domenica 2 maggio 2021

Il Tamburo di Latta - Günter Grass

E va bene: sono recluso in una casa di salute,
il mio infermiere mi osserva, quasi non mi stacca l'occhio di dosso;
difatti c'è uno spioncino nella porta,
e il mio infermiere ha l'occhio di quel bruno che di scrutare me,
l'occhio azzurro, è incapace.


L'ho finito!!! Sono stata di parola: una settimana (forse qualche giorno in più). Non è stato facilissimo. Sono seicento pagine fitte, fitte di parole, che hanno richiesto un coinvolgimento non solo intellettivo ma anche emotivo.
Una storia bellissima, sublimemente scritta.
Che abbia vinto il Nobel per la letteratura non mi stupisce neanche un po'. Ma non pensavo di finire oggi. E infatti la foto è "di fortuna";  ha una luce orrenda, non mi convince nemmeno la composizione! Ma non importa, anche perché non è la prima immagine brutta. Sinceramente sono pochissime quelle che mi piacciono. Ciononostante (più corretto ma raro cionnonostante), mi ritengo soddisfatta per il raggiungimento del traguardo finale.
Ora mi assilla il cercare di ricordare come sono entrata in contatto con questo romanzo. Chi me lo aveva citato? Forse Murakami.
E sì, rileggendo quello che ho scarabocchiato sull'agendina in cui annoto le pagine dei libri che mi hanno colpito, e questa frase da me scritta tempo fa: "Tuttavia questo piacevole saggio di Murakami Haruki mi ha fatto venire una voglia matta di leggere, leggere e leggere ancora. Da I Demoni di Dostoevskij, a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, fino alle poesie di Jorge Luis Borges, penso che se non dovessi scrivere più per leggerli, non sarebbe una grande perdita per nessuno." - ritengo di aver incontrato per la prima volta il mio amico tamburino grazie a Murakami.

Bisogna avere una forte motivazione per leggerlo.
Potrei lasciarmi sfuggire alcune anticipazioni, quindi come sempre devo indicare

 ***SPOILER*** 

per non rovinare il piacere della lettura ad altri.

Parlavo di motivazione, e spiego il perché: siamo in Polonia, nel periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale. Viviamo quei terribili anni e diamo un'occhiata agli anni successivi l'evento bellico.
Tutto questo osservare si realizza da una prospettiva molto particolare.
Il nostro sguardo si staglia da un'altezza di novantaquattro cm. E alla fine della storia sfioriamo il metro e ventitré cm.
Come comincio? Si chiede Oskar, il nostro tamburino, il nostro cantastorie. Si può iniziare una storia nel bel mezzo e procedendo arditamente avanti e indietro impiantare un gran casino. Ma non è questo il caso. Perché la storia procede piacevolmente e ci si lascia rapire immediatamente da Oskar, il bambino che nel giorno del suo terzo compleanno è caduto dalla scala della cantina, e pur restando sano non ha voluto più crescere.
Siamo a pagina 59 e già sappiamo di trovarci davanti ad una storia bellissima.
Di questi racconti mi colpisce la sensazione di oppressione, di prigionia e violenza della Seconda Guerra Mondiale.
È presente come uno spettro, una nebbia che avvolge tutto, silenziosamente, togliendo colori e suoni; risucchiando la vita ovunque arrivi.
Ma non in modo urlato. 
Eppure gli occhi lucidi sono inevitabili, almeno per me, quando muore Jan Bronski e quando moriranno tanti altri.

(***FINE SPOILER***)

Ci sono elementi che non esito a definire magici che alleggeriscono e conferiscono un allure di fiaba a questo bellissimo romanzo, che pure inserirei tra i romanzi storici, tra i romanzi che ricordano la Shoah senza mai nominarla. Ci basta conoscere Fajingold e la signora Luba per capire.
Eviterò i commenti tecnici.
Registro l'espressione campo semantico, usata per indicare l'area di significato coperta da una o più parole legate tra loro. Quelli bravi infatti, indicano nel tamburo il campo semantico di tutto il romanzo: è il tamburo di latta che dà significato a tutta la narrazione.
Oskar si ribella e suona la sua musica, non segue quella del regime, quella degli adulti.
Questi commenti e spiegazione del testo li lascio a chi è più competente di me.
Le mie riflessioni sono di natura povera.
Sono stata rapita dal piccolo Oskar che vive e conosce la vita e i suoi segreti, i suoi aspetti e parte del mondo, dai suoi 94 cm prima, e 1,21 m. d'altezza, dopo.
Dal matrimonio sbagliato di Agnes Koljaiczek, che non rinuncia all'amore per un errore iniziale. Non rinuncia al suo Jan. Né Jan rinuncerà mai alla sua Agnes.
Di quanto sia sempre stato difficile essere una donna, che nemmeno "i liberatori" si preoccupano di tutelare ma, quasi sempre, come primo atto da liberatori in una città nemica, sottomettono ai propri bisogni animali.
Un protagonista difficile Oskar.
Un buono, un cattivo? Non è facile da definire.

I miei personaggi preferiti sono marginali.
L'anziana nonna Anna e il nonno incendiario Joseph Koljaiczek, e Leo lo svitato che tutti i cimiteri delle città del passato conoscevano.
Gli sfortunati Agnes e Jan, novelli Paolo e Francesca.

perché l'amore non conosce ore, e la speranza è senza fine, e la fede non conosce limiti,
solo il sapere e il non sapere sono legati a tempi e limiti e il più spesso finiscono anzitempo davanti a barbe, a sacchi, a mandorle [...]

Una lettura particolare.
Mi ha impegnato ma reso soddisfatta. 
Ora una pausa.
Fingerò di essere nella Cantina delle Cipolle, perché alle lacrime so dare valore.
Nel mio cuore si stanno creando incrostazioni pericolose, proprio perché le lacrime non sgorgano più.

Buonanotte 

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