"Il mio corpo era però come un'arpa
e le parole e i gesti di lei
eran le dita che ne accarezzavan le corde."
Nel 1882 a Dublino, nasceva James Joyce.
A scuola lo abbiamo studiato senza capirlo.
Da adulta sto cercando di avvicinarmi con umiltà e come sempre, in punta di piedi.
I berlinesi hanno fama di essere gentili ed educati, quindi mi ingentilisco ed educo anch'io per parlare di questo libro.
(Spero tu abbia notato la presenza dell'orsetto, perché più gentile di così non posso essere!)
Mi duole dirlo a me non è piaciuto molto.
Chiaramente è colpa mia, mi piacciono i romanzi con temi semplici.
Non sono tipo da pub e ambienti pieni di fumo.
Mi piacciono i personaggi positivi.
Voglio vedere, sentire, toccare il trionfo del bene.
Però, paradossalmente, l'ho ritrovato geniale.
Perché? Perché riesce egregiamente, come fosse un quadro, a rendere il tema prefissato: la paralisi.
Ecco perché descrizioni dettagliate, in un primo momento superflue, mi sembrano pennellate stilistiche per cogliere l'istantaneità, il fermoimmagine della vita dei protagonisti.
I racconti che sono raccolti, hanno come protagonisti dei berlinesi impantanati nella monotonia della propria quotidianità, per la quale il rimedio sembrerebbe una fuga improvvisa, ma ahimè non realizzabile.
Politica e religione siedono ai banchi degli imputati.
E perseguitano i berlinesi a seconda dell'età che stanno vivendo, con sfumature diverse.
Infatti i racconti sembrano divisi in quattro sezioni ognuna rappresentazione di una fase della vita:
Le sorelle, Un incontro, Arabia rappresentano l'infanzia;
e le parole e i gesti di lei
eran le dita che ne accarezzavan le corde."
Nel 1882 a Dublino, nasceva James Joyce.
A scuola lo abbiamo studiato senza capirlo.
Da adulta sto cercando di avvicinarmi con umiltà e come sempre, in punta di piedi.
I berlinesi hanno fama di essere gentili ed educati, quindi mi ingentilisco ed educo anch'io per parlare di questo libro.
(Spero tu abbia notato la presenza dell'orsetto, perché più gentile di così non posso essere!)
Mi duole dirlo a me non è piaciuto molto.
Chiaramente è colpa mia, mi piacciono i romanzi con temi semplici.
Non sono tipo da pub e ambienti pieni di fumo.
Mi piacciono i personaggi positivi.
Voglio vedere, sentire, toccare il trionfo del bene.
Però, paradossalmente, l'ho ritrovato geniale.
Perché? Perché riesce egregiamente, come fosse un quadro, a rendere il tema prefissato: la paralisi.
Ecco perché descrizioni dettagliate, in un primo momento superflue, mi sembrano pennellate stilistiche per cogliere l'istantaneità, il fermoimmagine della vita dei protagonisti.
I racconti che sono raccolti, hanno come protagonisti dei berlinesi impantanati nella monotonia della propria quotidianità, per la quale il rimedio sembrerebbe una fuga improvvisa, ma ahimè non realizzabile.
Politica e religione siedono ai banchi degli imputati.
E perseguitano i berlinesi a seconda dell'età che stanno vivendo, con sfumature diverse.
Infatti i racconti sembrano divisi in quattro sezioni ognuna rappresentazione di una fase della vita:
Le sorelle, Un incontro, Arabia rappresentano l'infanzia;
Eveline, Dopo la corsa, I due galanti, Pensione di famiglia sono i portavoce dell'adolescenza;
Una piccola nube, Rivalsa, Polvere, Un caso pietoso guidano la maturità;
Il giorno dell'Edera, Una madre, La grazia sono dedicati alla vita pubblica.
L'epilogo "I morti" è quello che mi è piaciuto e ha salvato l'intera lettura.
Mi rendo conto di quanto possa sembrare gotica questa mia affermazione.
"Il suono di una campana la colpì nel cuore.
Si sentì prendere per mano.
-Vieni!
I mari di tutto il mondo le si riversarono in cuore.
E lui ve la stava trascinando dentro: per annegarla."
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(Esopo)