giovedì 18 febbraio 2021

Saghe e Leggende Celtiche

 Si lamentava e intanto non faceva nulla.


Le storie hanno sempre rappresentato un momento fondamentale per l'umanità.
Quando ancora non esistevano i villaggi, era intorno al fuoco che le comunità si radunavano per scambiarsi notizie, riepilogare le esigenze delle singole famiglie.
Il raccontare donava autorevolezza a chi era capace di manipolarne i meccanismi.
Era il momento in cui si insegnava ai più giovani, si ricordavano i vecchi.
La comunità cresceva attraverso le storie.
Da un punto di vista letterario, oggi distinguiamo tra favola e fiaba.
In particolare sappiamo che la favola è quel racconto a carattere didascalico, caratterizzato da una conclusione che porta in sé una morale. Solitamente sono protagonisti gli animali che con metafore, rappresentano caratteristiche umane e si muovono in ambienti realistici. 
La fiaba invece, descrive un mondo fantastico in cui si muovono uomini e creature mitiche. Di solito c'è il lieto fine per i protagonisti della fiaba. E per quanto mi riguarda, è un mondo bellissimo in cui spesso mi perdo.

In particolar modo in questa piccola raccolta c'è un po' della fiaba e della favola.
Sono racconti di anonimi, che provengono dal mondo bretone e scozzese.
A volte è una contadina, altre volte sono dei cantastorie professionisti quelli che ci fanno conoscere il grande ciclo del mondo celtico.
Non è semplice individuare delle tipologie. Chi sono i buoni, chi i cattivi?
I folletti a volte possono aiutarci, altre volte sono dispettosi e ci possono mettere nei guai.
Le streghe non sono sempre quelle cattive e, quando meno te lo aspetti, da loro provengono aiuti insperati e insegnamenti molto saggi.

L'unica cosa certa è che bisogna liberare la fantasia e scoprire la magia dentro di noi e nel mondo della natura che ci circonda.
Quanto poco ascoltiamo la nostra voce interiore.
Quanto poco rispettiamo la nostra casa, il nostro pianeta.

È da un anno ormai che abbiamo adeguato la nostra vita alla presenza del virus Covid-19.
Ma poco abbiamo imparato.
Forse ci siamo assuefatti al dolore, alla morte.
Credo sia una parola orribile: assuefazione
La somministrazione continua di dolore e morte ci ha resi insensibili?
Penso sempre di essermi rotta.
Non nel senso di scocciata-annoiata, ma nel significato primordiale di spaccata.
Solitamente un oggetto rotto si butta, perché quando i lembi non combaciano più, non si possono più incollare tra loro, allora è meglio liberarsi di quell'oggetto che non funziona e non funzionerà più.
Ma non credo di essere assuefatta al dolore altrui.

Devo pensarci su.

'Notte.

 


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