sabato 23 novembre 2019

1984 - George Orwell

"In neolingua la parola scienza manca addirittura."


Quando ho iniziato quest'avventura non ho fatto bene i conti con due importanti fattori:
1) il tempo
2) l'ispirazione.
 Nel primo caso ho immaginato di scrivere un post massimo ogni tre giorni. Così da non far passare troppo tempo, senza scrivere qualcosina.
Nel secondo caso non ho considerato che la mia esistenza, piatta e priva di interessi, non poteva ogni giorno essere associata ad un libro.
Allora l'ispirazione l'ho cercata fuori di me. Ho sfoderato le armi pesanti, come si suol dire.
Oggi, sfogliando l'almanacco del mese (online ne trovi tanti), ho scoperto che è l'anniversario della presentazione del primo smartphone, ad opera della IBM. L'IBM scatena una serie di considerazioni che in questo momento non so tradurre in parole. Ma questo avvenimento, questo ricordo del passato mi ha fatto pensare a "1984" di Orwell.
Immaginare un mondo in cui sei continuamente sorvegliato, non puoi avere la minima emozione ed è considerato reato avere pensieri negativi nei confronti del potere, mi destabilizza.
I mondi che immagino io sono decisamente diversi.
Ma se penso che è stato scritto nel 1948 e osservo il mondo oggi, mi chiedo se per alcuni versi non sia stato più lungimirante Orwell di me, che immagino un mondo d'amore e pace. Dove pizza e cioccolato non fanno ingrassare, dove non esistono violenza e ingiustizie. Quanto sono idiota!
Il libro è bellissimo.
Concetti di non facile gestione, vengono snocciolati con parole chiare e semplici.
La critica al totalitarismo, al pensiero comunista, all'ideologia.
Dai, è un genio questo George!
L'unica obiezione che muovo è contro il finale amaro.
Io tifo per la speranza, per il lieto fine. I libri sono mondi diversi dal nostro, almeno lì spero che i protagonisti siano felici.
Mi rendo conto, però, che volendo mantenere vigile la nostra coscienza, non avrà ammesso nessuna eccezione. Nemmeno sul finale.
La lezione che credo sia più importante, e tristemente attuale, da imparare è racchiusa in quel dubitare di tutto, delle rivoluzioni, dei liberatori e anche del nostro stesso pensiero; pensiero che potrebbe essere condizionato da un linguaggio costruito ad arte per sedurre la nostra mente, per accattivarla, compiacerla e "nell'oscurità incatenarla"∗.

p.s. ∗Lo so, è Tolkien, non Orwell.
Ma per me, il Professore sta bene sempre e con tutto.

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