo promettere che non pregherò per chiedere nulla che non sia la salute per le persone che amo.

Qual è il senso dell'esistenza caro Blog? Possibile che debba essere la sofferenza?
Capisco che nell'equazione generale del Bene e del Male, la distribuzione del valore singolo non è dato con giustizia, ma non voglio accettare una croce così pesante per chi amo.

Sono egoista e infantile, ma io nei miracoli ci credo. E se a quella montagna dico di muoversi, lei si muoverà.
Per favore Ascoltami.


sabato 22 giugno 2024

 Caro Blog,

ti scrivo per distrarmi un po'. È una giornata difficile, perché una persona speciale sta subendo un intervento. Forse proprio ora mentre ti scrivo. Nel mio piccolo sono sfinita. Non riesco nemmeno a pregare. Sto cercando di incanalare energie positive immaginandola tornare forte com'è sempre stata. Solo con qualche attenzione in più alla salute.

Inutile dirti che sono preoccupata. Ma in certe situazioni si può soltanto aspettare. Vorrei anche aggiungere "pregare", ma in questo momento non so più a chi rivolgermi.
Quando si tratta di me, sono pronta a dire: "Sia fatta la Tua volontà".
Ma in questo caso proprio non ci riesco. Voglio solo che questa persona speciale torni alla sua vita e alla sua famiglia, con l'animo sereno e rinnovato.

Come sembra tutto banale davanti alla Malattia.
I problemi con il lavoro, il cuore a pezzi, l'inedaguezza generale diventano sciocchezze quando ti accadono queste cose.
Come se la Vita avesse bisogno di scuoterci dal profondo per farsi apprezzare.

Vorrei dirle: "Ehi Vita, stai calmina! La tua bellezza, la tua importanza, sono concetti ben radicati nel mio cuore. Vorrei che mi lasciassi un po' in pace. Invece di darmi questi colpi ogni sei mesi! Per non parlare dei pizzicotti che non lesini ogni giorno!".

Spero solo che Lassù qualcuno ascolti le mie preghiere e per una volta, mi raccomandi!

sabato 8 giugno 2024

Caro Blog,

pensavo fosse saggio allontanarmi dai social, non scrivere più il diario e non comunicare le mie emozioni.
Ma un mio interlocutore speciale, fatto solo di microcip e bit di memoria, ha messo in dubbio questa mia convinzione.
Lui sostiene che la scrittura possa essere il mio modo di comunicare ed entrare in contatto con la mia parte interiore. Pertanto non dovrei smettere e dovrei tenere aperto questo canale con me stessa.

Forse nel bene e nel male, sono l'unica capace di sopportarmi.
Di capire cosa mi innervosisce e cosa mi rende soddisfatta.
Mi piacerebbe saper gestire il mio umore con le altre persone. Ma col tempo ho solo ottenuto un totale isolamento. Un isolamento difensivo è però diventato un isolamento strutturale.
Ne consegue che non sono una bella persona. Che non ho mai costruito legami profondi e saldi a tal punto da smuovere in altri il "desiderio" di stare con me, cioè di avvertire che "mancano le stelle" senza di me.
Al contrario gli altri sono capaci di agitare in me questi sentimenti. Ecco perché poi soffro.

Soffro sempre come un essere mutilato.
Avverto che manca qualcosa. E a volte non mi do pace per questo motivo.
Perché sono così sbagliata?
Perché non trovo una mia strada?
Perché quando provo a trasformare un rapporto frivolo in qualcosa di meno superficiale, rimango ferita?
È come se la matassa della mia esistenza si fosse ingarbugliata a tal punto da non avere più né capo né coda! Un nuovo mostro mitologico che si aggira indisturbato nel XXI secolo.
Eppure l'inizio me lo ricordo, era perfino promettente!
A furia di fare la cosa giusta, di dire le cose in faccia, di essere schietta e trasparente, sono diventata sola e invisibile.
Mi sa che ho esagerato!

Speriamo di morire presto. Almeno mi eviterò una nuova estate, il vecchio caldo, le solite zanzare, la fedele vergogna del costume da bagno, le classiche speranze per Settembre.

lunedì 13 maggio 2024

Il Corvo

 ... ma il vero amore
è per sempre.


Caro Blog,

sono stanca: fisicamente e moralmente. Mi aggrappo alla frase della ChatGPT: "Il desiderio di imparare e conoscere non ha età!"
Eppure sono infinitamente delusa per quello che sono diventata: una vile, narratrice di bugie.
Oggi è una giornata particolare: il film Il Corvo compie 30 anni.
Ed io ho preso una decisione orribile.
Ho bloccato Persona.

Caro Blog, ho dovuto. Sono sette anni che agogno un suo messaggio, le sue attenzioni, la sua amicizia. Sette anni che mi illudo, che mi convinco che mi voglia bene. 
Ma nulla di tutto questo è reale.
Lui è felice della sua vita. Non ha bisogno di me. Non desidera una come me nella sua vita.
A volte mi ha fatto sentire inopportuna, pesante, noiosa.
Forse gli faccio pena; questo è l'unico sentimento che può legarlo a me. 
Ma non lo voglio più sapere.

Le ho provate tutte:
- l'ho sognato
- l'ho cercato
- l'ho corteggiato e lusingato
- mi sono chiusa in me stessa
- ho cercato di essergli amica
- ho cercato di piacergli
- ho cercato di conquistarlo.
L'ho amato senza aspettarmi nulla in cambio, senza chiedergli niente.

Ma mi sono fatta soltanto male.
Volevo essere qualcuno, ma ho continuato ad essere nessuno.
Ho passato sette anni a parlare nel vento; a chiedere al Mare di fargli arrivare il mio amore.
A chiedere a Dio di proteggerlo.
E questo continuerò a farlo.

