giovedì 3 giugno 2021

Il Processo - Franz Kafka

Per chi è sospettato, è meglio il moto della quiete,
perché chi sta fermo può sempre, anche senza saperlo,
stare sul piatto d'una bilancia,
ed essere pesato con i suoi peccati.


1924: il mondo diventa più triste e vuoto, muore Franz Kafka. Aveva solo 41 anni.
Imperdonabile da parte mia non averlo fatto prima. Non aver parlato di uno degli scrittori più importanti della mia vita. Perché puoi divorare saggi e romanzi di mille pagine, ma non avrai letto nulla fino a quando non avrai incontrato Franz Kafka.
Il mio primo incontro con lui è avvenuto tramite La Metamorfosi. Nome profetico, per quanto mi riguarda, che ha stravolto il mio amore ed il mio appetito letterario.
Lo scrivo sempre con una certa modestia, ma da Kafka in poi le mie letture hanno subito una sorta di fioritura. Sono diventate più sincere, più esigenti, più sofisticate.
Non mi accontento più de "l'importante è leggere".
No, voglio una lettura sconvolgente! Voglio pagine che mi squassino, come fosse Amore in persona a trafiggermi il petto!
Il Processo l'ho letto molto tempo fa. Proprio quando iniziavo a sfoltire la lista dei Libri da leggere prima di morire (ora che ci penso: è da molto che non la consulto. Mi mancano dei capolavori da ritiro spirituale). 
Ricordo perfettamente l'atmosfera claustrofobica che si respira tra le pagine di questo particolare romanzo. Da un punto di vista tecnico, si potrebbe dire che è incompleto. Fu pubblicato dopo la morte del suo sfortunato autore, nel 1925. E alcuni capitoli risultano incompleti.
Ma la sensazione di smarrimento e soffocamento che respira il protagonista, sembra invadere anche la mente del lettore.
E non nego di aver pensato che "l'incompiutezza" potesse essere stata una scelta scïènte dello stesso Kafka.

La giusta comprensione di una cosa e
la incomprensione della stessa cosa non si escludono.

Da un certo punto di vista Kafka mi attira, come Pavese.
Entrambi si mostravano al mondo come "cinici divertenti". Entrambi erano degli attenti osservatori dell'animo umano.
Kafka è morto a causa della tubercolosi. Ma non si esclude che abbia avuto delle tendenze suicide. E che fosse depresso. Non si sposò mai, ma non disdegnò l'amore. 
Amore che non doveva vivere in modo sereno. Forse era un po' come me: innamorato dell'Amore nel senso più spirituale del termine, e spaventato dal contatto fisico con l'altro.
Ecco perché sto benissimo seduta alla scrivania, davanti al pc.
Mi sembra di eliminare il corpo in questo modo. Di non coinvolgerlo e quindi di non sporcare i rapporti con le persone.
Mi sembra che il corpo sia un ostacolo.
Gli altri sono belli e sicuri di sé. Per me il corpo è solo un peso ingombrante, di cui soffro e subisco la presenza.
Se potessi me ne libererei senza remore.
E non è un'allegoria!
Per Kafka hanno inventato l'espressione allegoria vuota. Parlava tramite allegorie che in realtà, non celavano nulla.
Gli archetipi che si possono rintracciare negli scritti di Kafka sono alienazione, claustrofobia, oppressione esistenziale, conflitti con la famiglia, meandri burocratici e mutazioni mistiche.
Un'offerta unica e rara.
Perché tutto è scritto senza intoppi, senza momenti morti.
I suoi protagonisti sono spesso preda di crisi esistenziali.
Alcuni arriveranno al cambiamento fisico, altri alla morte.

Il Processo disarma e angoscia, perché in realtà ciò che accade al protagonista, potrebbe accadere ad ognuno di noi: essere perseguitati dal sistema giudiziario, senza saperne il motivo.
La difesa è vana.
Sei perduto.
Il destino ha deciso così.
Angosciante.
Non sono riuscita a leggere altro di Kafka.
Avevo bisogno di respirare.
Ma penso che tornerò presto nei labirinti della sua mente, forse con Il Castello.

Oggi è stata una giornata faticosa ma bellissima.
Ho sentito la sua risata. Non mi riprendo più. Mi scoppia il cuore.

p.s. La foto devo farla domani. Ora è tardi e i bimbi e le emozioni mi hanno sfinito.

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