lunedì 18 gennaio 2021

Bartleby Lo Scrivano e Altri Racconti - Herman Melville

 Io sono uno che, sin dalla giovinezza,
ha sempre nutrito la profonda convinzione che il sistema di vita
più tranquillo è anche il migliore.


Continuo ad avere problemi di insonnia. La notte resto sveglia fino alle sei. Sto pensando di rimettermi a studiare. Magari un impegno serio potrebbe aiutarmi a sistemarmi mentalmente.
Nel frattempo leggo, leggo tanto. Ogni minuto libero lo impiego leggendo. Non sto scrivendo più, proprio perché non voglio perdere tempo prezioso.
Per la giornata di oggi ho scelto il mio amato Melville. L'idea mi è venuta ieri, scrivendo di Pavese. Cesare è stato colui che per primo ha tradotto e quindi ci ha permesso di conoscere Moby Dick. Nella mia mente si è creato questo collegamento emotivo che non ho voluto ignorare. Inoltre anche Calvino avrebbe voluto dedicargli un capitolo nel suo Lezioni americane; solo la morte ha impedito che si realizzasse.
Bartleby Lo Scrivano è un racconto bellissimo e non lo so spiegare, ma ho vissuto un vero déjà-vu. Lo avevo letto. Sentivo di conoscerlo. Ma com'è possibile? Dove ho incontrato una situazione simile? Nel libro dell'inquietudine? Nel processo? Sono rimasta turbata.
Fino al momento in cui conosciamo il cuoco del carcere, la storia l'avevo vissuta. Il finale mi ha commosso. Il nostro piccolo, pallido scrivano era stato un impiegato nell'ufficio delle dead letter di Washington, in altre parole l'ufficio delle lettere smarrite.
In quel preciso momento, nel momento in cui Melville ci rivela questa importante notizia del nostro Burtleby, ecco che ci svela tutto il suo essere. Non ci interessa sapere da dove viene, dove ha vissuto.

Quali spaventosi abissi di solitudine mi si parano davanti!

Ci interessa solo capire. E forse uno spiraglio è arrivato.
Quel suo ossessivo preferirei di no è legato a tutte quelle notizie che non sono mai state consegnate. Il suo sguardo si è svuotato negli anni, pensando a tutte quelle parole non consegnate. A tutti quei sentimenti persi in una buca delle lettere. Quei sentimenti inespressi, inascoltati. Quante notizie mai arrivate. Quanti rapporti sospesi. Quante porte mai chiuse.
Senza le parole saremmo morti.

Accade non di rado che, quando ci si vede opporre un rifiuto in maniera inusitata e
decisamente irragionevole, si comincia a vacillare nelle proprie convinzioni più comuni.

Non è solo un racconto allegorico. Bartleby è lo scrivano, è l'amico un po' folle che ci mette in imbarazzo per la sua eccentricità, è la scelta del non essere a discapito dell'essere, il rifiuto dell'atto a vantaggio della potenzialità.

La felicità corteggia la luce, perciò riteniamo che il mondo sia lieto;
ma l'infelicità se ne sta in disparte, perciò riteniamo che non esista.

Ancora due parole per consigliare questo libro.
Ho adorato anche gli altri racconti. Ho scoperto un'insospettabile ironia in Melville.
Io e Il Mio Camino e Il tavolo di Melo sono decisamente dei racconti brillanti e simpatici che mi sono goduta fino all'ultima parola.
Probabilmente furono le difficoltà economiche dello scrittore a costringerlo a vendere parte dei suoi scritti. E in Italia ci vollero cento anni per vedere pubblicati i racconti, dopo la pubblicazione di Moby Dick.
Il Tavolo di Melo è strabiliante, falsamente gotico e anche educativo!
Mi è piaciuto vedere come un oggetto inanimato, un camino o un tavolo dimenticato, sia diventato  protagonista vivo, un amico, un confidente, grazie all'instancabile ingegno di questo incredibile scrittore americano.

La mia malinconia è dilagante.
Soltanto il padre di Moby Dick è riuscito a tenermi a galla per qualche ora.

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