martedì 1 dicembre 2020

Rosa Parks si ribella alla segregazione sugli autobus

Nel libro Vedo Nero c'è un racconto che parla di Rosa.
Siamo a Montgomery, capitale dell'Alabama, ore sei del pomeriggio.
Una sarta di 42 anni prende posto nell'autobus giallo e verde della Cleveland Avenue, che dovrà riaccompagnarla a casa, come ogni giorno, dopo il lavoro.
Quello che non immagina, e non possono farlo nemmeno gli altri occupanti del mezzo e nemmeno il suo autista, è che questa volta, quell'autobus li condurrà in un viaggio di sola andata, verso la Storia.
Rosa pur minacciata, decide di non cedere il suo posto ad un uomo bianco, decide di non rimanere in piedi perché i posti riservati alle persone afroamericane sono occupati; oggi nel 1955, Rosa, donna, afroamericana, si ribella alle stupide leggi dell'uomo.
Rosa verrà arrestata.
Seguiranno proteste e boicottaggi, ma nel 1956 la Corte Suprema Americana stabilirà l'incostituzionalità delle discriminazioni razziali sugli autobus.
La Storia è stata scritta.
Grazie Rosa, grazie a tutte quelle persone che hanno fame e sete di giustizia.

Questa storia mi riporta alla mente anche le atmosfere de Il buio oltre la siepe.
Si deve aver molto sofferto o molto vissuto, per scrivere bene.



Oggi, tornando al mio 2020 sono completamente fuori da ogni grazia divina.
Buio pesto.
Sono rabbiosa; ripeto ossessivamente le stesse operazioni, non ho voglia di stare con altre persone. Voglio vivere isolata da tutto il mondo, voglio smetterla di rimpinzarmi di cibo spazzatura, voglio smettere di pensare.
Invece mi chiedo sempre le stesse cose: perché provo questa cosa nel petto? Perché i miei occhi bruciano quando sono sola? Perché sono così insulsa? Perché continuo a pensarti? Perché è scoppiata questa pandemia? Perché non riesco a trovare la mia strada? Perché continuo a consumare ossigeno?
Fai bene a sparire.
Non avresti mai dovuto guardare oltre le mie mura difensive.
Avresti dovuto lasciarmi languire e marcire in completa solitudine.
Sono a pezzi.
Sì, sono proprio rotta. Non mi si può riparare.
Avevo sperato in quella tecnica orientale: Kintsugi.
Ma i giapponesi usano l’oro per saldare i pezzi e nel mio caso sarebbe uno spreco di prezioso metallo.
Per me sarebbe più idonea la fine dei relitti: dimenticata sul fondo del mare.

Nessun commento:

Posta un commento