domenica 7 febbraio 2021

Gita al faro - Virginia Woolf

 Sotto la superficie tutto è oscurità, tutto si dilata,
tutto è insondabilmente profondo;
ma di quando in quando affioriamo alla superficie
e da questo voi ci conoscete.


Era da tanto tempo che mi ripromettevo di leggere un romanzo di Virginia Woolf. Aveva ragione quando diceva che si dovrebbe inventare una parola nuova per chiamare i suoi libri.
Pensavo di cavarmela con poco iniziando con un romanzo breve, di poco più di 200 pagine.
Ma mi sbagliavo. Sono naufragata, è proprio il caso di dirlo, in un mare di emozioni e riflessioni. E non avevo niente che mi aiutasse a rimanere a galla. Sono stata sopraffatta. 
Quello che ho scelto si definisce romanzo esistenziale che, come ormai ho imparato, trasporta il lettore tra le riflessioni e i pensieri più intimi dei personaggi e la cui trama rimane un fatto lontano, complementare. Se riesci a farti un'idea della storia va bene, ma se non ci riesci va bene lo stesso.
Una scrittura sofisticata quella della Woolf che non mi aspettavo, che mi ha devastato.
Ho volato troppo in alto ultimamente e come la più sprovveduta degli Icaro, le mie ali di cera si sono sciolte al sole. Ora ho bisogno di fermarmi, di leggere storie semplici e scritture meno complesse.
La prosa della Woolf è nobile e ricercata. Una poesia che dipinge. Sembra di leggere la critica d'arte di un quadro.
Ho la sensazione che non si arrivi mai ad un punto.
Come un'opera incompiuta, come la Pietà del Rondanini; si capisce tutto ma tutto sembra dissolversi in quelle forme abbozzate e non finite.
Decisamente non ero preparata a muovermi tra i meandri del flusso di coscienza di questa nuova famiglia, i Ramsay, e i suoi ospiti. Ho perso il mio gomitolo di lana e non ho saputo affrontare il Minotauro.
Il flusso di coscienza è un vero e proprio fiume, che ci consegna ogni singolo pensiero.
Pensiero che non si sa bene da dove sia spuntato.
A volte mi sembra non avere nemmeno un inizio.
Ho avuto meno difficoltà con Leopold Bloom (l'ho detto! L'ho detto davvero!).
Non a torto è stato definito un capolavoro della letteratura del XX secolo.

Il mio personaggio preferito è la pittrice  Lily Briscoe.
Probabilmente dietro il suo sguardo si nasconde quello della scrittrice. Infatti in questo romanzo non sono pochi i riferimenti biografici: il padre di Virginia potrebbe essere proprio Ramsay (come è scritto nella mia edizione; ma ho trovato anche scritto Ramsey. Sono portata a fidarmi di ciò che posso toccare, quindi scriverò Ramsay) un uomo di filosofia, uno scrittore vanesio, egocentrico, sempre in cerca di conferme che percorreva da solo una strada avvolto da quella solitudine che sembrava la sua atmosfera naturale.

Mentre la signora Ramsay potrebbe essere la bellissima mamma, che ha l'impressione di essere una spugna intrisa di sensazioni umane, alla quale tutti si rivolgono per qualsiasi cosa. Donna tormentata tra il desiderio di solitudine e il rimorso di vedere i figli crescere.
Il fantasma della mamma è sempre presente nell'animo della nostra scrittrice. 
Che dichiara:
"Fino a quarant'anni e oltre fui ossessionata dalla presenza di mia madre... Poi un giorno, mentre attraversavo Tavistock Square, pensai Al faro: con grande, involontaria urgenza. Una cosa ne suscitava un'altra... Che cosa aveva mosso quell'effervescenza? Non ne ho idea. Ma scrissi il libro molto rapidamente, e quando l'ebbi scritto, l'ossessione cessò. Adesso non la sento più la voce di mia madre. Non la vedo. Probabilmente feci da sola quello che gli psicoanalisti fanno ai pazienti. Diedi espressione a qualche emozione antica e profonda."
(Ho preso questa citazione dal sito wikipedia. Mi sembra molto significativa e mi ha aiutato a capire qualcosa in più di questa scrittrice a me completamente sconosciuta. Che vivo come un mito e qualcosa di irraggiungibile.)

Non manca una critica al periodo storico. A quel mondo in cui l'uomo sa fare e alla donna, che non ha competenze in nessun ambito, non resta che sposarsi.
Ma anche qui abbiamo la nostra Medea, la nostra Lily. Libera e fiera della sua libertà.
In presenza di altri si scopre desiderare quello che hanno tutti: una casa, un marito, dei figli.
Ma poi si rende conto che questi desideri sono mutuati dall'esterno, non le appartengono.
Lei è altra cosa.
E allora penso anch'io a quanto sia fortunata a vivere questi miei tempi moderni.
Tristi, maleducati ma liberi.

Tutto è effimero come un arcobaleno.

Vale la pena sottolineare che questo libro si divide in tre parti: la finestra - il trascorrere del tempo - il faro.
Nonostante tutto, penso si possa dire che il finale è lieto.
Infatti i sopravvissuti  riusciranno a terminare quello che avevano programmato: James la gita al faro e Lily il dipinto.
Un fatto anomalo, considerato che la nostra Virginia, esattamente come me, non aveva visioni ottimistiche della vita.
Soffriva di disturbo bipolare e psicosi, di forti crisi depressive ed era purtroppo incline al suicidio.
Nel 1941, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale quell'inclinazione divenne concreta; si tolse la vita.
Si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare nel fiume Ouse.
Aver vissuto gli orrori della Prima Guerra doveva essere stato già troppo da sostenere.
A volte ci penso: come si può sopravvivere ad una cosa simile?

Vorrei imparare a gestire i miei sentimenti.
Vorrei tornare a sentirmi come quando c'era PA, a sentire che la barbarie era domata, il regno del caos vinto.

Tornerò a leggere di questa delicata ed eterea scrittrice che -lo sento! mi ha trafitto il cuore.
Ma non subito. Ho bisogno di leggerezza. Di non pensare.
Ma tornerò. Perché tra simili non è sempre vero che ci si respinge, avvolte ci si attrae.
Come un desiderio di specchiarsi nell'altro.
Sapere come andrà a finire per te, osservando quel che è accaduto all'altro.

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