domenica 3 gennaio 2021

Il Silmarillion - JRR Tolkien

 Volle dunque che i cuori degli Uomini indagassero di là dal mondo,
e in questo mai trovassero pace; ma che avessero la facoltà di plasmare la propria vita, 
tra le potenze e i casi del mondo, oltre la Musica degli Ainur,
la quale è come un destino per tutte le altre creature; 
e per opera loro ogni cosa sarebbe stata, in forma e azione, compiuta, e il mondo definito sino all'ultima e alla più minuscola di tutte.



Centoventinove anni fa nasceva John Ronald Reuel Tolkien, il mio amato Professore.
Non che ne sia degna, ma mi piace trascorrere questo giorno pensando alle sue opere.
In particolar modo, dopo una serie di voli pindarici, il mio pensiero si è posato su questo libro.
Non posso definirlo romanzo, né racconto, né saggio.
Questo libro è unico nel suo genere. E mi è venuto in mente non più di due sere fa quando, guardando Matrix, l'agente Smith spiega che il cervello umano non era stato capace di adattarsi ad un mondo utopico, fatto solo di bene, dove tutti erano felici e sorridenti. (Ecco perché Matrix disegna un mondo come il nostro, fatto di guerra e pace, amore e odio. Ma questa è veramente un'altra storia.)
Allora mi sono chiesta, se fosse dipeso da me, come sarebbe stato un mondo forgiato dal mio pensiero? (E anche qui non mi dilungo, perché questa sarebbe un'altra serie di storie.)
Dal mio mondo sono passata a quello che ho più amato in letteratura e così...eccomi a Il Silmarillion
Dicevo: un libro unico nel suo genere.
Viene definito opera mitopoietica. Termine usato per cristallizzare un'opera che non ha precedenti. Tolkien infatti, dà vita ad un vero e proprio ciclo di miti e leggende, a cui guarderanno le sue opere più famose. In epoca moderna non vi sono stati altri tentativi di costruire qualcosa che fosse in odore di epos.
Difficile dire quando abbia iniziato o quando, o se, abbia smesso di lavorarci. Ma ciò che sembra certo è che sia la sua opera più grande. La sua Bibbia, con tanto di Genesi e Cantico dei Cantici.
Forse iniziata scrivendo su logori taccuini nel 1917, mentre era in trincea, durante la Prima Guerra Mondiale. Forse. Probabile che ci abbia lavorato tutta la vita.
Per farla breve, se i greci pensano a Zeus e ad Achille, i latini a Giove ed Enea, i bambini della Terza Era non possono non conoscere Arda.

Oggi, siamo grati al lavoro del figlio Christopher Tolkien con l'aiuto dello scrittore fantasy Guy Gavriel Kay, per quello che abbiamo tra le mani. Ma non posso non domandarmi quale sarebbe stato il risultato se il Professore avesse potuto scrivere la parola fine su questa sua opera.

Non vorrei essere fraintesa, anche in questa forma la ritrovo un'opera bellissima.
Sono passati ventidue anni da quella lettura e ne ricordo ancora le sensazioni e le emozioni.
Lo immagino come il capitolo iniziale e finale, l'alfa e l'omega, dell'intera opera di Tolkien.

A partire da "La musica degli Ainur", fino all'ultima parte "Gli Anelli del Potere e la Terza Era", si respira un'atmosfera così intima, così viva, che si ha come l'impressione che il mondo stia prendendo vita sotto i nostri occhi, pagina dopo pagina.
Una sensazione mai più provata nella vita.
Che lega indissolubilmente alla Terra di Mezzo non come fosse una storia, ma come fosse La Storia, la nostra.


Intanto, nella mia vita fuori dallo schermo, sento che la rabbia sta sfumando.
Nostalgia guadagna ogni giorno che passa, sempre più spazio.
Presto mi avvolgerà e sommergerà.
Lentamente si affievolisce anche il mio bisogno di confidarmi.
Sto proprio rientrando nella mia solitudine, giù giù, nel fondo della tana del Bianconiglio.

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