sabato 25 gennaio 2020

Oceano Mare - Alessandro Baricco

"Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta.
Si è anche felici, di cose del genere.
Felici.
E potrebbe non finire mai.
Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa, nel cuore del gran marchingegno fantastico, tac, senza nessuna ragione, si rompe d'improvviso e tu rimani lì, senza capire come mai tutta quella favolosa storia non ce l'hai più addosso, ma davanti, come fosse la follia di un altro, e quell'altro sei tu.
Tac.
Alle volte basta un niente.
Anche solo una domanda che affiora.
Basta quello."

Oggi parliamo del significato della parola "patetico".
E lo facciamo scomodando una citazione tratta da un romanzo fuori di testa , tale è Oceano Mare di Baricco (oggi è il suo compleanno: auguri!).
Patetico è constatare che la citazione che tanto ci aveva colpito tre anni prima, torna a colpirci tre anni dopo.
E la cosa grave è che era portatrice di verità sia la prima sia la seconda volta.
La mia storia non mi è davanti.
Ma qualcosa si è rotto. E so cosa. Sono stanca di non essere vista. Stanca di essere invisibile. Stanca di essere un folletto buffo. Fossi Jane Eyre avrei avuto il mio lieto fine da tempo.
Invece non c'è fine e non c'è felicità per me.

Non conosco qualcuno che abbia letto questo romanzo e non ne sia rimasto colpito.
Le citazioni si sprecano. Twitter ne è invaso.
E non a torto.
In questo romanzo si inanellano tre storie, o dovrei dire tre sogni, i cui personaggi sono umani ma sembrano provenire da una dimensione diversa dalla nostra.
Non è un caso se in un primo momento mi sono sentita trasportare tra le pagine di Conrad e se, successivamente, il mare mi ha fatto pensare ad Achab e alla sua Pequod.

Non posso comprendere le analisi di un critico, di un esperto del settore; posso solo parlare per emozioni. E questo romanzo mi è piaciuto perché mi ha emozionato. Perché in alcuni punti mi sono ritrovata.
Leggere è come una caccia al tesoro. Dove il tesoro è la scoperta di sé.

"Ognuno di noi ha bisogno di sogni per vivere."

I miei continuano a naufragare. Ma io sono più tenace, più disperata dell'equipaggio della fregata francese Méduse.
Mi sono piegata anch'io alla disperazione del cannibalismo, ma non dei miei compagni.
Bensì del mio cuore.
Il mio naufragio è solitario.

Sogno anch'io un "Ti stavo aspettando" che non verrà mai.
E se da un lato è frustrante ritrovarsi così, dall'altro lato il dondolio del mare addormenta tutta la mia rabbia e delusione.
Cade solo una silenziosa stanchezza ad anestetizzare tutto, a non far sentire più niente.

"Lui era uno di quelli che quando non ci sono più lo senti.
Come se il mondo intero diventasse, da un giorno all'altro, un po' più pesante."

Imparerò a convivere con questo stato di cose.
Mi costruirò una nuova esistenza in cui la mente sarà sempre impegnata.
Non ci sarà modo e tempo per pensare.

Riconoscersi deve essere meraviglioso.
Sono perduta.

"Ed è qualcosa da cui non puoi scappare.
 Il mare...
Ma soprattutto: il mare chiama...
Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole... 
Puoi anche far finta di niente, ma non serve.
Continuerà a chiamarti...
Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà."


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