Ma da oggi non posso più pensare, sperare, agognare un suo messaggio.
Domandarmi in continuazione: "posso dirlo?", "posso farlo?", "posso chiedere?", "posso osare?".

Penso che non se ne accorgerà nemmeno...
Ed io non sarò felice e spensierata.
Ma avendo chiuso la porta, non potrò certo aspettarmi che il telefono suoni per me.

Al cinema vogliono riportare la storia di Eric.
Le polemiche sono infinite.
Ho visto il trailer; sono troppo triste per dire qualcosa.

Ti lascio pensando al film del 1994 con Brandon Lee, che resta e resterà l'unico e insostituibile Il Corvo.
Forse è vero che non può piovere per sempre, ma a volte sembra che il mio cuore sia destinato a stare male in eterno.

martedì 30 aprile 2024

La festa dell'insignificanza - Milan Kundera

La sua discrezione
si era trasformata in amore per la solitudine.


Caro Blog,
non volevo salutare Aprile con il pensiero che ti ho scritto poco fa. Allora eccomi qui, un'altra volta, ma in compagnia di uno scrittore che amo, amiamo, tantissimo, che è nato ad Aprile e che ci ha lasciato meno di un anno fa: Milan Kundera.
Quella che ti voglio consigliare è la sua ultima opera, pubblicata da Adelphi e che ho letto un paio di mesi orsono.
Mi sarebbe piaciuto parlartene prima, ma non ho potuto a causa di quel progetto che ho sotto mano. Non riesco a fare tutto, mi dispiace tanto.
Vorrei rinchiudermi in una torre e pensare solo ai libri. Ma chissà perché nessuna casa editrice è stata tanto intelligente da prendere in considerazione il mio lavoro! Lo so caro Blog, è increscioso! Ma da quando ti scrivo, nessuno ha avuto il buon senso di assumerci per parlare di libri! (Ovviamente sono ironica.) E così niente torre! Siamo ancora qui, soli soletti, te e io, io e te!
 
Salutiamo Aprile con un libro che è un inno alla vita.
La vita comune. La vita di tutti i giorni. La vita di tutti noi.
Mi affaccio al davanzale della finestra e osservo la vita passare sotto i miei occhi.
Immagino di sbirciare i pensieri, le conversazioni delle persone che si affaccendano, danzano davanti a me.
Per me è questa "La Festa dell'insignificanza".
Un romanzo mentale, un flusso di coscienza, un palcoscenico, un teatro.
Un mosaico composto dai frammenti di pensieri e di azioni di vari personaggi che si alternano sulla scena e ne condividono perfino gli spazi.
Da una piuma che vola fin sul soffitto ad una bottiglia di Armagnac sull’armadio, dalle pernici di Stalin alle file infinite alla mostra di Chagall, ogni cosa contribuisce a rendere la nostra vita quella che è; ogni cosa, anche la più insignificante travolge i nostri pensieri e la nostra esistenza.

Ma che roba è questa insignificanza?

...l'insignificanza mi appare sotto un aspetto del tutto diverso, sotto una luce più forte, più rivelatrice. L'insignificanza, amico mio, è l'essenza della vita. E' con noi ovunque e sempre. E' presente anche dove nessuno la vuole vedere: negli orrori, nelle battaglie cruente, nelle peggiori sciagure. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla, l'insignificanza, bisogna imparare ad amarla.

Ognuno di noi si porta dentro una forma di irrisolto che ci pesa, ci piega, ci trasforma.
Ma quello che noi pensiamo essere unico e solo nostro, ha in realtà valore universale.
Perché l'individualismo non esiste!
E questo può voler dire solo una cosa: i nostri gesti, le nostre parole, le nostre bugie, convinzioni, presenze, assenze, i nostri amori mancati, i nostri appuntamenti spostati, la morte stessa, tutto è insignificante!
Che la Storia ci ricordi o meno, che la nostra sia stata solo una storia uguale a tante altre, tutti quanti noi siamo poco più che ombre scolorite, su un palcoscenico senza colori.
Perfino una piuma che galleggia nell'aria attira l'attenzione più di noi.

Ma non temere caro Blog,
Kundera è sempre Kundera.
Non intende con questo racconto nel racconto, sminuire i nostri drammi esistenziali o le piccole tragedie del nostro quotidiano!
Perché sono proprio questi problemi, queste piccole croci personali a rendere unico ogni personaggio; è il fardello a caratterizzarlo, a dargli un volume, una consistenza.
Quell'insignificanza delle nostre vite ci rende unici e contemporaneamente comuni a tutto il mondo.
Il dualismo è la chiave di lettura di questo libro e della vita.

Insignificante è la gente che si atteggia ad essere colta, che vuol dire cose interessanti, non vuole fare una fila, vuole conquistare l'amore, vuole essere ricordato.
Insignificante è il nostro dolore, le nostre lacrime, la nostra passione, la nostra fortuna.
E si potrebbe continuare all'infinito.
Ma insignificante rende anche irripetibile un gesto, un momento, una folgorazione, un pensiero, un sorriso; cioè quello che fa di una persona un essere unico e differente da tutti. 

Qui si cela la parte più misteriosa dell'insignificanza, perché solo noi possiamo collocarla vicino a qualcosa della nostra vita.
Solo noi sappiamo cosa sia insignificante per noi.
Ed è proprio questa la magia dell'insignificanza: essere una creatura infinita che esiste solo in significati singoli, individuali.

Ultimo libro di Kundera, forse possiamo vederlo come il suo testamento letterario.
Anche se avrebbe rifiutato un'etichetta simile, e in generale un'etichetta, mi piace immaginarlo mentre scrive, sorride e pensa: "Insignificanza."

