sabato 18 settembre 2021

Lettere - Emily Dickinson

 Sono più vecchia questa sera, Signore,
ma l'amore è sempre lo stesso.


Devo riconoscere che è difficile leggere le lettere di una persona, senza che si abbia la più pallida idea di chi siano i suoi destinatari.
Ma soprattutto senza mai sapere cosa abbia provocato la fuoriuscita di quelle parole, di quelle emozioni.
Sono rimasta in una specie di tempo sospeso mentre leggevo. Ero in camera mia, ma ero anche con Emily.
Non ho avvertito la responsabilità del restituire la voce dell'amato a Milena.
Sentivo di essere nel posto sbagliato.
Come se fossi a sbirciare al di sopra della spalla di Emily mentre lei, seduta allo scrittorio, verga le sue lettere.
Mi sono sentita un po' in colpa.
Un fantasma, come quelli di cui parlava Kafka. Ero lì a nutrirmi della vita di un'altra persona.
La storia di Emily Dickinson è particolare. La sua produzione è postuma. Nessuno conosceva la sua passione. Il suo scrivere sempre, ovunque, di qualsiasi argomento. Ad un certo punto della vita si è ritirata nella sua stanza. Per non uscirne più. Non vedeva nessuno. Il nipote era uno dei pochi ad essere autorizzato ad entrare nella sua "dimora".

Era una donna intelligente, ironica, sensibile. Ma anche maliziosa, forte.
Era sola Emily, disperatamente, volutamente sola.
Forse ha chiuso il mondo fuori, perché il mondo aveva fatto lo stesso con la sua sensibilità.
Io vorrei fare come Emily. Murarmi viva. Senza contatti col mondo.
Le lettere che mi hanno colpito di più sono quelle scritte ad un Destinatario Sconosciuto.
Il suo Persona, immagino.

Caro Bloggy,
non è giusto. Come si può amare così qualcuno che di noi può fare serenamente a meno?
Spero di non sentirlo più, mai più.
Perché così fa troppo male. Sono a pezzi.

Faccio parte della spazzatura mentale.

Voglio morire. Davvero, lo voglio.


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