domenica 3 maggio 2020

Cinquantacinquesimo giorno - Le Intermittenze della Morte - José Saramago

"Su di noi, la morte conosce tutto,
e forse è per questo che è triste."

Ho finito questo romanzo con molta calma. Me lo sono goduto fino all'ultima pagina. È stata una lettura perfetta. Ho temuto nella delusione finale, che non c'è stata! A me, è piaciuto tutto e tantissimo.
Il libro lo dividerei in due sezioni: una di presentazione, in cui ci viene raccontato cosa sta accadendo nel mondo e le varie implicazioni che un'anomalia nel sistema tradizionale può originare.
Ed una seconda parte quando scende in campo la protagonista e ci viene raccontata una storia nuova, almeno alle mie orecchie.
La morte di cui si narra qui non è quella suprema, la Morte madre. È una morte minore, designata ad una sezione specifica, quella dell'umanità.

Un consiglio.
Se qualcuno volesse approcciare questa lettura dovrebbe ascoltare in sottofondo: un brevissimo studio di Chopin, opera venticinque, numero nove, in sol bemolle maggiore e la suite numero sei opera mille e dodici in re maggiore di Jhoann Sebastian Bach composta a Cöthen.

La scrittura di Saramago ha una caratteristica che ho imparato ad apprezzare già dalla prima lettura. Scrive tutto d'un fiato. Senza lettere maiuscole, senza punti interrogativi, senza virgolette.
Il dialogo e la narrazione si intrecciano proprio come se ci fosse qualcuno a raccontare dal vivo una storia.
C'è una domanda che si scaglia tra le parole, mentre le pagine volano: cosa accadrebbe se sapessimo la nostra data di morte?
Un tema simile l'ho riscontrato anche in un film che Persona mi fece apprezzare tanti anni fa: Dio esiste, e vive a Bruxelles.
Nel film Ea riesce a sentire la musica che ognuno di noi porta dentro di sé.
Qui invece, il Violoncellista e i suoi colleghi disquisiscono sulla "possibilità di comporre dei ritratti musicali, dei veri e propri ritratti, non tipi, come quelli di samuel goldenberg e schmuyle, di mussorgsky"
E
"gli era venuto in mente di dire che il suo ritratto, se davvero fosse esistito in musica, non lo avrebbero certo trovato in nessuna composizione per violoncello, ma in un brevissimo studio di chopin".

Ad un certo punto ho sottolineato tutto il libro.
Inevitabile la riflessione sulla vita e sulla morte mentre la lettura avanza.

Ho pensato alla mia vita.
Ordinaria, semplice, fatta di un mondo che non esiste.
Mi sono rivista nel protagonista senza nome. Quasi cinquantenne, con un cane affettuoso, musicista di professione ma senza un particolare talento.

"Un vivo che è morto, un morto che sembra vivo."
"Lei è difesa da un cerchio invisibile, da un circuito ad alto voltaggio in cui brucerebbero come minuscole farfalle notturne" coloro che tentassero di avvicinarla.

Anche in questa lettura ho ritrovato Persona.

"Non capisco niente, parlare con lei è come ritrovarsi in un labirinto senza porte."
"Ciò che chiama misteri è spesse volte una protezione, ci sono alcuni che indossano l'armatura, ci sono altri che portano con sé i misteri."

E pensando alla mia morte.
Sarebbe bello se fosse annunciata attraverso il volo di una Acherontia Atropos.
Se avessi un preavviso di otto giorni non stravolgerei la mia non-vita. Sicuramente donerei tutto quello che ho da donare. Scriverei una lettera alle persone che amo.
Chiederei scusa alle persone che ho ferito, più o meno volontariamente.
E poi... sì, direi a Persona tutto quello che provo. Tutto! E forse, gli farei una richiesta. Tanto...otto giorni e morirei. Almeno non avrei rimpianti.
Ma nessuno sa quando la Parca taglierà il filo.
Quindi niente lettere, niente confessioni, niente richieste.
Probabilmente è meglio così.

Sono distratta. Persona mi ha scritto. Si è inventato una super scusa. Sono fuori di me dalla gioia.
Non ne esistono altri uguali.
Finire la Fase I così è stupendo.
Il migliore dei finali.

"Era bella, magari non la più bella fra il pubblico femminile,
ma bella in un modo indefinibile, particolare,
impossibile da spiegare a parole,
come un verso il cui senso ultimo,
se è possibile che ciò esista in un verso,
sfugge continuamente al traduttore."

Credo che sia il modo più vero per descrivere la persona Amata.
Vorrei che un giorno qualcuno usasse parole simili.

Ma alla mia età c'è poco da sognare ancora...

suona come se si stesse congedando dal mondo,
dicendo finalmente tutto quello che aveva taciuto,
i sogni infranti, i desideri frustrati, la vita insomma.

Questo libro entra nel mio cuore con su una bella etichetta che dice "preferiti".
E lo so, dovrei parlare più della vita che della morte ma sento di avere più cose in comune con la nera signora che con sua sorella.
Però nel libro si equilibrano: l'immagine della farfalla annunciatrice di morte e quella della musica per descrivere una vita sono allo stesso modo e tempo idilliache.



LV giorno...fine

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