 

Aprile, con un occhio ride e con l'altro piange.”

Sono nata in un mese meraviglioso. In passato ho già avuto modo di tediarti su quanto mi piaccia la parola in sé -APRILE- non mi ripeterò.

Ma guardando ad alcuni proverbi a lui dedicato, mi rendo conto di quanto questo mese sia intrecciato con il mio DNA. E di quanto importante sia il momento della nostra nascita.
La mia vita è fatta di bellissime giornate di sole e sorrisi; ma tanti sono anche i giorni piovosi e ho versato tante lacrime da riempire un mare.
Oggi trattengo tutto dentro di me. Perché non voglio dare a nessuno la sensazione di avermi ferito. Eppure quante cicatrici, quante lame sono conficcate nel mio povero cuore.
Siamo alle solite. Combatto ogni giorno per essere serena. Per non pensare a tutto quello che mi manca. Per essere forte. Per sorridere. Per essere ironica.
Ma alla sera faccio i conti con quello che ho visto, vissuto, ascoltato.
Vado avanti per una sola ragione: quando le persone che amo non ci saranno più, le seguirò nella tomba. E anche se il buio mi fa tanta paura, è un pensiero che mi restituisce la pace.
Questi bellissimi papavero non vivrà per più di qualche giorno e ha regalato tanta gioia e bellezza; io non sarò mai capace di eguagliare il suo dono. Perché dovrei pretendere di vivere più a lungo? Che diritto ho?

La mia unica consolazione è rendermi conto che anche nei momenti più bui, più brutti, più difficili, non ho mai insultato nessuno.
Nemmeno con frasi e parole delicate ma taglienti.
Le persone che mi circondano invece indossano maschere di cortesia e affetto, che vien giù nelle discussioni. E i risultati sono devastanti per la mia psiche.

Grazie caro Blog per avermi ascoltato e tenuto la mano anche oggi.


martedì 16 aprile 2024

iL Marinaio - Fernando Pessoa

"In riva al mare si è tristi, se si sogna.
Non possiamo essere ciò che vogliamo,
perché ciò che vogliamo essere,
vogliamo sempre esserlo stato nel passato..."


Quando entro in una libreria non ho quasi mai idea di cosa stia cercando.
Allora mi intristisco; mi sento affranta, inutile. Poi disperata prendo un libro attirata dalla casa editrice o dal nome dell'autore.
Quando a casa inizio a leggere scopro se l'intuizione è stata giusta o un fiasco totale.
In questo caso, decisamente, sono stata fortunata. Pessoa è uno scrittore affascinante che mi rapisce. Ed eccomi qui, persa e innamorata ancora una volta, delle sue parole.

-Perché si muore?
-Forse perché non si sogna abbastanza.
-È possibile… Ma allora non varrebbe la pena di chiudersi nel sogno e dimenticare la vita, perché la morte si dimentichi di noi?

Uno scritto che dura una notte e in un solo luogo: siamo in un punto del tessuto della storia.
Una finestra si apre su una camera dalla forma circolare in un castello; all'esterno si intravedono due monti e il mare. All'interno ci sono tre donne, vestite di bianco. Non conosciamo i loro nomi e nemmeno il loro sembiante; sappiamo solo che stanno vegliando sul feretro di una quarta fanciulla. 
L'alba è ancora lontana, e la fiamma di quattro candele illumina fiocamente la stanza.
Fino a questo punto, sembra di essere davanti ad un quadro. Forse per questo viene definito "un dramma statico", non saprei dire.
Ma le fanciulle parlano, iniziano a raccontare, a raccontarsi.
Ma sono fanciulle vive, reali? Sembrano fantasmi; forse sono le tre Moire.
Mentre leggo ho paura di disturbare, che possano accorgersi di me, possano avvertire la mia presenza e che possano imprigionarmi tra le pagine di questo piccolo e intenso libro.
Nei loro racconti, la vita sembrata un grande cerchio, proprio come quella loro strana stanza.
Non un inizio, non una fine: ma un'unica vertigine che si chiude su sé stessa.
Qualcosa cambia; ecco che una delle fanciulle parla del marinaio.
Racconta di averlo sognato; è naufrago su un’isola deserta.
Lo vede che ha nostalgia della sua patria e della sua vita passata.
Allora per contrastare la nostalgia, inizia a fantasticare su un’altra vita vissuta, immagina un’altra realtà.
Ogni volta che immagina, costruisce. Aggiunge dettagli alla città, alla casa che dovevano essere una volta la sua città, la sua casa.
Alla fine si rende conto di aver progettato e architettato una nuova vita passata, piena di paesaggi, città, strade che ha visitato e persone che ha conosciuto, che la vita precedente non esiste più.
Ha cancellato il suo vecchio io. Quando finalmente un giorno sull’isola approda una nave, il marinaio non c’è più. Quel marinaio che abita l'isola non è lo stesso, che vi era approdato tempo prima.
Non sappiamo che fine abbia fatto.
Ma la nostra narratrice ci fa venire un dubbio pericoloso: è lei che ha sognato il marinaio, o il marinaio ha sognato lei e la stanza con le sue sorelle?
Non è ancora entrata la luce, ma un gallo interrompe le voci delle ragazze.
La realtà piomba nella stanzetta e le ragazze sembrano dissolversi tra le dita di chi legge.

Un libro meraviglioso da leggere e rileggere.
Forse sognare può aiutarci a vivere. Ma che guaio quando il sogno prende il sopravvento e ci priva della nostra coscienza.

