domenica 24 gennaio 2021

La Luna e i Falò - Cesare Pavese

Magari è meglio così,
meglio che tutto se ne vada in un falò d'erbe secche
e che la gente ricominci.


Era nato come un sussurro, si è trasformato in una sinfonia. Cosa? La mia passione per Cesare Pavese.
Non posso nascondere che la sua esistenza privata abbia scavato un posto nel mio cuore.
La sua scrittura così intima, così raccolta, mi è entrata nelle vene. Dentro di me è nato un sentimento sincero nei confronti dei luoghi descritti. Vorrei andare lì e vederli con i miei occhi.
Non sono più la lettrice veloce di un tempo. Ma mentre leggevo non avevo nessuna fretta. Non ero stanca. Ascoltavo la storia attraverso una voce che parla all'anima.
E ho apprezzato moltissimo l'introduzione di Wu Ming: non ampollosa, non stucchevole. Ma chiara e rapida. 
Perfino io l'ho letta tutta e non ne ho saltato una parola. Così posso condividere due riflessioni sull'autore.
La prima è sulla sua scrittura: Pavese recupera una clausola ritmica tipica della prosa medioevale, il cursus planus. La scelta è funzionale a ottenere poesie-racconto, che sfumino la distinzione tra prosa e verso. Ed è proprio vero che quando leggi Pavese scopri poesia nella prosa e prosa nella poesia. 
La seconda riflessione è proprio sull'autore: estrapolare l'identità di una persona da scritture private, da lettere, da diari è di una cattiveria smisurata. Accusare Pavese di essere stato tentato dai fumi del fascismo è una cattiveria stupida e codarda. Stupida, perché qualcuno ha voluto criticare un uomo per quello che ha scritto in un momento lontano nel tempo, ignorando quello che invece ha fatto nel suo tempo futuro. Codarda, perché rivolta ad un uomo che non ha potuto più spiegare o chiarire quelle parole del passato.
Una cosa che accade sempre tra i cosiddetti intellettuali; quelli che ad un certo punto devono dire il contrario di quello che si è sempre scritto per distinguersi, per darsi un tono di superiorità. Bah! Non mi sono mai piaciuti.
Preferisco crearmi le opinioni senza scimmiottare altri, senza essere per forza la voce fuori dal coro. Non è sempre necessario.

Ho letto un commento tempo fa sull'Ulisse di Joyce. Diceva un utente: "Non userò aggettivi del tipo bellissimo/stupendo ecc...".
In questo modo mi sono resa conto di essere di quelli che usa spesso questi aggettivi. Purtroppo tra povertà di linguaggio e incompetenza generalizzata, non so usare modi migliori per esprimermi. 
Ragion per cui...
La luna e i Falò di Cesare Pavese è un romanzo stupendo.
Merita tutti gli apprezzamenti che gli sono stati riservati.
Un vero capolavoro della letteratura italiana. Il punto più alto della scrittura di Pavese.
Lo leggi tutto d'un fiato. E pensando che dopo queste, l'autore non avrà scritto più nessun'altra pagina, senti una fitta al cuore e comprendi quanto ricco sarebbe potuto essere il panorama letterario, se fosse vissuto più a lungo.

Non mi capacito: perché Pavese si è ucciso?
Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andarsene via.
Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Neanche nel tuo paese avevi trovato rifugio? Una sensibilità come la tua che sentiva tutto questo, non ha trovato conforto tra le colline piemontesi, tra le strade di Torino?
Non riesco a farmene una ragione: a quarantadue anni hai deciso di non proseguire più.
Mi sento come te. Ma non sono sola. E non posso, non voglio dare un dispiacere ai miei.
O magari me la racconto così perché non ho il tuo coraggio.

Fu così che cominciai a capire che non si parla solamente per parlare, per dire "ho fatto questo" "ho fatto quello" "ho mangiato e bevuto", 
ma si parla per farsi un'idea, per capire come va questo mondo.

Non si incontrano facilmente persone che ti aiutino a capire, a osservare.
Sono tutti interessati al blabla: quanti anni hai, quanti figli, quanti divorzi, che lavoro fai, di dove sei, quante lingue parli?
Io vorrei invece sapere perché c'è gente che andrà a dormire con lo stomaco vuoto, mentre io mi riprometto di mangiare meno la prossima volta.
Perché c'è gente che va a dormire sereno pur avendo mentito, copiato ad un esame, urtato un'auto in un parcheggio, inquinato, ucciso, rubato, picchiato.
Qual è il senso dell'esistenza?
Tra un po' ricorre il Giorno della Memoria.
Quanti perché mi piovono in testa.

(Non è che ne parlassi con te, ma mi dava una certa serenità pensare che nel mondo c'eri tu. Con la tua onestà e la tua sicurezza. La tua integrità e cultura.
Il mondo mi sembrava un bel posto.)

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