domenica 16 febbraio 2020

Saggio Critico - Giosue Carducci

Saggio Critico
(ad uso degli studenti e delle persone colte)

Centotredici anni fa moriva uno dei padri della nostra letteratura moderna, nonché primo italiano ad ottenere l'ambito Premio Nobel per la Letteratura. Questa la motivazione: «non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica».

E con Carducci si torna immediatamente tra i banchi di scuola.
È come se una mano invisibile mi riportasse proprio a quei giorni.
A quel "L'albero a cui tendevi la pargoletta mano il verde melograno Da' bei vermigli fior" .

Poi è stata la volta di Fiorello che cantava "La nebbia agli irti colli piovigginando sale". E non conosco qualcuno che non sappia come continua.

Il poeta italiano degli italiani.
Quando era senatore, nel 1890, sostenne gli insegnanti e unico credo, nella storia del nostro Paese, lottò affinché la scuola avesse un ruolo da protagonista nella società italiana.
Oggi invece, vogliono che gli insegnanti con stipendi ridicoli, si spostino da una parte all'altra del Paese, trattino i ragazzi come se fossero numeri contabili di un'azienda e che le valutazioni vengano fatte con le emoji. Meraviglioso.
Vorrei suggerire per il futuro di:
- introdurre come materia di studio "trash e programmi domenicali" al posto della letteratura italiana;
- eliminare i testi di studio e usare solo internet;
- niente compiti a casa, ma postare una foto su Ig ogni giorno.

Immagino tutto il genio italiano ribaltarsi nella dimora dell'ultimo riposo.

"Ma la storia è quel che è: volerla rifare noi a nostro senno, voler riveder noi come un tema scolastico il gran libro dei secoli e inscrivervi sopra con cipiglio di maestri le correzioni, e, peggio ancora, concellar con un frego di penna le pagine che non ci gustano... tutto ciò è arbitrario o ginnastica d'ingegno, ma non è il vero anzi è il contrario. La storia è quel che è..."

Spesso leggo commenti del tipo: "Ma non è vero che solo gli studi umanistici aprano (non è vero, ho letto "aprono") la mente!".
No? Io credo che ci voglia più umiltà.
I pensatori vengono tutti da un ramo. 
Bisogna ammetterlo e riconoscere i propri limiti.
Le dita di una mano sono tutte diverse.
Questo non significa che qualcuno sia migliore o peggiore.
Ma bisogna riconoscere che quello che sa fare il pollice non lo potrà mai fare il mignolo.

"Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie."

p.s. Giosue, non Giosuè, perché pare che il poeta preferisse la grafia senza accento.
E chi sono io per fare una cosa che non avrebbe gradito?

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