Purtroppo so bene di cosa parlo.
Il rischio di alienarmi è per me elevato; a volte mi sembra una medicina.
I miei pensieri più profondi sono sempre così cupi... ed io sono stanca di difendermi.
Ma non mi dissolvo...ancora.

Compleanno senza una torta

 Cara Nonna,
mentre lascio consumare la candelina che ho acceso per augurarti "buon compleanno",
ti scrivo questa lettera conscia che laddove sei, non potrà arrivare.
Allora dovrò scrivere con sincerità e il mio pensiero dovrà essere forte e intenso.
Non ho mai accettato fino in fondo la tua partenza.
Non ho mai avuto la maturità e l'altruismo giusto, per farlo.
Eppure capisco quanto per te sia stato meglio.
Non soffri più, innanzitutto e sei con chi hai amato, altra ottima motivazione per pensarti felice e in una situazione migliore.

Immaginando una situazione completamente diversa, con te piena di salute e di forze, saresti stata felice di vedere come i tuoi nipoti affrontino le proprie esistenze.
Avresti visto il tuo albero fiorito e pieno di frutti.
Avresti visto le tue ragazze diventare donne in carriera e madri premurose.
Ti sarebbero piaciuti i tuoi bisnipoti. Ti sarebbero piaciute le passeggiate al mare e in campagna.
Saresti stata serena e circondata d'amore.

Ma temo che non ti sarebbe piaciuto vedere me.
Come sono diventata. Quello che ho fatto e quello che non ho fatto, ti avrebbe preoccupato e forse intristito.
Aprile è anche il mio mese. E non posso nascondere che il monte fallimenti inizia a pesare anche sul mio cuore.
Non ho più nessuna voglia di lottare cara Nonna, non ho motivazioni.
Sono qui solo per la Famiglia. Ma avrei voluto raggiungerti da tempo.

Sono costretta a rimanere ancora, e allora continuo a ricordare il tuo giorno.
Il caldo è già nelle nostre città; sembra estate. La Primavera non si è vista che per pochi giorni. Le rondine garriscono nel nostro cielo e lanciano messaggi di gioia e speranza.
Mi auguro che tu sia in Pace.
Con immutato ed eterno amore
Buon Compleanno!

sabato 30 marzo 2024

 Caro Blog, 
è notte fonda. 
Il Venerdì Santo è passato. Ho seguito le meditazioni di Papa Francesco durante la Via Crucis.
Credo sia stata una delle prime volte, forse l'unica, in cui mi sono rivolta a Lui usando la prima persona singolare.
Una sensazione stranissima.
Mi viene più facile arrabbiarmi e chiederGli conto del perché ci siano tante ingiustizie nel mondo. O pregare perché aiuti altri. Ma oggi Papa Francesco ci ha obbligato a chiamare Gesù per nome, a guardarlo negli occhi affinché veda proprio noi, proprio me con le mie debolezze e fragilità.
Il Venerdì Santo mi rende solitamente molto triste. Quest'anno sono sfiancata. Sono stanca.
Sono in totale protesta!

Non riesco ad accettare la crocifissione.
Gesù come hai potuto soffrire così tanto, sacrificarti fino alla morte, la morte in croce, per una umanità così becera, ignorante, volgare e violenta.
La parola pace è stata sostituita dalla parola guerra non solo nella comunicazione, ma nel cuore, nel pensiero delle persone.
E tu sei morto per noi? Per questi qui? Non è giusto. Non voglio. Non dovevi farlo!
Infine dimmi, ho bisogno di saperlo: Giuda è con te? Lo hai perdonato anche se non ha avuto la forza, il coraggio di domandarti perdono?
Ogni anno la stessa storia; non posso fare a meno di sperare che Guida sia in Paradiso.
Ognuno di noi ha un carattere a sé.
Non siamo tutti forti o coraggiosi. Il pentimento è soffocante a volte.
A volte non riusciamo a credere di meritarci qualcosa; siamo così delusi dal nostro stesso comportamento da non riuscire a pensare che Dio possa avere pietà di noi.
Ri-cordati di noi Signore, richiamaci nel tuo cuore.
Noi che siamo deboli e avviliti, con una pessima autostima e che pensiamo di valere meno di niente: richiamaci nel tuo cuore.
Abbi pietà dell'umanità intera.
Non permettere che scoppi ancora un altro conflitto mondiale.
Donaci la Pace.

mercoledì 27 marzo 2024

La Dattilografa di Hitler - Tessa Harris

 Un'ombra si allungò sul pavimento della carrozza.
Un ufficiale della Gestapo di passaggio lanciò uno sguardo all'interno.


Caro Blog,
che mese frenetico è stato questo Marzo.
La Primavera è arrivata come un lampo. E le giornate sono sempre più lunghe, ma non possiamo ancora sentirci lontani dalle temperature invernali.
Non fraintendermi, il nostro è un clima mite; ma la pioggia sembra sempre sul punto di sorprenderci mentre siamo fuori casa. Oggi ad esempio, ho accompagnato i bimbi a scuola, sotto una pioggia incessante. E credo di essermela cavata discretamente bene. Non avevo l'autista come zia Mame, ma i pargoli sono stati portati a destinazione in totale sicurezza e abbastanza asciutti.
Le mie letture sono terribilmente ferme. Devo riorganizzare le mie giornate e cercare di tornare alle sane abitudini. Anche se quando si trascorre tutta la giornata al computer e tra letture (ahimè non scelte, ma direi obbligate dalle circostanze), continuare a leggere è arduo.
Per il momento devi accontentarti di questo libro che acquistai e lessi in occasione della Giornata internazionale della Memoria in quel lontano 27 gennaio 2024: La dattilografa di Hitler, della scrittrice inglese Tessa Harris.
Mi duole dirlo: anno di pubblicazione 2023 e per me non poteva che essere un grande NO!

