domenica 19 aprile 2020

Quarantunesimo giorno - Mi manchi.

“L'amore è l'elemento in cui viviamo.
Senza di esso vegetiamo appena.”

Così scrisse Lord Byron.
Ma non la penso come lui.

Un albero, ad esempio, ha in sé bellezza e saggezza. 
La sua presenza è una benedizione. 
Penso agli Ulivi.
Nei loro tronchi contorti e ripiegati si cela il segreto e la magia di una vita millenaria.
Che ha visto il susseguirsi di stagioni, di generazioni di uomini.
Questi alberi hanno sentito uomini parlare lingue diverse.
Sono stati teatro di guerre, di cerimonie religiose.
La loro ombra ha ristorato pensatori e viandanti.
Tra i loro rami si sono riparati uccelli e animali vari.

Allo stato attuale non sono degna nemmeno di dire che sto vegetando.
Mi manca.
Mi sento soffocare.
Perché non ci è dato di stare insieme?
Dimenticherò.
Tutto passa.

Nel frattempo gli occhi bruciano e di questa quarantena non mi importa più niente.
Riapriamo - no, aspettiamo - aspettiamo - no, riapriamo! - 
così all'infinito si alternano esperti competenti e non,  nei programmi televisivi.
La stessa scena si ripete in ogni parte del mondo dove i più poveri muoiono senza neanche un nome sulla loro bara, e i più ricchi si lamentano per le mancate entrate.
Si è persa un'occasione unica!
Invece di creare un senso unitario di umanità, di collettività, si sta cercando un nemico da incolpare.
Dalla ricerca del paziente Zero, si è passati a voler dimostrare che questo virus sia in realtà un ergastolano fuggito da qualche laboratorio, che io mi immagino tipo La Fortezza delle Scienze del grande Mazinga.
Nel mondo muoiono persone, ma sono solo numeri, cifre.
"Non sono io, sei tu la regione più colpita del mondo."
Più o meno è questo che ci urliamo da un capo all'altro del pianeta, in questi giorni di morte.
E poiché indossiamo le mascherine per coprire naso e bocca, non sempre ciò che urliamo è comprensibile.
Comprendersi è superfluo, sopravvalutato.
C'è un grafico da mostrare, un territorio da affossare.
Slogan da coniare, hashtag da lanciare, cartelloni da disegnare. 
Devo armarmi, ho una protesta da sostenere in piazza, e poco importa il distanziamento.
Devo urlare contro un nemico, uno qualsiasi.
Così usiamo il nostro tempo, le nostre risorse, la nostra opportunità di diventare un'unica specie umana.
Però, mi raccomando, con mascherina e guanti. Perché siamo stupidi, ma l'immagine conta.

Quarantuno giorni di quarantena semplicemente per dimostrare che la classe politica mondiale è composta dai peggiori terrestri.


E fu sera e fu mattina...XLI giorno, con Dio che si gira dall'altra parte perché, anche lui, non ci sopporta più.


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