sabato 17 settembre 2022

La morte di Ivan Il'ic - Lev Tolstoj

 La storia della vita precedente di Ivan Il'ič
era la più semplice e comune e la più orribile.

Pare che dopo averlo letto, il famoso sinfonista Cajkovskij abbia esclamato:
"Ho letto la morte di Ivan Il'ic. Sono più che mai convinto che il più grande scrittore di tutti i tempi è Lev Nicolaevic Tolstoj".

Caro Bloggy,
perdona il ritardo ma eccomi a scriverti come promesso, dell'ultimo libro da me letto. Libro che ancora una volta parla di maschere e morte. Come se avessi inconsciamente seguito un percorso di svelamento, attraverso la scelta delle ultime letture.
La vita ci impone delle maschere e non ne siamo consci fino in fondo. Come in Matrix, a volte qualcuno sceglie la pillola rossa. Ma la maggior parte delle coscienze dorme e segue il piano stabilito dalle Circostanze.
La Morte però, arriva sempre e per tutti e attraverso essa la verità è rivelata in tutta la sua crudeltà.
Un romanzo breve, intenso e profondo. L'ho divorato. 
Oggi, forse, è difficile comprendere l'importanza di quest'opera. La sua rottura con la società, con il senso del pudore della sua epoca. Oggi, forse, la morte non è più un argomento scomodo, tabù. Ma nel 1886, anno della sua pubblicazione, era un'altra faccenda!

Tolstoj ci dice apertamente che moriremo tutti, che a tutti spetta prima o poi la morte.
Nessun altro lo fa. Nessuno ci ricorda questa realtà che ci appartiene nell'istante stesso in cui emettiamo il nostro primo vagito.
La vita è quasi sempre condotta come un inganno, un'illusione, una maschera per celare la Verità finale: la morte.
E quando finalmente ne siamo consapevoli, non lo sappiamo gestire e le persone che ci stanno intorno ci detestano per questo.

In meno di cento pagine, Tolstoj descrive magistralmente quello che accade quando si sta morendo: si è soli, e gli altri ci detestano perché stiamo morendo. Perché con la nostra morte stiamo anticipando, mostrando agli altri quello che accadrà. 
Ma non solo. Nasce nel momento della morte, una specie di rabbia nei confronti dei vivi. Nei confronti di coloro che ci hanno costretto a vivere nella menzogna.

Solo Gerasim non mentiva, era evidente che solo lui capiva in cosa consisteva la questione e che non pensava fosse necessario nasconderlo, e aveva pietà di lui, del suo debole e esausto padrone.

Ancora una volta Tolstoj non delude. Non distrugge, costruisce.
In mezzo a tanto dolore, brilla la speranza: Gerasim.
L'unico capace di comportarsi da essere umano. L'unico consapevole del fatto che morirà anche lui, un giorno. E allora si augura che qualcuno lo tratti "umanamente".
Semina amore e pietà, come fosse una cosa naturale, normale, umana.
Come dovrebbe essere...

La malattia porta Il'ič a rivedere la sua vita, dal passato prossimo fino al remoto.
E con esso a riconsiderare il senso della sua vita, il valore dato alle cose, ai principi.
Tutto sbagliato, tutto finto. Nella vita familiare come nella vita lavorativa, tutta una menzogna.
Ma ecco la Morte, la luce purificatrice, le tenebre si ritirano.
La verità trionfa.

Ai vivi forse resta ora la responsabilità di vivere senza maschere.
Di ristabilire un ordine giusto di valori.
Avere pietà di sé prima che sia troppo tardi.


Allora Bloggy...pillola rossa o pillola blu?

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