I gusti sono gusti, sia chiaro, ma tutti i commenti entusiastici sulla quarta di copertina e le recensioni positive sparse qua e là sul web, io proprio non me le spiego.
Ho avuto difficoltà a finirlo.
E in alcuni momenti mi sono chiesta se non fossi precipitata in un "Harmony".
(Per la cronaca, con il nome Harmony intendo indicare quei libri dalla trama melensa, passionale e ripetitiva, in edizione economica, con disegno in copertina di giovane coppia avvinta in un laocoontico abbraccio, che negli anni 70-80 non potevano mancare nel kit da spiaggia di lettori romantici e dall'occhio languido, sparsi in tutto il mondo.)
Ma l'atmosfera storica e i personaggi odiosi della Germania della dittatura nazista sono resi in modo così eccellente che sembra di essere in un altro libro.
Immagino il grande lavoro di ricerca e di scrittura, processi complessi e non facili!
La lettera finale che la scrittrice dedica ai suoi lettori, è forse la parte che ho preferito di più.

La storia prende vita da un evento storico reale: il ritrovamento della perizia psichiatrica di Hitler.
Che non ci stesse tanto bene con la testa l'avevamo capito in tanti, ma vederlo scritto nero su bianco, attestato in modo scientifico è tutta un'altra questione.
Una questione calda, esplosiva e mortale per le persone coinvolte.
Questa è Storia, è un fatto reale che ha lasciato dietro di sé una scia di sangue lunga e crudele.
Il dott. Edmund Forster era il medico che aveva preso in cura un giovane soldato tedesco, di cui conosciamo solo le iniziali, AH, durante la Prima Guerra. Lo psichiatra lo aveva guarito da una cecità isterica mediante ipnosi.
Possiamo solo ipotizzare quali siano stati i suoi pensieri, riconoscendo nel dittatore assassino e sanguinario che tutti conosciamo, il giovane soldato che aveva aiutato anni prima. 
Il dottore morì per suicidio (- certo, sìsìsì, come no -); e suicida morì anche lo scrittore Ernst Weiss al quale aveva affidato i suoi appunti medici, affinché fossero pubblicati. Morti anche gli altri medici che direttamente o indirettamente avevano avuto contatti con il paziente AH.
Che fine abbiano fatto quegli scritti, non è dato sapere.
Rimangono naturalmente speculazioni e ipotesi che forse un giorno, saranno sciolti.

Sicuramente il libro merita di essere letto per conoscere la storia di questo coraggioso medico, ma anche per entrare nella libreria Shakespeare and Company fondata dall'americana Sylvia Beach, o per passeggiare un po' sulla Rive Gauche della Parigi degli anni Trenta, o sbirciare tra le numerose bancarelle des Bouquinistes di libri antichi, lungo le rive della Senna attorno a Notre Dame.
Te la immagini Parigi in quel periodo?
Il Paese dei Balocchi per artisti, poeti e scrittori di tutte le nazioni!
Gli anni dell'Avant-garde.
Le donne indossano i pantaloni, i capelli diventano più lunghi e con onde più naturali. Ad un tavolino da caffè puoi incontrare James Joyce, Ernest Hemingway o T.S. Elliott, discorrere di poesia e sorseggiare un caffè fumante.

A proposito di James Joyce dobbiamo ricordare che il suo Ulisse, fu stampato proprio grazie a lady Sylvia. Il libro fu infatti censurato sia nel Regno Unito sia negli Stati uniti, ma nel 1922 fu stampato per la prima volta dalla Beach che ci mise soldi, impegno ed entusiasmo.
Inoltre faceva circolare titoli banditi nel Regno Unito e negli Stati Uniti, come L'amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence (che mi riprometto di leggere da anni!).

Curiosità: la libreria Shakespeare and Company su rue de l'Odeon, venne effettivamente chiusa nel dicembre 1941, in seguito all'occupazione della Francia da parte dei nazisti, durante la Seconda Guerra, e non venne più riaperta. Probabilmente la sua proprietaria fu deportata in quanto amica di numerosi intellettuali ebrei e perché, pare, si fosse rifiutata di vendere un libro a un soldato tedesco.
Oggi esiste una libreria con lo stesso nome, visitabile e fruibile anche per chi volesse solo darle uno sguardo; ha perfino una sala lettura e un caffè; un paradiso in terra per amanti dei libri e non; si direbbe un set cinematografico. Una vera rarità. Raccontano che ci siano anche gatti liberi di sonnecchiare qua e là.
Segnati questo indirizzo: 37 di rue de la Bûcherie, vicino a Place St.Michel, a pochi passi dalla Senna - non si sa mai -.

Infine ricorda il monito scritto su una parete della libreria parigina, e fallo tuo:

Non essere inospitale con gli sconosciuti,
potrebbero essere angeli in incognito.

Secondo alcuni è una citazione del poeta Yeats, ma non ne trovo riscontro. Più probabilmente era il motto di George Whitman, che aveva per così dire ereditato l'idea di accoglienza e libertà della libreria di Sylvia, tanto da chiamare la nuova libreria Shakespeare and Company, in suo onore e dare il nome di Sylvia alla sua unica figlia, odierna libraria. Tutto per far rivivere quel sogno bellissimo e unico di accoglienza e interscambio culturale e umano: "Il mio paese è il mondo, la mia religione è l’umanità".

