mercoledì 13 gennaio 2021

Ulisse - James Joyce

 Guarda il mare.
Cosa gli importa al mare delle offese?



Ottant'anni senza James Joyce.
Ottant'anni di guerre, violenze, scoperte, innovazioni.
Ottant'anni di pensieri, tragedie, speranze, illusioni, realizzazioni.
Prima di questo romanzo avevo una visione del mondo, ma da quando ho girato l'ultima pagina, da quell'ultimo "sì e il suo cuore batteva all'impazzata e sì ho detto sì voglio Sì." credo di aver stravolto completamente il senso che pensavo avesse l'intera esistenza.
Non voglio dare un'immagine falsa: continuo a sbraitare, a impazzire per amore, a dire banalità e idiozie.
Ma nel silenzio della mia anima, lo so, lo avverto, si è compiuto un cambiamento.
È stato il mio LV libro 2020. Non lo dimenticherò mai. Tra alti e bassi, tra momenti scorrevoli, momenti in cui ho pensato di lasciar perdere, abbiamo trascorso insieme venti giorni. Giorni in cui ho letto una sola pagina, altri in cui ho divorato capitoli interi. Ma alla fine, quando tutto era compiuto, un senso di pienezza mi ha invaso. Come si può spiegare ciò che ho provato? Mi sono sentita come se avessi attraversato in un secondo, un milione di esistenze; come se le avessi sentite parlare, sussurrare, vivere tutte insieme!
Una sensazione mai provata prima.

-Quello è Dio.
-Che cosa? Chiese Mr Deasy
-Un grido per strada.

La mia edizione è nella nuova traduzione di Gianni Celati. E sono sicura che la cosa ha agevolato la mia lettura. Tuttavia per aiutarmi ulteriormente e non lasciarmi andare, e dare una specie di ordine alle parole che leggevo, ho nominato i XVIII capitoli coi nomi che ho trovato su Wikipedia. Cosa che consiglio di fare a chi volesse intraprendere questo viaggio.
Sì perché come mi sono trovata a scrivere in passato a proposito di Harry Potter e del SdA, questo libro parla proprio di un viaggio, come quello dell'eroe omerico.
Il nostro protagonista però, è un eroe anomalo. Un uomo comune, si potrebbe dire. Ognuno di noi, probabilmente. Che compie un viaggio lungo un giorno, ma profondo quanto la sua anima. Anima che si arricchisce dei posti che visita, della gente che incontra. Anima che perde qualcosa di se stessa per accogliere qualcosa di nuovo.

Come che sia, ci cammini attraverso.
Sono io, un passo dopo l'altro.
Infimo spazio di tempo attraverso infimi momenti di spazio.

L'inizio è straordinario. Mi sono fatta coinvolgere immediatamente. Non riuscivo a mollare la lettura, nemmeno per mangiare. Le parole sono musica, hanno un ritmo che non si ascolta con l'orecchio ma con il cuore. E così si procede per Dublino, il 16 giugno del 1904, ora a fianco di Leopold Bloom, ora sbirciando la sua casa, ora ascoltando Stephen Dedalus.
Sei tentato di abbandonarlo per strada quel Bloom! Ma c'è qualcosa in lui che ti attira e continui a seguire i suoi pensieri, i suoi impegni.
Non capisci se sia innamorato, se sia un fedifrago patentato, se sia uno sventurato. E lei, allora? Lo ama? Lo tradisce, spudoratamente. Ma com'è possibile?
Un po' ti riconosci; anche tu non sei perfetto. Anche tu hai desiderato, hai voluto, ah! se solo...

È difficile crederci tranne se ti arriva davvero addosso perché la maggior parte di loro non ha un filo d'amore e difficilmente trovi creature così fuse l'una con l'altra da sentir tutto come senti te stessa.

Il momento più difficile è stato il capitolo che prende il nome di "Circe".
Tutte le convinzioni classiche vengono spazzate via in un sol baleno.
Ti dici: "Ma cosa sto leggendo?".
E ti ripeti: "Ma cosa sto leggendo!?!".
E non c'è nessun atomo del tuo corpo che ti aiuti a saltare una parola.
Ci fa un regalo Joyce: la scrittura diventa flusso di coscienza. 
Ed è proprio così: tu stai leggendo dei pensieri, i tuoi si intrecciano, sovrappongono con quelli del foglio e ti accorgi che non ti serve respirare, capire, riflettere, memorizzare.

Le pagine sono girate una dopo l'altra, con voracità crescente.
E arrivi all'apice supremo di questo monologo interiore, con il capitolo 18: Penelope.
Siamo solo noi e lei; Molly Bloom ci lascia entrare nella sua mente, nel suo animo.
Prendiamo un bel respiro e voliamo tra questo flusso ininterrotto di sentimenti ed emozioni.
Non ci sono punti, non ci sono virgole a cui aggrapparci.
Siamo naufraghi in un mare di parole, in un mare di pensieri.
Siamo Ulisse, siamo arrivati ad Itaca; e Itaca ha la geologia, i confini, la morfologia dell'animo di Penelope.

Non soffrire più. Non svegliarsi più.
Fine di tutto.

Non ho la presunzione di dire di aver capito questo libro.
L'unica cosa che posso scrivere è che mi sento diversa.
Le parole sono ancora sospese, come sabbia mossa dai flutti.
Il mio animo è ancora torbido. La parole non si sono depositate.
E sono trascorsi già tre mesi. Ma il ricordo è ancora vivo.
Ci sono libri che ricordano le serate sotto le stelle: devi stare al buio e aspettare che lo sguardo si abitui, per vederle.






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