martedì 24 novembre 2020

Le Avventure di Pinocchio - Carlo Collodi

Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani
 all'alba, voglio andarmene di qui,
perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi,
vale a dire mi manderanno a scuola,
e per amore o per forza mi toccherà a studiare;
e io, a dirtela in confidenza,
di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle
e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.


Come biasimare il piccolo Pinocchio?
Arrampicarsi sugli alberi, inseguire le farfalle è una cosa mille volte più bella dello stare seduto in classe.
Ma studiare è un'altra cosa.
E se tutti fossimo più liberi, meno legati a vincoli e leggi, penso che anche la scuola in sé sarebbe più divertente e costruttiva.

Firenze 1826: nasce Carlo Lorenzini. Il mondo lo conoscerà con lo pseudonimo di Collodi.
Fu il papà del burattino, in realtà marionetta, più famoso di tutti.
Iniziale progetto per otto episodi, le avventure di questo terribile burattino ebbero così tanto successo, tra i piccoli lettori, che Collodi fu costretto a dar vita ad un vero e proprio romanzo. E a non ucciderlo sulla famosa quercia, ad opera del Gatto e della Volpe.
Credo sia uno dei libri italiani più tradotti al mondo. Da bambina, però, non adoravo particolarmente questo libro. So che per alcuni è un romanzo di formazione. Ma a me faceva tanta paura. Cos'è questa storia che non ci si può fidare di un Gatto e di una Volpe? E Geppetto? Come si può far soffrire così il proprio papà? No, da bambina non avevo simpatia per Pinocchio. Pinocchio che uccide il povero Grillo, senza pietà, spiaccicandolo con un martello! Per me era inaccettabile. E, confesso, avevo tanta pietà per Lucignolo, e piangevo come una fontana quando egli moriva in veste di asinello.

Quest'anno mi sono fatta un sacco di regali. Ho completato la collana di classici firmata L'Ippocampo. E devo riconoscere che proprio quella del "burattino di legno", è tra le più belle.

Ogni volume è un piccolo scrigno. Onestamente diventa difficile leggerli, ma facendo molta cautela, ogni pagina è una specie di viaggio in un mondo fantastico. Sono felice di aver fatto questa pazzia. E poco per volta voglio fotografarli tutti e sette.

C'era una volta...
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

È interessante scoprire che esistono molte chiavi di lettura per comprendere quello che ho sempre visto come un racconto per bambini. La più interessante, è sicuramente l'interpretazione che si fa in chiave esoterica.
A quanto pare, sarebbe possibile rintracciare diversi elementi simbolici riconducibili all'antica tradizione magica e sotterranea della letteratura italiana.
Essa muove i primi passi con Apuleio, attraversa la poesia medioevale di Federico II e Dante Alighieri, infine sfocia nell'esoterismo del Rinascimento.
Pinocchio quindi è la storia di un'iniziazione: una marionetta di legno aspira a ritrovare la sua anima. Nasciamo tutti come blocchi informi. Ma siamo esseri vuoti, capaci di muoverci e parlare, ma non di provare sentimenti veri. Dobbiamo aspirare a qualcosa di superiore per avere un'identità, dare un senso all'esistenza. Per questo ricorre spesso, il tema della metamorfosi: diveniamo asiani quando perdiamo noi stessi, la nostra strada; ma diventiamo "bambini veri" quando sacrifichiamo noi stessi, quando scopriamo cos'è l'amore.

La nostra vita sarebbe un volgare teatrino, in cui saremmo privi di volontà, se non ci fermassimo e prendessimo in mano la nostra esistenza, tagliando i fili che altri ci hanno legato a polsi e caviglie!
Perfino Mangiafuoco è capace di redimersi.
Chissà, forse non esagerava chi intravedeva un significato cristiano nel testo.
Qualcuno infatti, ricordando il passato in seminario di Collodi, ritiene vi siano tanti simboli e riferimenti cristiani, o ai vangeli apocrifi che raccontano un'infanzia turbolenta di Gesù. I più arditi hanno legato il simbolo del ceppo di legno, al legno della croce. Ovviamente non sono degna di simili voli, riferimenti o collegamenti. Ma mi piace trascrivere ciò che ho letto.

Chi non ha pensato a Giona, quando Geppetto prima e in seguito il povero Pinocchio, vengono inghiottiti da un pescecane?
Per tornare a vedere la luce, dobbiamo passare tutti dal buio.
Perché tutti proviamo il buio dell’esistenza, ma non dobbiamo lasciarci ingoiare dal volere cieco della sorte che divora ogni cosa.
Dobbiamo imparare ad avere un atteggiamento propositivo. Non fare il Tonno della storia di Pinocchio, che rassegnato aspetta di essere digerito. Ma come Pinocchio, dobbiamo liberarci del peso del passato e combattere per il nostro presente.
Forse è emblematico soffermarsi sul fatto che Pinocchio chieda aiuto. E alla fine, riesca a trovare la luce, il suo Babbo e la libertà.

Si sa: in questo mondo bisogna tutti aiutarsi l'uno coll'altro.

Per fortuna Pinocchio finisce bene. Amo il lieto fine.
E per me Pinocchio resta una ferita aperta, non guarita, della mia anima bambina.


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