sabato 19 dicembre 2020

La Danza degli Gnomi - Guido Gozzano

Quando l'alba si levava,
si levava in sulla sera,
quando il passero parlava
c'era, allora, c'era... c'era...

Un opuscolo leggero leggero, con dodici fiabe. Che onestamente mi hanno riportato nella dimensione del sogno e della poesia, dopo l'incursione di ieri nei paesi nordici.
Sarò campanilista ma sono questi i racconti che prediligo. Storie di magie e incantesimi, con gente buona che viene ricompensata e malvagi che vengono puniti per la loro cattiveria.
C'è redenzione, c'è una morale da imparare.
Il fine settimana lo dedico alla poesia e in questo caso, non mi sono discostata di molto dal mio intento. Scrivere su questo blog mi ha riportato un po' ai tempi della scuola, non che li rimpianga (ma proprio per niente!), ma rileggere parole perdute mi fa bene. E in questo periodo meritavo una piccola pausa dal mio stare male.
Nell'oggi del 1883 nasceva a Torino, Guido Gozzano. Persona riservata e dal sorriso timido, era una bella gatta da pelare per i suoi insegnanti, un poeta dall'aspetto dandy una volta cresciuto. Si ammala del male sottile, e morirà giovanissimo, all'età di trentadue anni a causa della tisi.
Da un punto di vista letterario lo troviamo tra i poeti del crepuscolarismo. Il suo stile non è di rottura, ma di rivisitazione dell'enfasi dannunziana. Ammiratore delle Myricae di Pascoli, osserva e descrive il mondo delle cose piccole e serene. Il suo stile si caratterizza per una brillante e acuta ironia che avvolge ogni cosa, compresa la sua visione nostalgica del mondo. La sua malattia è mortale, Guido ne è consapevole. E questo pensiero lo accompagna ogni giorno, ogni momento. La sua scrittura è permeata da questa consapevolezza. Il suo unico rifugio è la letteratura. Non può scrivere alla maniera sublime dannunziana, perché la sua vita è diversa; non può essere vivace, attiva, ma è costantemente minacciata dalla fine ultima. Lo stile quindi si fa colloquiale, semplice, nostalgico; la sua poesia diventa intimistica, delle buone cose di pessimo gusto.
Guido Gozzano poeta del mai una gioia, saresti stato grandioso su Twitter!

Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state.

Se nei versi crepuscolari emerge, dunque, il dolore per la consapevolezza della fine e l’amara ironia nei confronti di una vita che è dolore, nelle favole egli preserva il suo fanciullino (l'ho detto che era un estimatore di Pascoli?), rivelando il profondo entusiasmo che nutre nei confronti della vita stessa. La realtà è deposta momentaneamente in un cassetto; la fantasia, slegata, è lasciata libera di viaggiare.
Il sogno descritto, nasconde il desiderio inconfessabile di una vita felice e giocosa.

E così entrino pure sulla scena gli gnomi danzanti, gli animali riconoscenti, le streghe generose.
La magia che cura e svela gli inganni, nelle giuste mani, può realmente cambiare le vite degli onesti e capovolgerne le sorti.

Solo sull'amore avrei qualcosa da ridire...
Ma è mai possibile che nelle fiabe le signorine siano "soltanto" meravigliosamente belle e remissive? 
Mai una volta che siano loro a dire: "Dai me lo sposo; è intelligente, sensibile, mi fa stare bene, ama solo me e ci facciamo tante risate quando stiamo insieme!".
Come dici? Sono invidiosa?
Mah, probabile che a questo punto della vita si peggiori, ergo...


Nota per chi scrive: rassegnati! Nel tuo futuro ci sono: o la tomba o i gatti. 

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