domenica 22 maggio 2022

Ulisse - Giulio Guidorizzi

 Chi parla vive nel mondo di tutti,
chi segue la fantasia si ritrae in un mondo solo suo,
dove nessun altro può entrare.
E a Penelope piaceva trasformare questo mondo in ricami.


Ciao Bloggy,
ieri non ci siamo lasciati in modo sereno. Oggi ho affrontato la domenica ingoiando lacrime e scacciando pensieri. Non mi riprendo amico mio. Mi ha aiutato leggere un po'. Mentre sono qui che scrivo, la finestra è aperta ed entrano suoni e profumi. Sento, usando più di un senso.
Suoni di gioia: il Milan ha conquistato lo scudetto e i tifosi festeggiano.
Profumi di altri luoghi: quello del mare e quello del gelsomino. Penso a Nonna. Penso al passato. Perché non ho continuato con Lettere Classiche? Perché ho falsato così tanto il mio animo. Questa lettura, che sto per raccontarti, è l'ultima di una lunga serie che mi ha dimostrato quale sia il posto che il mio spirito chiama oikos. Che mi ha mostrato ancora una volta, tra le pieghe di quali pagine, sotto la copertina di quali libri, la mia anima si calma, si quieta. Chi l'avrebbe mai detto? Mi sono specchiata in una insolita Penelope. Una Penelope che nessuno mi aveva mai raccontato in questo modo.

Avevo avuto modo, tempo fa, di apprezzare la scrittura del professore Giulio Guidorizzi. Ma all'epoca il mio spirito era troppo malato per parlare. E non sono stata capace di rendere testimonianza alla bellezza del saggio Enea.
Con Ulisse voglio essere più degna.
Buffo: Ulisse non mi è mai piaciuto. L'eroe acheo che con astuzia e intelligenza fa cadere Troia non ha mai conquistato il mio cuore.
Ma alla mia età il modo di vedere il mondo cambia.
E l'ultimo degli eroi ci viene restituito sotto una luce diversa. Come se fosse chiaro e senza possibilità di errore, che Ulisse avesse un solo scopo: tornare a Itaca. Sono stati gli dèi ad ostacolare il suo ricongiungimento con la famiglia amata.

Così, mentre leggevo, ne ho compreso la fama e la capacità di conquistare gli altri. Non sono forse anch'io attratta da una bella mente, piuttosto che da un bel viso? E sì. Anch'io avrei aiutato Ulisse. Anch'io sarei stata conquistata dalla sua eloquenza.

Non avevano mai sentito nessuno parlare come lui,
interi mondi si aprivano davanti ai loro occhi, incredibili, veri, falsi, non importava, scivolavano via come le nubi s'inseguono traslucide nel cielo.

Oggi del tempo degli eroi non rimane niente.
Gli uomini hanno perso valori e umanità.
Come può una ragazza, ridendo, dire al proprio fidanzato che va bene stuprare altre donne, l'importante è usare il preservativo? Sono indignata, allibita e un po' terrorizzata. Penso ai giovani Proci all'interno del palazzo del re di Itaca. Penso alla loro fine.

Il libro di Guidorizzi è diviso in otto capitoli, un prologo ed un epilogo.
Ogni capitolo inizia con il pensiero del personaggio di cui verrà narrato l'incontro con Ulisse e la sua storia. Come sempre Circe è una delle figure femminili più belle che la letteratura abbia concepito. Elena continua ad essere la più ambigua. Penelope, anticipavo, quella che ho imparato a conoscere.
C'è anche una parte, breve, poche righe, una paginetta direi, per Argo, "il veloce".
Inutile dirti che è la parte che mi ha trafitto il cuore.

pag. 166
Si fermano davanti al cane disteso. Magrissimo, si vedono le sue costole alzarsi e abbassarsi lentamente ad ogni respiro.
[...]
Il vecchio si china sul cane e lo accarezza.
Ed ecco, una cosa incredibile: Argo tenta di sollevarsi ma poi ricade, e muove un poco la coda come se volesse fargli festa e lecca la mano che lo sta ancora accarezzando, drizza per un istante le orecchie come se volesse sentire il suo nome per l'ultima volta.
Poi, il movimento delle costole si ferma.

Che vuoi che ti dica?
Per me questa è la parte più bella. Argo è una creatura meravigliosa. E solo un'opera classica poteva concepire tanta bellezza. Ho avuto la fortuna di conoscere un Argo. Me ne sono innamorata ed è proprio vero: non ci sarà mai un altro come lui.

Mi fermo solo un momento a guardare per l'ultima volta, il cielo con Penelope.
In alto scorgiamo insieme la luna. Non ci sono stelle. Il cielo è troppo chiaro.
Aspettare qualcuno per vent'anni deve essere devastante. Non sapere se è vivo o morto, ma nutrirsi del suo ricordo, alimentarsi con i sogni deve essere difficile da sopportare.
Ma lei lo ha fatto.
Perché l'amore è attesa, è fiducia, è abbandono.
Gli anni passano ed anch'io non mi sento più giovane.
Il mio corpo, quello stesso che spesso maltratto e che non mi è mai piaciuto, si sta lentamente spegnendo.
Gli dèi se fossero clementi, mi donerebbero il dono del sonno eterno.
Invece sono qui a veder sfiorire il mio spirito e il suo contenitore.

Non c'è sacrificio che tenga.
Non ho una vita da vivere e così posso notare, soffrendo, ogni mutamento.

Se non sono stata amata in gioventù, quando almeno quella mi sosteneva, quando ancora la freschezza, l'impeto e la passione mi sostenevano, perché mai dovrei essere amata ora, e perché mai dovrei meritare l'amore di P.?
Più passa il tempo, più tutto peggiora.
Semplice constatazione.

A chi ha conosciuto l'amore auguro di avere accanto qualcuno che pensa questo:

Sul viso delle nostre donne il tempo passa, disegna delle rughe, ma io so che saprò vedere la sua bellezza anche oltre quelle rughe.
Tanti anni sono trascorsi. No, non può starti alla pari.
Ma anche così voglio tornare a casa, da lei.

È bella Penelope, sì ma non è solo questo.
Ha coraggio, è intelligente e soprattutto ama.
Credo che dovrebbe fare la differenza.
Puoi avere una dèa che per te non nutre nessun sentimento, le è quasi indifferente la tua sorte.
O amare una donna mortale che ti ama e che ha a cuore solo la tua gioia.
Una con cui litigare. Fare pace. Guardare la partita. Leggere un libro.
Ammirare in silenzio il mare.

La scelta. Tutta lì la differenza. 

Sto come sempre, divagando. Scusa.
Ciao Bloggy.

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