mercoledì 3 marzo 2021

Pastorale Americana - Philip Roth

 E mi chiedevo come avesse fatto, lui, 
a leggere un libro che mi aveva tolto il sonno,
lasciandomi col pianto in gola.


Scritto nel 1997, credo fu pubblicato in Italia nel 1998, anno in cui Philip Roth vinse il Premio Pulitzer per la narrativa. 
Pastorale Americana è considerato uno dei libri più belli della letteratura americana (che io non amo in modo particolare). E tutti, sommariamente, lo indicano come il libro che narra la distruzione del sogno americano.
Due considerazioni:
la prima: nel 1998 mi diplomavo e avevo 19 anni, com'è possibile che mi sia sfuggito un simile capolavoro? Capisco la mia passione per il mondo classico e per il fantasy, ma non ci si può far sfuggire un'opera simile.
la seconda: ma com'è possibile che non sia inserito tra i libri più importanti che uno deve assolutissimamente leggere nella vita per ritenersi un lettore soddisfatto? (Ho controllato, non c'è! Imperdonabile.)

Detto ciò, mentre leggevo mi chiedevo come avrei fatto a riassumere i sentimenti che mi travolgevano durante la lettura? Non sarebbe stato facile e sono sicura che il risultato sarà lontanissimo dall'obiettivo ma come sempre devo dare sfogo al mio sentire, e lo faccio qui.

Diciamo subito che non è stata una lettura facile. 
458 pagine dense di parole e riflessioni, nel cui mare è stato difficile tenere la rotta.
Ho impiegato quattro giorni per leggerlo e per me è un sacco di tempo!
Ma non riuscivo a rimanere sulle pagine per più di tre ore, perché lo sforzo emotivo richiesto è stato veramente elevato. Ma per chi ha una resistenza maggiore della mia, immagino sia impossibile separarsi da questa lettura.

Nasce come un racconto in prima persona.
Nathan Zuckerman, un non più arzillo sessantatreenne si accinge a raccontarci la storia di Seymour Levov "lo Svedese". Studente più grande, del suo stesso istituto, bello, alto, biondo, capace in tutti gli sport, una sorta di re Mida della vita; incarnazione dell'ideale ragazzone americano.
Esattamente come ci vengono raccontati nei film gli atleti delle scuole o i Marines.
L'intento di Nathan però, sarà quella di restituirci un Seymour reale, privo di quelle maschere che il mondo esterno, la sua famiglia, la sua città, gli avevano attribuito da ragazzo.
Ma si rende conto che...

raggiungere il substrato sarebbe tutt'altro che facile.

-Attenzione SPOILER-

Passa del tempo e Nathan rinuncia al suo progetto, convintosi del fatto che dietro Seymour non ci sia altro, che sia solo un bel guscio vuoto.
La svolta arriva quando apprende che Seymour è morto.
La narrazione cambia radicalmente; apriamo il cancello della mente di Seymour, e oltrepassato il giardino dello Svedese, entriamo nel cuore dei suoi pensieri.
Una volta che hai letto l'Ulisse o Saramago, addentrarsi tra i pensieri di Levov non è poi così complicato. 
Ma il modo in cui Roth crea questi flussi di riflessioni alternandoli a isole di considerazioni quotidiane, è magistrale!

La vita, per lo Svedese, si stava davvero srotolando come un morbido gomitolo di lana.

Fine anticipazione

Quando Nathan incontra lo Svedese pensa di poter andare "oltre la superficie" e capire finalmente il cuore di questo lontano mito della sua giovinezza.
Ho dimenticato di dire che Nathan è uno scrittore, sempre alla ricerca della radice dell'individuo; lo Svedese è invece diventato un ricco e solare (odio questo aggettivo, pertanto lo uso) imprenditore americano.
Lui e la sua famiglia di immigrati ebrei avevano inseguito il sogno americano e incarnano proprio il prototipo di chi quel sogno lo ha realizzato. Questo fino a quando non subentra un episodio molto grave e triste nella vita perfetta, che distruggerà ogni cosa.

Il libro non si conclude. Ed è perfetto così. Perché le nostre coscienze non si quietano mai.
I nostri tormenti sono continui.

Capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male.

