lunedì 14 settembre 2020

Michael mio - Amos Oz

 "Gli uomini forti possono fare quasi tutto ciò che vogliono,
ma anche gli uomini forti non possono scegliere ciò che vogliono."


- OZ in ebraico significa FORZA. -

Ieri ho terminato la lettura di questo bel romanzo.
Purtroppo lo avevo scelto come mio accompagnatore, durante le giornate al mare. Ma avendo trascorso poco tempo in codesta sede ho ritardato la sua conclusione.
In un certo senso ha avuto tutto il tempo opportuno per sedimentare nella mia anima.
O forse sono io che ho avuto il tempo opportuno per conglomerarmi ad esso.

Fatto sta che mi è piaciuto. Ed è una cosa che non accade spesso quando impiego tanto tempo per finire un libro.

Una volta, parlando con Persona, gli chiesi quanti libri di uno stesso autore bisogna aver letto per poter affermare che lo stesso ci piaccia.
Domanda, invero, che mi tortura spesso e alla quale cambio ripetutamente risposta.
Lui mi disse che se arrivava al secondo libro di uno stesso autore era già un miracolo!

Questo è il mio secondo romanzo di Amos Oz. Autore che aveva conquistato il mio stupido cuore già dai primi personaggi, con la bellezza della sua prosa e una rara capacità di cullare, come in una nènia, il lettore.
Anche questa volta è andata così. È stata la sua voce a rapirmi. C'è una piccola prefazione al racconto, in cui ci spiega come e perché è nato.
Hannah, la protagonista, lo ha letteralmente perseguitato per anni. Fino a quando, logorato da tanta insistenza, mise nero su bianco la sua storia.
La storia è stata dettata da Hannah. Lo scrittore ha tacitamente trascritto ciò che lei, nella sua mente, continuava a narrargli.

Hannah è un personaggio nuovo, per me. Non sono riuscita a capire i suoi umori, eppure sentivo di dover essere dalla sua parte.
Ha paura Hannah. Paura di tante cose. Di dimenticare. Di morire. Di non essere amata e di non amare con la passione e dedizione che si deve all'amore.
Michael, suo marito, non è un uomo di grandi slanci, non è un uomo di lettere, non è un uomo che può dedicare una poesia; è un geologo.
Eppure è "un bravo marito". Accudisce il loro figlioletto, è presente nelle faccende domestiche, assolve a tutti quelli che sono i doveri coniugali.
Ma allora?
Ce lo spiega in quella che è, a mio modesto parere, la prosa poetica caratteristica di Oz:

"Moriremo, Michael, io e te,
prima di toccarci almeno una volta?
Toccarsi. Unirsi. Tu non puoi capire.
Perdersi l'uno nell'altra.
Fondersi,
crescere l'uno nell'altra senza rimedio.
È difficile spiegare.
Anche le parole sono contro di me."

Povera Hannah. Agli occhi degli altri è fortunata.
Di cosa si lamenta? Perché è insoddisfatta? Dovrebbe sorridere di più. Essere positiva! Insomma, cambiare atteggiamento!

"Lo scrittore generalmente propende per il trionfo finale della luce.
Io devo ammettere di preferire le tenebre."

Sono d'accordo con te, ragazza mia. Anch'io vorrei spegnere tutto e lasciare il mondo in una perpetua tenebra.
Quello che noi vogliamo sembra essere impossibile.
Però il tuo professore disse una cosa molto bella, che mi fa sperare in una visione della vita diversa da quella che ci viene proposta. Sempre fondata su opposizioni, su "o questo o quello", su "è meglio così". Una visione di accoglienza, coesistenza, di comunione. Dove principi diversi convivono, collaborano.
Dove non ci sono antitesi, ma convergenze.

"Sia la geologia che la letteratura vanno alla ricerca di tesori nascosti,
scavando in profondità inesplorate..."

Per la prima volta ho visto contemporaneamente espresse le anime della mia formazione: la letteratura e la geologia.
Per la prima volta ho provato un moto di orgoglio per le mie passioni, per quanto non sia degne di nominarle.
Per la prima volta ho pensato di non essere tanto male.

Inoltre ho scovato un messaggio molto importante.
Spesso riteniamo che gli anni trascorrano senza che nulla cambi.
Ma i cambiamenti sono sempre in atto, a volte in modo impercettibile.
Non sono solo superficiali, spesso si realizzano nel sottosuolo, nella profondità della Terra e della nostra Anima.
C'è una ciotola incastrata tra i rami di un albero. 
Chissà come ci è arrivata lassù. Resta immobile per anni, indifferente alle intemperie e allo scorrere del tempo. All'improvviso, senza che neppure un alito di vento l'abbia turbata, la ciotola cade e si sbriciola, impattando con il suolo.
In un primo momento pensavi "fosse in uno stato di assoluta immobilità, e invece un processo continuo e segreto si era svolto al suo interno, fino alla conclusione" descritta.

Non riesco a smettere di piangere.
Ma passerà anche questa volta.
"Proprio come se io fossi sono un'invenzione della sua immaginazione", la me stessa di questo momento sarà spazzata via, o si sbriciolerà cadendo a terra.
Non ne resterà più traccia. Qualcosa di nuovo e di diverso prenderà il suo posto.

Facevi bene a ridere di me.

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