lunedì 20 aprile 2020

Quarantaduesimo giorno - Sonno - Murakami Haruki

"Mi chiesi perché la vita di una persona
dovesse subire un cambiamento tanto radicale.
Dov'era finita quella ragazza che leggeva come un'invasata?"

Dopo Pennac, l'altro autore che riesce a destarmi dal torpore è Murakami. A trenta pagine dalla fine ho lasciato Saramago, ma solo perché non voglio finirlo. Nello stato catatonico-iroso nel quale mi trovo (lo so, solo in me possono convivere due stati emotivi così drammaticamente diversi), mi sono sorpresa, come mi capita spesso per altro, a fissare vuoto, mentre ero intenta in una elaborata conversazione impossibile con protagonisti improbabili. Mentre ero così assorta, tra uno scambio delirante e l'altro, ho notato su una mensola questo che è il mio "primo Murakami". Visto il periodo l'ho ripreso ben volentieri. Sonno è una specie di racconto breve pubblicato nel 2014 quando l'autore era già conosciuto e famoso.
La sottoscritta invece, non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Infatti fino a qualche anno fa, leggevo soltanto:
- fantasy;
- opere di scrittori studiati a scuola;
- testi scientifici.

Ricordo ancora il mio approccio con Murakami. Ero in libreria e avevo voglia di qualcosa di diverso.
Dovevo ricostruire una nuova me. Quanti titoli. Scorro i nomi degli autori e trovo lui. Ricordo che Persona lo aveva citato. Ma non mi sembrava un autore alla mia portata. Così mi innamoro delle illustrazioni di Kat Menschik e me lo porto a casa.
La protagonista, per alcuni versi, ha una storia che sarebbe potuta essere la mia.
Semplice, regolare, quasi precostituita.
Fino al momento in cui decisi di far saltare il banco.
Di svegliarmi da quella situazione di stallo nella quale mi trovavo.
Di abbandonarmi ad un sonno che mi avrebbe protetto dal resto del mondo.
Mi ero svegliata o addormentata? A questo non ho ancora trovato risposta.
E risposta, indipendentemente dalla domanda, non si trova nemmeno nel libro.

"Basta staccare il contatto tra la testa e il corpo.
Il mio corpo si muoveva per conto suo, mentre la mia mente vagava in un'altra dimensione."

Niente di più facile. Vivi una vita che non ti appartiene, ma con la mente sei esattamente dove dovresti -vorresti- essere.
Per alcuni aspetti questa lettura non mi aveva soddisfatto.
Da un lato aveva compreso come mi sentissi, io che indossavo tantissime maschere e avevo perso il sonno, un po' come la protagonista sconosciuta, che nel libro non ha nome.

"Nessuno si accorse del mio cambiamento.
Vivevo senza dormire, leggevo uno dopo l'altro libri su libri, la mia mente si trovava a centinaia d'anni e migliaia di chilometri dalla realtà, ma nessuno vi faceva caso."

"Poco mi importava se diventavo pazza, se per il fatto di non dormire perdevo il fondamento della mia esistenza."

Ma dall'altra parte la mia lettura mi aveva lasciato nello sconforto.
Ricordo il finale senza senso, o più plausibilmente,ricordo di non aver trovato il senso nel finale.
Tuttavia sapevo che un'altra possibilità andava data ad un autore così sui generis che, poi, è diventato uno dei miei preferiti.

"E tutto il tempo incredibile che all'epoca avevo passato a leggere,
che significato aveva?"

La nostra protagonista sta rileggendo Anna Karenina, ma scopre di non ricordare niente dei personaggi, della trama, delle sensazioni vissute.
Ed io ho amato questo pensiero, perché sono tra quelle due o tre persone che non ricorda niente di ciò che ha letto. A meno che non si sia impresso a fuoco nell'anima.
Solo negli anni della scuola ero capace di citare a memoria ogni autore studiato, tanto che nei miei temi sembrava parlassero loro. Con buona pace della Prof che mi ha sempre disprezzato per questa mia capacità. Povera professoressa: costretta ad ammettere la bravura di una alunna che non amava.
Bravura? Magari non ero brava, ma i miei temi piacevano a chi doveva valutarli.

Mentre scrivo mi accorgo di un fatto: sono cambiata.
A volte penso di essere sempre la solita: immatura, scorbutica e infantile.
Invece osservandomi meglio, qualche cambiamento c'è stato e non è solo nel corpo.
Se prima mi limitavo ad accettare ciò che era lontano da me, oggi ho imparato a scegliere ciò che da me è distante. Un cambiamento che mi hanno insegnato proprio i miei amici libri.
Non nascondo la mia delusione per l'assenza del lieto fine, ma ne imparo la lezione. Che solitamente è: "la vita è dolore, non è costellata solo di fatti straordinari, perché mai dovrebbero esserlo le storie?".
Accolgo scrittori onirici, che usano tecniche narrative complesse.
Non mi annoio più davanti a descrizioni minuziose. Rispetto ogni singola parola. Cerco di non saltare nemmeno una riga. Aspetto il finale per dire se mi è piaciuto o meno ciò che ho letto.
Ma la lezione più importante che ho appreso è: la lentezza.
Non divoro più i libri.
Li sorseggio.

Leggere i libri è diventato per me come assaporare un buon rosso:

  1. scelto il libro, lasciare che raggiunga la giusta temperatura prima di aprirlo; 
  2. l'apertura deve avvenire in luogo riservato;
  3. consentire al libro di respirare. Le prime pagine devono essere lette lentamente, evitando sedimenti di parole nell'anima, ma gustandole adagio;
  4. riempire il proprio spirito prima con 1/4 e poi 1/2 lettura; agitare ogni parola e consentire al loro profumo di insinuarsi in ogni piega della nostra anima;
  5. finire la bottiglia...il libro e ubriacarsi di storie meravigliose.

In un primo momento Murakami mi faceva sentire vicina a Persona. 
Leggevo cercando di capire se il libro che avevo scelto lo avesse letto anche lui, e cercando di intuire cosa poteva piacergli e cosa no.
Certi pensieri fanno tanta compagnia.
Poi ho incominciato a leggere da sola. E in quel momento ho capito quanto Murakami mi piacesse.
Ora i suoi libri sono miei amici.

E fu sera e fu mattina...XLII giorno.

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