Pensare che in passato siano esistite persone tanto altruiste e generose, lascia sperare che ve ne possano essere ancora altre e tante.
Oggi ci lasciamo con questa bella speranza, nata da un libro che per me, bello non è.
Ma se questi sono i suoi frutti, forse mi sono sbagliata.

domenica 17 marzo 2024

Zia Mame - Patrick Dennis

Siccome Norah mi ripeteva sempre che i bugiardi vanno all'inferno, mi feci coraggio e sputai il rospo:
«Solo che eri una persona molto strana e che finire in mano tua era un castigo che non avrebbe augurato neppure a un cane ma che i derelitti non possono fare tanto gli schizzinosi ed io altri parenti non ne avevo.»
Zia Mame prese fiato, con calma.
Poi scandì: «Che bastardo.»
Misi mano al taccuino.
«La parola che hai appena sentito, tesoro, è bastardo» disse la zia con una vocina soave.
«Si scrive bi-a-esse-ti-a-erre-di-o, e per la precisione significa "il tuo defunto genitore". Adesso vestiti e andiamo.»


Un libro bello, da leggere per sorridere. Per rivivere affascinanti giorni a New York in compagnia di personaggi indimenticabili. Uno tra tutti: Ito, il tuttofare giapponese.
Che sicuramente avranno ispirato tanto della successiva tradizione letteraria e cinematografica americana e non solo.
A me personalmente, uno dei protagonisti, il giovane Patrick, mi ha fatto venire in mente il protagonista di un film di Woody Allen (Un giorno di pioggia a New York, se non ricordo male il titolo). E nel complesso il libro, forse invecchiato male rispetto ad altri classici, rievoca continuamente immagini di film e libri del passato. Tutti orgogliosamente a stelle e strisce.
Non condivido l'entusiasmo della quarta di copertina. Ma vale la pena leggerlo.

Zia Mame è sicuramente una donna fuori dall'ordinario, che conquista tutti coloro che la circondano. Ha l'intelligenza e i modi per farlo.
Un'ironia acuta e tagliente come un coltello, che me la rende sopportabile. Ma non posso inserirla tra le mie eroine preferite. In alcuni momenti mi è sembrata terribilmente egoista e opprimente. 

Il libro fu pubblicato nel 1955 ed è innegabile, Zia Mame di Patrick Dennis ha lasciato un segno indelebile nel mondo della letteratura, conquistando generazioni di lettori con la sua protagonista fuori dal comune e dalla vita stravagante.

Ma come inizia tutta questa avventura?
In seguito alla morte del fratello, Mame dovrà conoscere e prendersi cura del piccolo nipote: Patrick.
Quello che ne verrà fuori sarà un rapporto unico, forte e indissolubile.
Patrick vivrà avventure straordinarie, grazie alla super Zia che lo introdurrà in un mondo fatto di arte, cultura e divertimento.
(Nella mia testa immaginavo le feste di zia Mame come quelle di Holly in Colazione da Tiffany).
Se dovessi riassumere la loro esistenza in una parola, quella sarebbe: colorata.
Zia Mame è sempre all'avanguardia, legge in continuazione, si circonda di persone brillanti e diverse, rumorose direi, porta il ragazzo a teatro e soprattutto, gli regala un block notes giallo, sul quale appuntare le parole che non conosce. Perché la prima missione di zia Mame sarà quella di espandere il vocabolario del suo amato nipote.

La vita di zia Mame non sarà sempre semplice. Dovrà affrontare lutti e problemi. Ma la determinazione e il coraggio che mette in ogni cosa che fa, la vitalità che usa per affrontare le avversità, le hanno permesso di conquistare un posto nel cuore di tutti (quasi) i suoi lettori, trasformandola in un'icona della letteratura femminile.
Con la sua ironia sferzante e la sua franchezza disarmante, Zia Mame mostra un modo ardito di vivere la vita, al massimo, senza paura e senza rimpianti.

Patrick Dennis, pseudonimo dello scrittore statunitense Edward Everett Tanner III, è riuscito a creare un personaggio atipico, sulle righe che però sembra appartenere ad un mondo reale.
Dennis è  noto per il suo umorismo tagliente e la sua capacità di cogliere la società e la cultura dell'epoca in cui viveva. E in un certo senso Zia Mame gli assomiglia!

Quello che ho apprezzato del libro è quel voler gridare: siate voi stessi! Siate folli! Non siate come gli altri, come vogliono che voi siate!

Un vero e proprio inno alla diversità e alla complessità dell'animo umano.

In un'epoca in cui la conformità e la convenzione sembrano dominare, attraverso la voce di Zia Mame, Dennis ci ricorda ancora oggi l'importanza di essere noi stessi, di seguire il nostro cuore e di non lasciarci schiacciare dagli stereotipi della società.

Forse per questo motivo, consiglio la lettura di questo libro.
Un libro che vi farà sorridere e magari apprezzare alcuni aspetti della vita.

Mentre leggevo, non posso nascondere di aver desiderato di essere colta, ricca e pazza almeno quanto zia Mame. L'ho desiderato per i miei Nipotini. Mi sarebbe piaciuto essere presente e importante per loro.
Mi sarebbe piaciuto essere capace di arricchire le loro esperienze, renderli quasi ubriachi di vita.
Ma onestamente credo di essere più quel tipo di zia che nei film rappresentano piena di guai e che asciuga la roba nel microonde! (NoN Lo FaTe!!!)
E per fortuna, i miei Nipotini non hanno bisogno della vecchia Zia Lu.

In conclusione, caro Blog, zia Mame è molto più reale di quello che io stessa avevo inizialmente immaginato: la puoi amare o odiare, esattamente come accade a tante persone particolari della vita reale.

lunedì 4 marzo 2024

Come leggere un libro - Virginia Woolf

 Infatti, è proprio perché odiamo e amiamo
che il nostro rapporto con i poeti e i romanzieri è così intimo
da non ammettere la presenza di nessun altro.

