mercoledì 27 aprile 2022

Lezioni di Felicità - Ilaria Gaspari

 Ho già troppe vite alle spalle, e amici che non sento mai.
Ci scriviamo qualche volta, ci mandiamo dei cuori, non parliamo più.
Non so cosa fanno, come se la cavano nel mondo, come mettono a tacere le paura...


Anche se non riesco a leggere, quando parto, porto sempre con me un libro. Non importa per quanto tempo debba stare fuori casa, lui è con me. In rigoroso formato cartaceo. E anche questa volta è andata così.
Non ricordo dove ho acquistato questo libro in particolare. Forse al supermercato c'erano degli sconti, qualche tempo fa. (Perdonami Baricco!)
E non so dirti se sia un libro di narrativa o di filosofia. Fatto sta che ero fuori città e discutevo con Cugy del più e del mio. Ammettevo, non mi ricordo perché, di non averci mai capito nulla del paradosso Achille-Tartaruga. E che tuttavia mi sarebbe piaciuto intraprendere studi classici.
Mentre lei era impegnata con la doccia e altre faccende, mi siedo tranquilla al tavolino della struttura che ci ospita, e scopro una storia molto bella di questa giovane scrittrice milanese, che mi conquista già dalle prime battute e che in qualche modo coinvolge anche Achille e la Tartaruga.

Inevitabilmente mi tornano in mente le lezioni di italiano del liceo: la mia Prof. che ci priva di incanto e poetiche immagini, dichiarando che gli scrittori non utilizzano l'ispirazione per elargire immortali capolavori letterari.
Così mi trovo a leggere una storia che magari non ha nulla di autobiografico ma che comunque, lo stile in prima persona, mi conquista e mi fa sviluppare una sorta di empatia con la protagonista.

Suo malgrado si sta inaugurando una nuova fase nella sua vita.
Così la troviamo in piedi, piena di polvere, su una scala, che tenta di stipare in scatoloni i volumi della sua libreria. Tra quei volumi ritrova ricordi e sentimenti, emozioni dimenticate e sudate, ritrova i vecchi libri dell'università. E si scopre a contatto coi vecchi maestri della filosofia greca.
Le Lezioni di felicità sono un viaggio di sei settimane, a spasso per la Grecia Antica, accanto a Maestri che avevamo dimenticato. Che pur avendo vissuto in uno spazio e in un tempo lontanissimi, possono ancora esserci di conforto.
Mai filosofia fu più chiara e divertente.
Tranne che per Achille e Tartaruga che continuo a non capire.

Prima settimana: Pitagora - Non camminare sulle strade maestre.
Forse è la scuola più difficile da seguire e attualizzare. Che avrà mai voluto dire Pitagora prescrivendo a se stesso e ai suoi allievi di non strappare le ghirlande? Non lo sapremo mai. Ma la protagonista ci fa sorridere non poco in questo capitolo e ci convince in un certo senso ad essere più ordinati, perché forse l'ordine esteriore coincide con quello interiore, e con lei ci ritroviamo a scoprire l'importanza della camminata ignorante (come mi piace chiamarla), che non ci farà vincere medaglie olimpiche ma ci farà sicuramente bene allo spirito.

Seconda settimana: Parmenide - non fidarsi dei sensi.
A volte siamo così presi dall'obiettivo, da dimenticarci di godere di tutto quello che facciamo per raggiungerlo. Corriamo a volte, forse inseguendo qualcosa che non ci siamo nemmeno scelti. E allora godiamo anche del tempo sospeso. Dell'attimo che non tornerà. Cerchiamo di essere generosi con noi stessi e con gli altri. 

Terza settimana: Pirrone e gli scettici - la distanza minima dalla vita che serve per poterla raccontare, per vederla tutta intera e riuscire poi a mostrarla.
Siamo sempre presi da una guerra inconscia in cui vogliamo sempre essere dalla parte della ragione. Ma se iniziassimo semplicemente a dubitare e a pensare con un mi sembra iniziale, forse non sarebbe così male. E anche gli errori, quelli veri, sarebbero meno dolorosi.
Sinceramente alla fine di questo capitolo ho scritto molti insulti... ma non te ne anticipo il motivo.

Quarta settimana: Epitteto e gli stoici - Non desiderare cose impossibili e nemmeno improbabili. Desidera solo quello che sai che succederà.
Epitteto è sicuramente il maestro che ho amato di più. Sarà che il suo capitolo parte da pagina 79, ma mi piacerebbe essere capace di vivere di cose semplici. Di non rincorrere più chimere e illusioni. Spegnere le attese. Addomesticare la speranza. In pratica smetterla di desiderare che mi scriva, quando ormai è chiaro che non gli frega niente di me. Smetterla di rincorrere sogni lavorativi irrealizzabili.
APROAIRETICA: PA non mi vuole manco per spazzare il giardino di casa.
Ci sono cose che non dipendono da me.
Se non sono bella non posso modificare il mio aspetto. Posso rendermi civile. Tutto qui.
Accettare. Sopportare e Astenersi.
Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma delle opinioni ch'eglino hanno delle cose.

Le ultime due settimane te le lascio scoprire da solo, caro Bloggy. Un inaspettato Epicuro e Diogene non aspettano altro di essere letti e rispolverati.
La mezzanotte è trascorsa da tempo ed io ho bisogno di dormire.
Domani sarà un'altra giornata niente male.
Però forse, questo libro mi ha indicato cosa leggere a Maggio.
Tutto parte da una brutta lampada che se la strofini fa pensare ad un ladruncolo e ad un genio che esaudisce tre desideri...

Scrivere è un esercizio per se stessi.
Ma se lo fai per lavoro, immaginare di toccare tante altre persone deve essere un pensiero meraviglioso e spaventoso, nel contempo.

Volevo che consolassero un dolore, o anche solo mezzo; o che aiutassero qualcuno a finire un pensiero, qualcun altro a sentirsi meno solo per aver letto qualcosa di ormai dimenticato.
Che servissero a qualcuno (qualcuno di sconosciuto e invisibile) a passare un paio d'ore piacevoli, a ricordarsi una cosa o a scordarne un'altra.


Rientro in questo ultimo gruppo. A me questo libro ha fatto molta compagnia. Mi ha fatto piacere leggere nero su bianco che durante l'università, non sono stata la sola che studiasse alcuni esami solo per il voto finale e per "levarseli di torno".
Mi ha fatto tornare a scuola. Mi ha fatto passeggiare per Atene. Mi ha fatto pensare ai miei vicini di finestra (che in realtà non scorgo mai; un po' perché non ho l'abitudine di osservare un po' perché penso non ci sia nessuno... Indagherò!), mi ha fatto riflettere. Sospirare.
E mi ha fatto capire quanto sia triste la mia vita.
Triste e vuota. Senza futuro.
Se riuscissi ad accettarlo, sarei felice. Semplicemente.
Non ho bisogno di averi. Non voglio auto o borse costose. Non ho bisogno di molte cose.
Ciò che voglio, che desidero, non è raggiungibile.
Putin poi, che minaccia un giorno sì e un giorno no, di iniziare un conflitto nucleare non aiuta molto.
Devo pensare a Epitteto: desiderare solo ciò che so che si avvererà. 

Complimenti a Ilaria Gaspari: un libro bellissimo e piacevolissimo.

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