venerdì 29 ottobre 2021

Rimbaud

 Il cuore folle compie imprese avventurose.


Caro Bloggy,
oggi giornata NO.
Sono uscita presto. Ho fatto la mia passeggiata. Ho cercato di nutrire la mia anima osservando la natura. Ma il mio cuore non ce la fa. Sono triste. Non riesco a guarire. Ho anche ripreso il cortisone, perché si è ripresentata l'allergia. Forse riesco a bloccarla prima che mi deformi completamente il viso. Sono a pezzi. Sono stanca di sentirmi così: sola. Come un rifiuto che non vuole nessuno. Come si guarisce caro Bloggy, da questa malattia che non ha nome? Questo desiderare qualcosa che non si potrà mai avere, questo avere paura di qualcosa che può cambiarci la vita, questa continua lotta tra il desiderio di andare avanti e il volersi sotterrare per sempre? Che nome ha tutto ciò? Sono solo una viziata infantile? Sono depressa? Sono triste? Sono innamorata? Cosa diavolo sono? Nemmeno Rimbaud è riuscito a saziarmi, aiutarmi, leggermi. Sì perché mentre noi sfogliamo le sue pagine, lo leggiamo, lo facciamo nostro, il Libro a sua volta ci fa nostri. Ci scava, ci percuote, ci fa a pezzi, ci scrive.
Rimbaud fu uno dei primi a essere definito "poeta maledetto". Morì a soli 37 anni. Compose poesie già a dieci. E già a 16 si distinse per il suo genio, la sua originalità nel comporre e scomporre la realtà che lo circondava. Non ebbe vita facile. Probabilmente era malato.
Eppure c'è una parte della sua biografia che invidio. Ed è la seguente: 
nel 1874 è un insegnante a Londra,
nel 1875 è uno scaricatore di porto a Marsiglia,
nel 1976 diviene mercenario nelle Indie olandesi e poi disertore a Giava,
successivamente lo incontriamo a Cipro a seguito di un circo e capomastro.
La sua attività letteraria si può condensare in cinque anni. Scrisse fino ai 21 anni.
Poi una vita che si potrebbe definire "dissoluta". 
Ma forse sarebbe più giusto definirla: una vita vissuta fino al midollo.
Un cuore pulsante e pieno di passione non può vivere sereno nel mondo.
Oggi lo capisco. O ti pieghi alle regole della società o esse ti spezzano. Non parlo di regole nel senso di codici penali o amministrativi. E nemmeno di regole morali. Non sono a favore del "fai quello che vuoi, quando vuoi". Ritengo che la libertà degli altri sia sacra quanto la mia. E che il rispetto sia la base per il viver civile.
Parlo di quelle regole non scritte, non pronunciate. Quelle del "così fan tutti" e quindi devi farlo anche tu. Se tutti odiano, devi odiare. Le minoranze non sono rispettate. Si esulta perché una legge che vorrebbe tutelare maggiormente i più deboli, viene bloccata in Senato.
Rimbaud avrebbe scritto ancora tanto se fosse nato in questo secolo. Quattro anni non gli sarebbero stati sufficienti.

Dovrei avere un mio inferno per la collera, uno per l'orgoglio, e l'inferno della carezza; un concerto di inferni.

Non è stata una lettura facile. Non è stata una lettura spensierata.
Ma mi sono rivista sul fondo di quel baratro che deve aver visto anche Rimbaud.

Amavo i dipinti idioti, le lunette sulle porte, scenografie, tele di saltimbanchi, insegne, miniature popolari; la letteratura passata di moda, il latino ecclesiastico, i libri erotici senza ortografia, i romanzi delle nostre nonne, i racconti di fate, i libriccini per l'infanzia, i vecchi melodrammi, gli sciocchi ritornelli, i ritmi molto semplici.

Mi sento terribilmente vuota. Ma non leggera. Ogni giorno che passa sono più pesante.
Mi sono nutrita di illusioni, senza essere illuminata dalla ragione.
Ora sono all'inferno, uno dei tanti.
Non so tornare a casa.







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