venerdì 27 agosto 2021

Torino 1950

La cosa più segretamente temuta accade sempre.
Scrivo: o Tu, abbi pietà. E poi?

Basta un po’ di coraggio.

Più il dolore è determinato e preciso, più l’istinto della vita si
dibatte, e cade l’idea del suicidio.

Sembrava facile, a pensarci. Eppure donnette l’hanno fatto.
Ci vuole umiltà, non orgoglio.

Tutto questo fa schifo.
Non parole. Un gesto. Non scriverò più.

Sono le ultime parole scritte da Cesare Pavese, il 18 agosto 1950.
Poi, nella notte tra il 26 e il 27 agosto, questa notte, decise di lasciar perdere. Che non ne valeva più la pena.
La vita è solo sofferenza e incomprensione. Perché continuarla?

«Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».

Ci penso ora, ora che devo andare a dormire perché, per una volta, i miei occhi si chiudono.
Perché Persona mi prende in giro, con i suoi "cheeeepaaaaaalleeeee".
Perché sento che la vita fugge ed io non capisco cosa ci faccio qui.
Era così solo Cesare?
Così disperato?
Era lucido?
Era spaventato?
Ha preso dei barbiturici, era proprio sicuro che non si sarebbe mai più risvegliato?
A me quel "mai più" mi fa paura.
Come tutto ciò che è definitivo, conclusivo, mi mette tristezza.
Stanotte mi addormenterò pensando a Cesare Pavese, a Torino, ad agosto che si conclude, al 1950.

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