mercoledì 30 dicembre 2020

Lessico Famigliare - Natalia Ginzburg

 Vi annoiate perché non avete vita interiore.



È andata proprio come scrivevo ieri.
Avevo in programma di leggere un libro di Pavese. Ma all'ultimo istante mi sono sentita chiamare dalle prima parole di questo bellissimo romanzo autobiografico, vincitore del Premio Strega del 1963:

Nella mia casa paterna, quand'ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: -Non fate malagrazie!

E Giuseppe Levi mi ha così istantaneamente conquistata. E tutto il libro è meraviglioso e coinvolgente.
Ho amato ogni singolo protagonista.
Incredibile constatare come sia stata una lettura veramente pertinente in questo periodo dell'anno, in cui i rapporti con la mia famiglia non posso definirli "distesi". Mi ha aiutato a capire che in una famiglia è normale che ci siano dissidi. Che i caratteri non sempre combacino. Che non sempre si fa "lega" tra i componenti.
È più realistico pensare che ognuno sia un mondo a sé e che la presenza degli altri componenti possa essere a volte opprimente.
Inoltre mi ha aiutato a conoscere proprio Cesare Pavese, quel Pavese di cui mi apprestavo a leggere La luna e i falò. Appuntamento rinviato ma per giusta causa.

La scintilla di questo romanzo brilla già nel titolo. Attraverso i dialoghi, le frasi tipiche dei suoi familiari, l'autrice ci apre le porte della sua casa e della vita della sua famiglia. Non ci avevo fatto caso. Ma spesso, anch'io ripeto in situazioni particolari, frasi tipiche del lessico di mia Nonna o dei miei genitori. A volte ne anticipo la parte, come se fosse un copione prestabilito. Ma dopo questa lettura ho compreso quanto sia prezioso quel patrimonio fatto di semplici frasi, poche parole. Sono forse la vera eredità che devo imparare a gestire e preservare dall'oblio della mia malsana memoria.

Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assirobabilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo.
Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo [...]

Un libro che non esito a consigliare.
Come la scrittura di Elsa Morante o di Liliana Segre, anche quella di questa straordinaria donna è piena di un'umanità, di un'eleganza che ti coinvolge fino all'ultima pagina.
Che anni bui sono stati quelli delle Guerre Mondiali e del fascismo. Quanta sofferenza, quanta crudeltà. Non si entra mai nel dettaglio ma si comprende, si respira tra le righe, tra il non scritto, la sofferenza l'ansia la crudeltà di quel periodo.

Il fascismo non aveva l'aria di finire presto. Anzi aveva l'aria di non finire mai. Erano stati uccisi, a Bagnole de l'Orne, i fratelli Rosselli. Torino, da anni, era piena di ebrei tedeschi, fuggiti dalla Germania. Anche mio padre ne aveva alcuni, nel suo laboratorio, come assistenti. Erano dei senza patria. Forse, anche noi, saremmo stati dei senza patria, costretti a girare da un paese all'altro, da una questura all'altra, senza più lavoro né radici, né famiglia, né casa.

Immagino che i luoghi in cui si vive ci cambino, ci modellino in qualche modo.

La famiglia Levi si è mossa tanto nella sua vita. Torino, Firenze, Sassari, Palermo.
Suppongo che in ognuno di loro vivessero tante anime: vegetale-minerale-animale.
Anch'io mi sento così frazionata.
Forse è il mare che continuamente erode, modella il mio spirito. Sono come la mia terra: arida in superficie, piena di cavità in profondità. Eppure non nego che mi sarebbe piaciuto nascere in una grande città. O in una città fiorente e attiva da un punto di vista culturale, intellettuale.
Se penso a Torino, vedo la nebbia, poeti e scrittori con sciarpe al collo, caffè pieni di spiriti in continuo fermento.
Questo mi è sempre mancato. Ma forse mi avrebbe annoiato.
Forse è questo che mi sussurrano alcune pagine del lessico famigliare: tutti abbiamo comportamenti ripetitivi e ossessivi. Che siano di tipo elevato o gretto, alla fine cadiamo tutti in contraddizione, nella ripetitività delle nostre parole, idee, azioni. Nessuno è immune alla noia e all'ossessione!
Il mio Mare mi ha insegnato ad accogliere tutti, ma anche ad essere cauta.
Silenziosi e meticolosi sono tutti i bravi uomini di mare.
Calmi e prudenti.
Conoscono e sempre sono pronti a conoscere nuove cose.
Forse il mio Mare è veramente il posto migliore del mondo: sempre uguale e fedele a se stesso, sempre in procinto di mutare per la luce del cielo e di montare per il vento. Un posto, mille posti. Tutto e niente.

Inoltre, questa lettura mi ha fatto innamorare di Pavese, che già da tempo si agitava nel mio animo:

L'amore lo coglieva come un travaglio di febbre.

Era in lui la paura, il vortice dell’imprevisto e dell’inconoscibile,
che sembrava orrendo alla lucidità del suo pensiero;
acque buie, vorticose e venefiche sulle rive spoglie della sua vita.

Ringrazio i fratelli Levi: Mario, Paola, Alberto e Gino mi hanno aiutato a capire di più la mia famiglia. Il mio rapporto con gli altri.
Per alcuni aspetti mi sento la voce che, dopo aver osservato senza essere vista, racconta gli altri. Non voglio dimenticare.
Voglio ricordare ogni atteggiamento della mia famiglia, delle persone che amo.
La parola è creazione.
Ogni parola per descrivere chi si ama, va scelta con cura e dedizione.

Voglio ricordare tutto. Ogni profumo, ogni suono, ogni movimento del viso.
Voglio ricordare tutti.

Con questo libro credo di concludere il mio 2020 di letture.
Domani sarà inevitabile fare una specie di bilancio.
Ma sarà domani... c'è ancora tempo.




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