lunedì 11 novembre 2019

Anna Karenina - Lev Tolstoj

"Le famiglie felici si somigliano tutte, 
 le famiglie infelici lo sono ognuna a modo suo."

Non credo di esagerare se dico che questo è tra i più noti incipit di un libro.
Dopo tutte le cose strane che ho scritto in questi giorni ho pensato di raccontare, a modo mio, Anna, perché è un personaggio difficile, che non mi piace ma che per alcuni aspetti mi assomiglia.

ATTENZIONE: SE NON HAI LETTO IL LIBRO, POTREBBERO ESSERCI DELLE INFORMAZIONI CHE TI ANTICIPANO IL RACCONTO!

Anna è descritta come una donna intelligente, bella, affascinante.
Che ha bisogno di amare e cosa più importante, ha bisogno di sentirsi amata, di sentire di essere l'unica.
Come darle torto? Non è questo forse, ciò che si dovrebbe provare in amore?
Ma non è facile poter realizzare ogni giorno, in ogni istante questo coinvolgimento.
Il quotidiano, la società, gli altri, tutto concorre a minare questo universo indipendente che chiamiamo Amore.

Anna non ce la fa.
In questo mi sento un po' come lei.
Impossibile stare accanto a chi ha queste insicurezze, chi vive questo dolore fino all'estrema nevrastenia.
E siccome non ci piace mai chi ha i nostri stessi difetti, ecco che il personaggio che ho seguito pagina per pagina, ho cercato, ho desiderato fosse felice, è Konstantin Levin, e non Anna. Che in alcuni momenti mi era insopportabile sulla scena.
Levin, invece, impacciato negli affari del cuore, ma sincero, introverso e senza fronzoli, l'ho adorato subito!
Perdonami Anna. Ti ho tradito anch'io.
Mi sono sentita in colpa, forse più di Vrònskij.

Questo era uno dei miei romanzi "mito".
Quelli che vorresti leggere ma pensi "non ce la farò mai".
Invece la storia di Levin mi ha preso per mano e in quattro notti l'ho finito.
Onestamente penso sia sbagliato leggere in modo compulsivo una storia di ottocento pagine (circa).
Ma la scrittura di Tolstoj lo permette.
I temi affrontati abbracciano campi di vita diversi, moderni in alcuni spunti.
Quello che mi ha colpito è il modo di smascherare l'ipocrisia della società dell'epoca (?), che accetta un tradimento finché si tratta di combattere la noia della vita matrimoniale, ma che lo condanna fino all'esilio sociale, se si trasforma in amore.
Ma non ne siamo ancora vittime?
Non siamo tutti presi dalle convenzioni sociali, dal salvare la apparenze?


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