Un libro che mi ha fatto pensare a tante cose.
Innanzitutto: cos'è il sogno americano di cui tutti parlano?
Vincere un concorso di reginetta, sposare il tipo sportivo, bello e amato, diventare ricchi, la casa al mare, i viaggi, figli e cene in famiglia?
Perché se così fosse, sorvolando sulla reginetta/tipo sportivo, credo sia il sogno di tutti gli abitanti di ogni continente e isola.
Comune a tutte le famiglie di emigrati e non.
Tutti aspiriamo ad una vita perfetta e meravigliosa.
E spesso accade che chi all'apparenza sembra esserci riuscito, venga invidiato e guardato con astio dagli altri, sempre lì in attesa della caduta.

Allora mi sono chiesta se il senso di questo romanzo non fosse più che altro un voler denunciare non tanto la perfezione, la fugacità, l'ineluttabilità del destino, quanto l'idea che gli altri si facciano del prossimo.
Ho immaginato Roth urlare dalle sue pagine: "Piantatela di creare aspettative, smettetela di creare modelli! L'umanità è imperfetta!".

Ci facciamo un'idea perfetta di una persona e poi aspettiamo.
Sì aspettiamo.
Aspettiamo o che quella cada, perché la perfezione è un mito irraggiungibile, o che quella si dimostri falsa, perché la perfezione è un mito irraggiungibile.
Quanta stupida e inutile perdita di tempo.
Il giorno in cui smetteremo di creare categorie per rinchiuderci le persone, allora potremo dire di avercela fatta: saremo liberi e avremo realmente raggiunto il Sogno!
Sempre alla ricerca di quel che c'è dietro, forse ci perdiamo quello che c'è davanti.

E poi ho pensato ancora, magari anche sotto l'effetto di letture recenti e di una vita (la mia) lasciata allo sbando: per quanti piani uno possa fare, ci sarà sempre qualcosa di incontrollabile che andrà male. Un po' come direbbe Joker: dammi il tuo bel piano ed io te lo ritorcerò contro.
La semplicità non è mai semplice.
Ma nemmeno tormentarsi, sviscerare, sminuzzare ogni singola azione può restituire una soluzione.
Persona, credo, volesse far uscire la rabbia che è in me, quella sana che abbiamo tutti.
Perché la mancanza di rabbia finisce per uccidere. Mentre l'aggressività depura o guarisce.
Invece vivacchia chi è senza amore.
Le passioni ci tengono in vita, ma esasperate ci portano alla morte.
Forse è solo il caso che può decidere per noi. Le Moire filano e noi, impassibili, subiamo ciò che esse decidono.
L'incontro con gli altri può mutare il nostro operato?
Il nostro agire può modificare la trama del nostro vivere?

Siamo soli, profondamente soli, e in serbo per noi, sempre, c'è uno strato di solitudine ancora più profondo. Non c'è nulla che possiamo fare per liberarcene.

Dalla trasgressione, dalla violazione di quella prima e unica regola ("non mangerai dell'albero"), abbiamo ottenuto la conoscenza.
Ma la conoscenza da sola non basta.
Siamo un'elaborata combinazione di cuore e cervello, corpo e anima.
La felicità non ci appartiene, in modo assoluto.
Ma possiamo tentare di sfiorarla, conoscerla e frequentarla nel tempo che ci viene dato.

Un libro bellissimo sulla vita, sulle famiglie.
Sulla continua ricerca di archetipi, di modelli.
Di qualcosa che è fisso, ma in realtà è in continua trasformazione.
Cambiano le mode, le idee e quindi cambiano i modelli.
Ciò che non cambia sono dolore e amore.

Sono sull'orlo di una vera crisi di nervi.
Sento il mio corpo tremare da dentro, non so in che altro modo descriverlo se non come un tremolio interno.
Forse dovrei pensare di prendere qualcosa per stare calma. Appena esco di casa aumentano le palpitazioni del mio cuore. 
Oggi mi sono vista...
Quando ero bambina facevo delle barchette con i gusci di noci.
Ecco...io sono un guscio di noce trasformata in barchetta che sta navigando in un vasto oceano, che è la vita.

p.s. "Ero bambina"? In realtà le ho fatte fino a quando non ho scoperto di essere allergica alle noci e di non poterle mangiare più: aprile 2017.

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