giovedì 5 maggio 2022

Gita fuoriporta

L'anima si sbigottisce a ricordare.


Caro Bloggy,
oggi è stata una giornata molto particolare.
Sono stata nella città dove Virgilio ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita.
Una città particolare.
Non molto rinomata, nel senso che anche turisticamente non viene spesso citata.
Mi ha lasciato un bel ricordo.
Ho trascorso solo una notte, perché ho provato un concorso (andato malissimo, devo dirtelo. Per fortuna era una prova al computer, quindi la figuraccia è limitata a me e poche persone presenti.) e poi, dopo la prova, ho fatto un po' la turista.
Avevo bisogno di camminare.
Le città di mare sono sempre bellissime.
Spero di tornarci.
Ti lascio con una foto che ho scattato ad un dettaglio del monumento in onore di Virgilio. Chi è? Bravo.

Così essi tali parole fra loro dicevano:
e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie,
Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno
lo nutrì di sua mano (ma non doveva goderne), prima che per
Ilio sacra partisse;
e in passato lo conducevano i giovani
a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri;
ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone,
sul molto letame di muli e buoi, che davanti alle porte
ammucchiavano, perché poi lo portassero
i servi a concimare il grande terreno d’Odisseo;
là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.
E allora, come sentì vicino Odisseo,
mosse la coda, abbassò le due orecchie,
ma non poté correre incontro al padrone.
E il padrone, voltandosi, si terse una lagrima,
facilmente sfuggendo a Eumeo; e subito con parole chiedeva:
«Eumeo, che meraviglia quel cane là sul letame!
Bello di corpo, ma non posso capire
se fu anche rapido a correre con questa bellezza,
oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi,
per splendidezza i padroni li allevano».
E tu rispondendogli, Eumeo porcaio, dicevi:
«Purtroppo è il cane d’un uomo morto lontano.
Se per bellezza e vigore fosse rimasto
come partendo per Troia lo lasciava Odisseo,
t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza.
Non gli sfuggiva, anche nel cupo di folta boscaglia,
qualunque animale vedesse, era bravissimo all’usta.
Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone è morto lontano
dalla patria e le ancelle, infingarde, non se ne curano.
Perché i servi, quando i padroni non li governano,
non hanno voglia di far le cose a dovere;
metà del valore d’un uomo distrugge il tonante
Zeus, allorché schiavo giorno lo afferra».
Così detto, entrò nella comoda casa,
diritto andò per la sala fra i nobili pretendenti.

E Argo la Moira di nera morte afferrò
appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni.

(Odissea, XVII, 290-327)


No, no, io non sto piangendo...
Tu stai piangendo? No, vero?
Ci è solo entrato un ricordo in un occhio.

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