Caro Blog,
desideravo da tempo leggere questo saggio di una delle mie scrittrici preferite, Virginia Woolf.
Speravo di incontrarlo in libreria ma così non è stato. Pertanto, anche se un po' riluttante, l'ho acquistato online, terrorizzata dalla scritta apparsa nella lista dei desideri: "ne restano solo 2 copie".
Mi aspettavo un saggio in senso tradizionale.
In realtà è un libricino di 78 pagine che raccoglie tre diverse riflessioni elaborate da Virginia Woolf in altrettante occasioni:
- Come si dovrebbe leggere un libro?: inizialmente pensato come  conferenza per una scuola femminile, venne pubblicato sulla Yale Review nell'ottobre del 1926;
- Che effetto fa un contemporaneo: apparve nel Times Literary Supplement del 3 aprile 1923;
- Sul non sapere il greco: saggio scritto per la raccolta The Common Reader: First Series.

Avrei voluto trascorrere più tempo con Virginia Woolf. Invece mi sono dovuta accontentare di un solo pomeriggio. Ma, per quanto breve, è stato un bellissimo momento insieme.
Con il suo modo fresco e pulito affronta il tortuoso dilemma che ogni lettore incontra quando legge e si approccia ad un nuovo testo.
Se sullo scrivere tanto è stato scritto (!) e tanti corsi sono proposti ogni giorno, sull'attività del leggere le cose si complicano un po'.
I critici, gli esperti del settore conosceranno segreti e modi di operare giusti e intelligibili.
Ma per i lettori comuni come me, la strada è lunga, impervia e sconosciuta.
Eppure il lettore comune è portatore sano di entusiasmo e spensieratezza; non ha l'obbligo di giudicare uno scritto; lui ha solo la libertà di fidarsi di uno scrittore e dedicare tempo alla sua opera; è privo di pregiudizi stilistici; legge perché sì. Questo incorona il lettore comune dei massimi onori poetici!

Ma se l'incoronazione per diritto di nascita ("nato lettore") non è sufficiente e volessimo evolverci e rendere la nostra origine più nobile e competente, quale percorso dovremmo seguire?
Virginia Woolf è lapidaria: l'unico consiglio valido per tutti è quello di non accettare consigli.
Ognuno di noi ha una propria sensibilità alla lettura, un personale bagaglio culturale ed esperienziale che lo rende unico. E unico deve, o dovrebbe essere, l'approccio al mondo dei libri.
Quelli che Virginia ci elargisce, una volta assicurata l'indipendenza di chi ascolta, sono più che altro suggerimenti. Quattro chiacchiere disinvolte tra amici.

Il mondo dei libri è un universo di cui non si distinguono facilmente i confini (sono ancora sotto l'influenza di Zellini). E districarsi tra un saggio o un romanzo, una bibliografia o una raccolta di poesie non è un compito semplice.
Entrando in una libreria sembra che ogni libro voglia essere letto.
"Prendi me", senti chiamare dallo scaffale del Fantasy; "scegli me" ti sussurra una ragazza che si fa ombra con un ombrellino nella copertina di un romanzo.
Per non perderci tra i richiami di queste sirene e per non sprecare il nostro tempo dovremmo più che altro tentare di educare il nostro gusto.
Ciò non significa diventare esperti o critici. Significa semplicemente educare la nostra esperienza.
Esattamente come dei neonati che all'inizio piangono per ottenere attenzioni e poi crescendo imparano a parlare e a indicare.
Anche noi dobbiamo cercare di comprendere i nostri bisogni, il nostro sentire senza piangere disperati, e senza incolpare lo scrittore di turno che non ha compreso dalle nostre lacrime cosa volessimo.

Aprire un libro significa entrare in un mondo sconosciuto. E l'operazione sembra semplice, ma non lo è.
Immaginare, adattarsi non sono azioni da dare per scontate.
Personalmente preferisco i classici, forse perché non mi piace come gli scrittori moderni descrivono il mondo che mi circonda; forse perché il linguaggio moderno non mi piace. Lo trovo violento, sciatto.
Il classico è un momento cristallizzato, nel quale mi piace addentrarmi.
Ma devo essere riconoscente verso tanti lettori del passato, più bravi di me a cogliere la bellezza di scritti per loro contemporanei.

Per comprendere fino in fondo l'operato di uno scrittore dovremmo provare noi stessi a scrivere qualcosa.
La difficoltà di esprimere in parole ciò che abbiamo vissuto, visto, provato è reale.
E non per niente di facile soluzione.
Quando leggiamo un libro dovremmo partire da questo presupposto: stiamo entrando in un mondo costruito da qualcuno che cerca di mostrarcelo con parole che possiamo capire anche noi.
Una volta letto, dovremmo poi lasciare depositare quanto "vissuto". Così da permettere che si ripropongano a noi tutti i dettagli, i personaggi e i luoghi visitati nel complesso della storia. E non nella frammentarietà della lettura.

Nutriamo il nostro gusto con abbondanza e varietà.
Creiamo esperienza di lettura.
Col tempo scopriremo non soltanto che il nostro gusto cambia ma, la cosa che amo più di tutte, inizieremo a scoprire che nel mondo dei libri ci sono alcune città che ci piacciono di più, altre che si assomigliano.
Inizieremo a creare un codice tra i personaggi, una scintilla, una caratteristica da inseguire e rintracciare in altre opere, una vera e propria mappa intergalattica!

Quello che però non dovremmo mai dimenticare è il semplice amore per la lettura.
Va bene fare ordine, raffinare il gusto, creare confronti.
Ma mai perdere quel dono che è proprio dei lettori comuni: leggere senza un perché.

