Scuoteva la testa, e la rabbia, lasciava il posto alla tristezza;
quella che riempie la mente quando non c'è più la possibilità di capire,
quando è svanita la ragione ed è solo follia.
Quando ho visto questo libro in promozione, (sai l'offerta Feltrinelli: due libri a 9.90 euro) non ho resistito.
Come sempre all'inizio è difficile avventurarsi in un testo di Gino Strada.
Questo è un diario del chirurgo di guerra. E a volte, lo dice anche lui, sembra un ripetersi di storie una simile all'altra.
E sono storie tristi. Di vite spezzate, mutilate per sempre.
Non è come nei racconti di fiabe, come ne Le Mille e Una Notte, dove riconosci uno schema che a volte si ripete. E magari trovi noioso dopo un po'.
Qui sai che è tutto vero. E quando chiudi il libro, inizi a fare due conti: era il 1992 a Kabul. Erano sette bambini e ne sopravvivono solo due.
All'epoca avevano otto anni circa. Oggi dovrebbero avere meno di quarant'anni. Ma sono ancora vivi? Come hanno fatto a sopravvivere dopo quelle terribili menomazioni.
Solo io penso che vorrei morire se mi accadesse? Cieca, senza arti. Come può chiamarsi vita questa?
Eppure Gino ne ha salvati tanti.
Questa lettura mi scava l'anima. Non so come dire, ma mette a nudo la mia coscienza.
Mette la mia vita davanti ad uno specchio.
Litigo con il gonfiore addominale. Cerco di mangiare meno e fare attività fisica. Poi noto una ruga. Il viso spento. Mi insulto.
Mando un curriculum, aspetto una risposta. Inizio un progetto, non lo porto a termine. Ne inizio un altro, va bene. Due giorni di gioia. Poi ripiombo nello sconforto.
E Alphonsine cosa dovrebbe dire? Ashad? Turbo e Schumacher?
Mi vergogno di me stessa. Quello che sono diventata è una vergogna.
A volte penso che donare sia inutile. E anche io faccio parte della schiera di quelli che credono che questa società sia senza valori. Non si può far altro che vivere nel proprio porto sicuro, facendo il meglio con ciò che si ha.
Ma Emergency è una associazione che merita di essere sostenuta. E quando penso che Gino Strada non c'è più mi sembra che il mondo sia un posto più buio.
Perché mentre i Gino Strada muoiono e non vengono sostituiti,
ingegneri-chimici-artigiani-militari-politici pronti a organizzare e finanziare armi costituiscono un gruppo che temo non vada mai in riserva.
Che fare allora? VIVERE.
Per vivere bisogna donarsi. Lottare per gli altri.
Salvi uno salvi l'umanità intera.
CONOSCERE.
Non chiudersi. Non siamo isole.
Questo il senso del bene, e forse anche dell'azione di un uomo nato circa 2022 anni fa.
Prendere la croce del prossimo e portarla con la propria. Non voltarti dall'altra parte.
Non sono una che farà mai qualcosa di buono.
E non ho un bisturi capace, con cui far vincere il bene.
Ma riconosco la mia fortuna.
Sono nata in un paese che vive in pace.
Che nessuno si sognerebbe di invadere. Che non si sognerebbe mai di combattere.
Pensare a tutte quelle persone mi rattrista. Ognuno ha un modo di vivere, una cultura propria. Non esiste solo lo stile occidentale. E mi sarebbe piaciuto conoscere quelle terre, vederle, visitarle. Prendere il tè con le donne velate. (Farmi arrestare perché non conosco le loro usanze. - Sono scioccamente ironica. - Chiaramente si dovrebbe andare preparati in posti che non si conosce per nulla.)
Il percorso per costruire la pace è veramente difficile. Ma pensa che mondo colorato e meraviglioso sarebbe se vivessimo tutti secondo equità e pace.
Un libro che ti consiglio di acquistare caro Bloggy.
Un libro che fa riflettere.
Un libro che ti arriva al cuore e lo dilania.
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