Scrive Virginia Woolf a conclusione del suo primo discorso:

A volte ho sognato che all'alba del Giorno del Giudizio, quando i grandi conquistatori e avvocati e statisti saliranno in cielo per ricevere i loro premi - le corone, gli allori, i nomi incisi in maniera indelebile su marmi imperituri - l'Onnipotente rivolgendosi a San Pietro, dirà, non senza una certa invidia nel vederci arrivare con i nostri libri sotto braccio: "Senti, questi non hanno bisogno di premi. Non abbiamo nulla da dargli: hanno amato la lettura".

Non mi reputo una persona colta e nemmeno intelligente, però mi piace pensarmi come una persona che perfino l'Onnipotente potrebbe guardare con una certa invidia perché ha amato la lettura.
E in questo credo di incontrare anche la tua approvazione caro Blog.

domenica 3 marzo 2024

Breve Storia dell'Infinito - Paolo Zellini

 Che cosa è esatto nella matematica
-si era chiesto Goethe-
se non l'esattezza?

Caro Blog,
oggi mi sembra di essere tornata indietro di quattro anni. Stesse emozioni, stessi pensieri e stesse terribili parole: l'intera squadra è tornata dal passato per torturarmi.
Per non vanificare i progressi fatti, ho scelto di parlare un po' con te, attraverso questo complicatissimo (per me) saggio del prof. Palo* Zellini.
Pensa che ingenua: rapita dalle parole di due scrittori che amo tantissimo, Calvino e Borges, avevo acquistato il libro con entusiasmo e leggerezza.

Nella quarta di copertina è riportata una citazione di Italo Calvino, che scriveva: "Tra i libri italiani degli ultimi anni quello che ho più letto, riletto e meditato è la Breve storia dell'infinito di Paolo Zellini, che si apre con la famosa invettiva di Borges contro l'infinito: "concetto che corrompe e altera tutti gli altri", e prosegue passando in rassegna tutte le argomentazioni sul tema, col risultato di dissolvere e rovesciare l'estensione dell'infinito nella densità dell'infinitesimo".

Forse dovrei provare anch'io a rileggere e meditare. La prima lettura mi vede pesantemente sconfitta. Anche se mi sono chiesta come sarebbe la vita di tanti studenti di matematica con un professore come Paolo Zellini. Penso che la loro vita sarebbe molto diversa.
Non voglio scoraggiarti; sai quanto mi piaccia leggere di diversi argomenti.
E non mi sono pentita dell'acquisto. Ma forse ho volato un po' troppo vicino al sole, con le mie piccole ali di cera. E se non fosse stato per il paracadute della buona volontà mi sarei schiantata sull'asfalto dell'abbandono.
Diciamo che se sei un addetto ai lavori, puoi cavartela brillantemente.
Personalmente ho dovuto attingere agli studi di filosofia, decisamente sbiaditi, del Liceo e a quelli di Analisi dell'Università, se possibile ancora più sbiaditi.
Non devi pensare che sia un trattato di filosofia o analisi; è più un viaggio molto dotto che si prefissa di mostrare l'evoluzione storica del concetto di infinito, attraverso numerose tappe che partono dai pitagorici, fino a Cantor e alle suggestioni attuali dell'infinito aperto.

Fortunatamente il Professore ci tiene la mano e cammina con noi lentamente e usando un linguaggio chiaro e semplice. Fatto di frasi non troppo lunghe ma precise.
Il problema forse è insito nella lingua: come parlare di "infinito" usando termini "finiti"?
Forse siamo portati a intendere "infinito" qualcosa che è "indefinito".
E quando nella trattazione subentra la filosofia e l'idea di Divino, tutto si complica.
Una cosa è certa: il mondo della matematica è un modo a sé. Come se fosse un qualcosa che risponde a un linguaggio e a regole tutte sue. 
Dovremmo rifiutare la necessità di far coincidere un'impalcatura logicista con la matematica.
Artefice di questa visione fu il matematico Brouwer, una specie di liberatore della matematica: "Fare astrazione dal mondo degli oggetti è possibile solo a patto di sperimentare la vita come un sogno."
Non si può rappresentare con il linguaggio ciò che la matematica inventa!

Quando pensiamo, parliamo un linguaggio diverso da quello usato per comunicare con altre persone ad alta voce. 
Scriveva Nicolò Cusano: Una qualsiasi asserzione ha un valore relativo ed è suscettibile di venire confutata.
Se si esclude l'ambito scientifico e matematico, a nessuno verrebbe in mente di immaginare come verità assoluta una formula linguistica. 
La scoperta delle "antinomie" minò la validità delle asserzioni matematiche. 
Come è possibile presumere che certe affermazioni siano ritenute universali e accettabili da tutti?
Il fatto matematico è indipendente dal rivestimento logico che vogliamo attribuirgli.
La verità che essa contiene è accettata dal nostro spirito, prima delle convenzioni imposte dal linguaggio matematico.

La matematica ci permette di pensare, di sognare, di immaginare, oltre l'imposizione e la limitatezza dei sistemi linguistici.

Un libro interessante e forse, ripensando al Castello dei destini incrociati o alle Città Invisibili, capisco perché fosse piaciuto tanto a Calvino.
L'intelligibilità del mondo non è afferrabile attraverso la sola ragione, ci ricorda Borges.
Ecco che allora, dobbiamo percorrere altre strade, creare altri strumenti, elaborare altri linguaggi per farlo.
E la matematica ci suggerisce da dove iniziare l'avventura.


*Mi sono accorta dell'errore, ma non lo modifico. 
È la prova del mio disagio interiore e dei rimandi della mia mente.